mercoledì 23 febbraio 2011

La speranza che non c'è

Il catastrofico terremoto di Christchurch riporta immagini a noi Aquilani tristemente familiari. E le vittime, i dispersi, i feriti, i sopravvissuti, i loro volti, come quelli dei soccorritori, sono i nostri stessi volti. Il dolore è il medesimo. E per noi son trascorsi quasi due anni. Quel dolore non è mitigato dal tempo. E', addirittura, da esso rafforzato. Perché noi, per certo, abbiamo vissuto, e viviamo, un dopo terremoto che è, per alcuni versi, peggiore della catastrofe di quella notte. Due anni son tanti. Due anni sono stati niente per noi e per la nostra città. Perché la gestione del nostro post terremoto ci sta togliendo la speranza. E tutti sappiamo quanto la speranza sia necessaria per ricostruire le vite. La speranza può partire solo da qualche certezza, seppur minima. Ebbene, noi di certezze non ne abbiamo. Se qualcuno mi chiede una previsione di rientro a casa mia, non so proprio cosa rispondere. Dico dieci anni, forse venti. Perché nulla so. Vedo, però, che, a due anni, le macerie sono ancora lì. E non abbiamo individuato un sito di stoccaggio. Non sappiamo neanche esattamente quante tonnellate siano. Vedo che la città ed il suo territorio vanno avanti alla giornata, senza alcun piano o progetto generale. Si va avanti rabberciando di qua e di là, costruendo dell'abominevole provvisorio che tutti sanno sarà definitivo, proponendo ancora, a due anni, tende per giovani ed anziani. Ci muoviamo in mezzo al brutto, fra un centro commerciale e una casa dormitorio. E ci muoviamo male, senza mezzi di trasporto pubblici, in auto, sempre, in mezzo al traffico. Eppure la nostra città è bella, meravigliosa. E' bella anche profondamente ferita. Io piango, di fronte alla sua bellezza. E le ferite, quelle ferite, me la fanno amare ancor di più. Sono stati chiamati esperti, luminari, saggi. Abbiamo strutture che dovrebbero partorire idee. E fatti. Ma abbiamo il nulla. Solo la desolazione dell'immobilismo. E in pochi urliamo che la rivogliamo questa città. Sempre pochi, sempre meno. Ché la speranza, lo dicevo, sta finendo. E il terreno è pronto, e fertile. Per chi vuole speculare.

domenica 13 febbraio 2011

Adesso basta!



Eccola, la scalinata di San Bernardino. Prima e dopo il nostro intervento di stamani.
Lavoro durissimo: erbe infestanti, con profonde radici, dure da estirpare. E poi lavoro di rastrelli e ramazze. Eravamo in tanti, nonostante la giornata che prometteva pioggia.In poco più di due ore, siamo riusciti a pulire quasi la metà della grande scalinata. E le donne erano, come sempre, in prima linea. A dire "se non ora quando!". E che non si può più aspettare.Donne provate dagli eventi, ma con la forza di affermare, nei fatti, che intendono lavorare per la propria città. Donne forti e libere. Donne con dignità. E gli uomini accanto a noi.
Domenica prossima continueremo. E, quindi, via via, individueremo altri luoghi di cui prenderci cura.
Alle 12, abbiamo forzato la zona rossa. E' assurdo che, dopo due anni, la città sia ancora interdetta ai suoi abitanti.

E questo lo spettacolo che si è proposto ai nostri occhi.


A due anni dal terremoto, le condizioni della città peggiorano di giorno in giorno.
E' vergognoso che le amministrazioni tengano la città, la nostra città, in queste condizioni.
E' vergognoso che, con milioni e milioni di euro spesi per la messa in sicurezza dei palazzi, con affidamenti diretti, senza gare di appalto,le vie del centro siano ancora proibite alla popolazione. E presidiate dall'esercito. E' assurdo che io, e come me tantissimi, non possa avvicinarmi a casa mia. E' assurdo che gli Aquilani, e gli Italiani, non possano passeggiare in mezzo alle pietre ed alla storia di una delle città più belle del nostro Paese. E' assurdo che la ricostruzione del centro storico non sia neanche minimamente programmata.
Basta! Davvero, basta!
Le carriole son tornate per urlarlo.
Basta!

giovedì 10 febbraio 2011

Riabbracciamola, riabbracciamoci


E quindi si è ri-cominciato. E' duro, difficile. Penoso a volte. L'Assemblea cittadina non ha più una sede: i cittadini attivi, pur avendo più volte avanzato, e da mesi, la richiesta all'amministrazione, e avendo fatto presìdi e partecipato a snervanti colloqui con sindaco ed assessori, sono ancora raminghi, senza casa. Neanche quella comune. Neanche quel tendone, quello che tutti conoscono, quello con la scritta RIPRENDIAMOCI LA CITTA', che ha campeggiato sulla piazza del Duomo per quasi un anno. Concesso così a lungo da un generoso filantropo, è stato rimosso per ragioni sconosciute. E allora i cittadini attivi hanno dovuto reagire, per non soccombere ai voleri di un'amministrazione che solo a parole si mostra favorevole alla partecipazione, ma che, nella realtà dei fatti, la teme profondamente. E allora accade che una parte di cittadini, giustamente stanca delle troppe promesse disattese, occupi un asilo e vi stabilisca una sede dedicata principalmente ai giovani. E capita che un'altra parte di cittadini attivi, indica l'assemblea in una sala conferenze che è costretta a pagare di tasca propria. Pur avendo il Comune strutture agibili atte all'uopo. Le occupazioni sono sacrosante, soprattutto in un caso come il nostro, ma comportano denunce, conseguenze penali, spese legali. E non tutti sono disposti ad aggiungere ulteriori pene e preoccupazioni alle tante che hanno già sulle spalle. E allora ci si paga una sede.
Rincontrarsi è stato emozionante. Dopo quasi due mesi. E constatare che c'è la voglia di continuare, nonostante tutto, è molto incoraggiante. Quello di ieri è stato un incontro introduttivo, un dirci che ci siamo ancora. E che vogliamo lavorare per crescere, in numero ed in qualità. Tutti sappiamo che ripartire dopo gli errori non è facile, ma sappiamo bene che di quegli errori faremo tesoro. E domenica prossima riabbracceremo la nostra città. Torneremo con le nostre carriole. E le nostre braccia. A lavorare. E cercheremo di ristabilire quello spirito di unità e solidarietà che, proprio un anno fa, portò gli Aquilani a forzare le transenne del centro storico ed a riappropriarsi della loro città e della loro identità. Le transenne sono ancora lì, come un anno fa. E noi siamo davvero stanchi. La città è nostra, urlavamo il 14 febbraio dello scorso anno. La città è nostra, urleremo domenica. Ma stavolta non siamo più disposti ad accettare che ci venga negata. Quelle transenne devono scomparire.

Qui le riprese dell'assemblea di ieri http://www.youtube.com/view_play_list?p=DC5FF703E4302B64