venerdì 30 luglio 2010
Si continua a lavorare
Le mosse di Berlusconi Bertolaso, se ci saranno, non ci troveranno impreparati.
giovedì 29 luglio 2010
Non passeranno
Ma poi, il coup de theatre: il presidente del consiglio ieri annuncia che tornerà a salvarci, con la protezione civile. E butta lì cifre bugiarde e truccate come lui. Parla di 13 miliardi di euro disponibili subito. Quando nessuna legge e nessun decreto li ha mai stanziati. Ma gli ingenui creduloni grideranno al miracolo. Anche qui in città, ne sono certa. Mentre la banda distruggerà il futuro dei loro figli. Gettando le basi per la più grande speculazione immobiliare della storia d'Italia. E Bertolaso, l'indagato Bertolaso, aveva aperto la strada qualche giorno fa:"quando c’è un ostacolo che non si sa come risolvere, ci si inventa delle regole, che dovrebbero risolvere, ma purtroppo non è così". Regole, cioè, leggi. Che non piacciono all'amico di Anemone. E' abituato a non usarle.Parla di interventi concreti fatti dalle persone. Il resto non conta. Le leggi dello stato italiano sono per lui e la sua cricca solo un intralcio.
Ma ora qualcosa è cambiata: i cittadini responsabili sono cresciuti e si sono uniti. E si sono organizzati.
Ci opporremo con tutte le nostre forze. E L'Italia per bene deve stare con noi. Anche se è estate. Anche se si va in vacanza.
Ci opporremo con tutti i mezzi. Primo quello della legalità. E contro le menzogne di un uomo, e della sua banda, che qui NON PASSERANNO. La lotta sarà ancora più dura e difficile, ché i mezzi di persuasione occulta, atti a mistificare la realtà, ed a trarre beneficio in termini di consensi e di clientela, sono macchine da guerra. E i metodi forti, quelli che usano cordoni di polizia e manganelli,li conosciamo fin troppo bene. Ma noi siamo pronti a tutto. Rivolta, se necessario.E barricate.
mercoledì 28 luglio 2010
Il PD, questo sconosciuto
Chi segue da tempo il mio blog sa che ho monitorato il terremoto aquilano già dalle scosse precedenti al 6 aprile e che ho raccontato e racconto di quello che è accaduto dopo. Ho scritto delle nostre condizioni, della condizione della mia città, dei miei stati d'animo, di quelli delle persone a me vicine. E l'incontrarsi, l'organizzarsi dei cittadini attivi. Iniziammo da subito a creare un movimento di persone che non volevano stare a guardare. E ne abbiamo fatta di strada, da allora. Tra alti e bassi, momenti di esaltazione, e di sconforto. Abbiamo vissuto la frustrazione di sentirci soli di fronte a chi ci stritolava. Soli e pochi a lottare contro un mostro tanto più grande di noi. Ora vi invito a leggere questo mio post del 30 maggio 2009, soffermandovi sulle ultime quattro righe.martedì 27 luglio 2010
La passerella
La passerella era la seguente: Vittorio Lampugnani ,architetto urbanista che ha partecipato al processo di ricostruzione di Berlino, Cesare Trevisani ,vicepresidente per le infrastrutture, logistica e mobilità di Confindustria, Paolo Leon ,economista, professore ordinario presso la facoltà di Economia dell'Università di Roma tre e Aldo Bonomi ,sociologo, dirigente dell'Istituto di ricerca Aaster (associazione agenti sviluppo territorio di Milano). La location era il Ridotto del teatro Comunale dell'Aquila. Gran cerimoniere Gianni Chiodi, commissario delegato alla ricostruzione e Presidente della Regione Abruzzo. Comprimario: il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente. Figurante: Gaetano Fontana, capo della struttura tecnica di missione. Buttafuori: Giorgio De Matteis, vice presidente della Regione.I partecipanti erano a numero chiuso. Il criterio per individuali: arcano.L'argomento: "L'Aquila 2020, e poi?". I cittadini: un optional. Questo il convegno tenutosi ieri pomeriggio e pubblicizzato come l'inizio dei lavori per costruire L'Aquila del futuro. La realtà è ben'altra: nessuno degli intervenuti ha idea di cosa sarà della nostra città. I grandi saggi erano qui, ieri, per la prima volta nella loro vita. Erano ancora sconvolti dalla visita fra le macerie del centro storico e dicevano cose di buon senso. Quelle stesse cose che noi cittadini responsabili diciamo dal 7 aprile. Ma la regia dell'evento non aveva previsto, mettendo le camionette della polizia all'ingresso, che i veri protagonisti della pomeridiana sarebbero stati i cittadini attivi. I convenuti hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco: ammettere pubblicamente che la partecipazione della cittadinanza è fondamentale nel processo di ricostruzione sociale ed urbana. Parole, per ora. Solo parole. Ma il viso contratto del buttafuori De Matteis tradiva nervosismo, mentre anch'egli era costretto ad asserire l'importanza della partecipazione. Salvo poi affermare, in separata sede, davanti ai giornalisti, che si vedrà chi applicherà la politica del fare e chi, invece, sa solo contestare. Eppure il cane da guardia è stato messo al corrente dei lavori dei cittadini attivi. Il Presidente Chiodi ha affilato un paio di gaffe da avanspettacolo. Una all'inizio ed una alla fine della farsa. La prima è stata quella di asserire, a meno di una settimana dall'aver asserito l'esatto contrario, che i soldi per il nostro terremoto ci sono. E sonanti. "Direttamente dal governo, sul mio conto personale". All'esplosione della sala si è corretto :"conto personale di commissario delegato". Ha riso, abbiamo riso. E poi l'ultima, a chiudere: "siete invitati al coffee break offerto dalla ditta tal dei tali" E questa sì che è una gaffe sostanziale: il coffee break prevede una ripresa dei lavori. Come, immagino, fosse stato programmato. Invece i lavori sono stati chiusi quando non si sono potute arginare le domande dei cittadini. E' stato un "the end coffee". Molto gustoso, per altro. Di sicuro non era previsto per i semplici cittadini. Ma per "personalità", non meglio identificate, come lo stesso Chiodi aveva annunciato all'inizio, e suorine biancovestite accorse numerose. Ci si vede alla prossima puntata. Si spera con delle idee da parte degli stimatissimi luminari. Noi le nostre già le abbiamo. Pronte per il confronto.giovedì 22 luglio 2010
Cassandra
Brutto ruolo quello di Cassandra. E scomodo. Sei inviso ai più. E osteggiato. E deriso. E isolato. Eppure parli di cose facilmente prevedibili. Guardi i fatti, li analizzi, e trai le tue conclusioni.martedì 20 luglio 2010
Odor di dimissioni
Il sindaco Cialente minaccia da tempo di dimettersi. Minaccia noi cittadini. Minaccia il consiglio comunale. Paventò di abbandonare il timone della città terremotata anche a me personalmente. Era gennaio scorso, ed ero andata in Comune per intervistarlo. E' tornato a farlo ieri. E scommetto che stavolta è la volta buona. Nell'ultimo consiglio comunale i consiglieri di centro destra hanno abbandonato l'aula al momento della votazione. Si dibatteva sull'individuazione dei dieci punti strategici per la ricostruzione del centro storico del capoluogo e delle frazioni. Punto nodale e decisamente in ritardo, a quindici mesi dal sisma.La minoranza ora chiede le dimissioni. La maggioranza lascia sempre più solo il primo cittadino. Con continue defezioni. I giochi sembrano essere fatti. Presto alle elezioni. Ma in città l'aria di campagna elettorale spira già da qualche tempo. Esattamente da quando la sinistra ha perso le elezioni provinciali. In aprile.Tutti sappiamo, non vi dico nulla di nuovo, che, improvvisamente, in campagna elettorale si iniziano a prendere in considerazione le richieste ed i bisogni dei cittadini. A farsene paladini. Anche se sono stati ignorati e calpestati, quando si era nelle stanze del potere.Cialente non dice ancora la parola definitiva. Conferma che sta valutando le dimissioni :"farò la cosa più giusta per la città ,come ho sempre cercato di fare sia prima del terremoto, sia subito dopo aver messo in salvo la mia famiglia. Dalle 4 del 6 aprile 2009". Posso sbagliare, ma a me queste parole sembrano il preludio alla dipartita. Politica, ovvio. E allora capirete bene che un'assemblea cittadina permanente, nella quale, dopo inenarrabili sacrifici di noi volontari, si è riusciti ad aggregare parecchie anime, sotto l' obiettivo comune della ricostruzione partecipata,diventa molto appetibile. In termini di consensi elettorali. C'est la vie, direbbe il saggio. C'è la vie, voglio dire io. E potrebbe anche essere un bene per la città. Candidati che si assumono responsabilità di rappresentanza vera in un luogo di democrazia partecipata. Se l'assemblea cittadina dovesse, in virtù delle probabili elezioni, divenire finalmente il luogo di confronto dei cittadini con i propri rappresentanti attuali e gli eventuali futuri, di tutti gli orientamenti politici, ed esprimere anche un nuovo soggetto politico, significherebbe che il lavoro che abbiamo fatto fin'ora non è stato vano. Se dovessimo, invece, diventare lo strumento ed il viatico di un unico partito, allora significherebbe che la pluralità di vedute e l'inclusività della popolazione che abbiamo fortemente auspicato da più di un anno, amici miei, è andata a farsi benedire.
giovedì 15 luglio 2010
Di ricostruzione
"Ricostruzione: strategie per il futuro", questo il titolo del convegno che si terrà a L'Aquila il giorno 26 luglio e che è stato presentato, stamani, in conferenza stampa dal Commissario delegato alla ricostruzione,Chiodi, dal vice commissario Cialente e dal capo della struttura tecnica di missione Fontana. Bello il titolo. Di quelli che infondono speranza. E sentir parlare di ricostruzione, per noi che da quindici mesi brancoliamo nel buio dell'incertezza, è confortante. Chi decide in merito ha scelto un pool di sei luminari. Tutti fuori dal territorio. Poiché, apprendo dal commissario Chiodi, è sbagliato essere autoreferenziali e bisogna aprirsi alle eccellenze nazionali. Poco importa che si sia Aquilani e si conosca il territorio meglio di chi arriva da fuori. Meglio affidarsi ad urbanisti, sociologi, architetti ed economisti che poco o nulla ancora sanno della nostra terra. E di noi. E delle nostre esigenze. Il convegno, ho appreso, sarà aperto al dibattito. Noi ci auguriamo sia vero. E che ci sia spazio anche per i cittadini. Saremo in prima linea per portare le nostre idee e bisogni. E per cercare di capire cosa ci aspetta. Se, cioè, questa struttra di missione che dovrà elaborare le linee guida del nostro futuro vorrà tener presenti i cittadini proprietari. Coloro che da quindici mesi, e per moltissimi anni ancora, non hanno e non avranno la loro casa. Dopo le belle parole delle quali i rappresentati delle istituzioni sanno sempre fregiarsi, parole che restano spesso sospese nel vuoto, lasciando tanti interrogativi, si è dato spazio alle domande dei giornalisti. In verità solo due. Ed entrambe non parlavano di partecipazione, bensì chiedevano a chi si pensa debba decidere dall'alto, qualche lume sulle modalità della ricostruzione. La nostra Anna Lucia Bonanni, con un colpo di mano mal digerito dalle istituzioni, ha chiesto di non perdere di vista i problemi reali delle persone che vivono ancora in piena emergenza. Ha chiesto risposte concrete ed immediate. "Agiremo di pari passo in entrambi i sensi" è stata la replica unanime di Cialente e Chiodi. Ho, quindi, alzato la mano perchè avrei voluto porre un quesito da cittadina proprietaria. Avrei voluto chiedere in quale misura i proprietari potranno decidere delle loro abitazioni che giacciono nell'abbandono totale da quel 6 aprile. Se potranno fare progetti da sottoporre all'unità di missione, se potranno scegliere ditte e tecnici. Se potranno unirsi in progetti comuni e concordati. Se vedranno i loro diritti garantiti. Se il principio di sussidiarietà, sancito dall'articolo 118 della costituzione italiana, sarà rispettato. E quella era senz'altro la sede migliore nella quale avanzare i miei dubbi.Ma l'opaco moderatore della conferenza, un "giornalista" della Regione Abruzzo, Carlo Gizzi, ha ritenuto perentoriamente che non fosse il caso che i rappresentanti dei cittadini, riconosciuti e salutati dalle stesse istituzioni, avessero diritto di parola. E di replica. Mi ha fatto pena il povero Gizzi: un Aquilano che nega la parola ai suoi stessi concittadini. Un Aquilano che esercita il misero potere di zittire chi potrebbe parlare di dubbi ed istanze che potrebbero essere anche i suoi. Bene così. Siamo pronti per il 26 luglio.
lunedì 12 luglio 2010
Senza paura
A Roma, a portare la loro solidarietà alla nostra causa,c'erano anche i ragazzi dei centri sociali. Sì, lo sapevamo e li abbiamo voluti. Così come abbiamo voluto tutti coloro che non ci hanno abbandonato nell'oblio. Movimenti, associazioni, collettivi provenienti da tutta l'Italia ci hanno assicurato una loro rappresentanza. Ma i dirigenti della Digos romana ravvedono nei rappresentati dei centri sociali dei pericolosi sovversivi. E degli infiltrati. Come se essere un cittadino che si riconosce in un centro sociale equivalga ad essere un delinquente. Sono forse i centri sociali fuori legge? Copio da wikipedia: "il centro sociale autogestito è uno spazio di aggregazione e di proposta di attività culturali e politiche, che viene gestito in maniera comunitaria e collettiva, permettendo a chi partecipa alle iniziative di esserne al tempo stesso promotore ed organizzatore".
Questo accade nell'Italia di oggi. Nell'Italia della cricca, nell'Italia dove un condannato per associazione mafiosa siede in senato. Dove un gran numero di inquisiti siede in parlamento.Nell'Italia dove l'inquisito per antonomasia è presidente del consiglio. Nell'Italia dove i vertici di polizia vengono condannati per aver compiuto una carneficina su giovani innocenti, a Genova, ma restano, tutti, al loro posto. Legittimati dal ministro leghista Maroni.
L'assemblea dei cittadini di piazza Duomo, a L'Aquila, è l'unica organizzatrice della manifestazione romana. E ne è l'unica responsabile. Gli scontri sono stati voluti e favoriti dai vertici della polizia. Per reprimere una protesta più che legittima. Per impedire a migliaia di Aquilani di portare le proprie istanze nei palazzi del potere. E per spostare deliberatamente l'attenzione dal vero ed unico problema. Quello, cioè, che gli Aquilani nulla hanno ottenuto delle richieste che continuano a rivendicare a gran voce. E che il miracolo tanto sbandierato non esiste. Non è mai esistito. E che L'Aquila sta morendo. Mercoledì, a Palazzo Madama, gli Aquilani terranno una conferenza stampa nella quale mostreranno ai giornalisti le immagini a loro disposizione, dalle quali si evince la realtà dei fatti. Si vedrà chi ha iniziato a picchiare e chi ha subìto. E chi ha subìto sono gli Aquilani. Tutti terremotati. Eravamo noi in prima linea ad urlare, con le mani alzate. E siamo stati noi ad essere intimoriti e picchiati. Se le denunce vogliono essere un'intimidazione, ebbene, si sappia che non ci faremo scalfire. La lotta per i nostri diritti continua. Senza paura. Lancio da questo blog l'idea di una nuova sortita romana, stavolta con tutti gli Italiani che ci sostengono e ci vorranno seguire. Abbiamo affrontato un terremoto, abbiamo affrontato tutte le conseguenze, fino ad oggi. Non possiamo più avere paura.
domenica 11 luglio 2010
La verità che fa paura
I movimenti sono come le maree. Alti e bassi. La sortita romana ci ha compattati. E le manganellate hanno risvegliato l'orgoglio dei montanari. Tante persone nuove si stanno avvicinando all'assemblea di piazza Duomo. Il consenso è tangibile.L'amministrazione comunale sembra esserci vicina. Non conosciamo gli intenti che la animano, ma, per ora, parla come noi. Aspettiamo i fatti che non sono ancora arrivati. Nulla abbiamo ottenuto, se non visibilità. Che non si vada cianciando di proroga del pagamento delle tasse, ché non è vero. Dal primo luglio gli Aquilani pagano più tasse, rispetto agli Italiani tutti.E tanto meno di risposte alle nostre istanze. Nulla è cambiato. Il governo sostiene che il danaro c'è. Il presidente della regione Chiodi si uniforma ai dictat berlusconiani: che si dica che tutto va bene. Come per la crisi economica, presto, dopo aver sostenuto che i problemi a L'Aquila non ci sono, si dirà che sono stati superati. Bypassando dolore e disperazione. E povertà.Ma noi ci sentiamo più forti. E sappiamo che la cittadinanza si sta svegliando. L'immobilismo di quindici mesi sta smuovendo anche gli animi più resistenti. E allora le proposte sono tante. E la mobilitazione continua. La rabbia e l'indignazione servono. Per non soccombere. Sappiamo che la strada è in salita. Sappiamo di essere invisi alla maggior parte degli Italiani creduloni, a coloro che non si pongono domande e preferiscono credere che tutto va bene. Sappiamo di essere tacciati quali menagrami irriconoscenti. Ma la verità è dalla nostra parte. Basta venire qui per capire.E la verità fa paura. Non ci facciamo intimorire. Continuiamo a lavorare indefessamente. Una lettera al ministro Maroni chiede chiarezza sui (mis)fatti romani. E le dimissioni di Manganelli. Allo stesso proposito è prevista un'interrogazione parlamentare dell'on. Lolli. Si sta organizzando un faccia a faccia nel tendone con Chiodi e Cialente. Commissario e vice-commissario alla ricostruzione. L'uno dice che i soldi ci sono, l'altro asserisce che siamo alla corda. E noi, i cittadini, vogliamo capire. Vogliamo soprattutto capire con chi sta il presidente commissario. Con la propaganda di stato che la sua appartenenza politica sembra imporgli, o con i diritti dei terremotati. E' in preparazione una piattaforma di richieste da inoltrare alle istituzioni locali. E la bozza del regolamento di partecipazione è stata stilata dai tecnici dell'assemblea dei cittadini. In attesa di essere discussa ed approvata dal consiglio comunale in tempi brevissimi.Pretendiamo chiarezza ed inclusività.Sappiamo che i tempi della ricostruzione saranno lunghissimi, ma vogliamo vedere l'inizio della risalita. Per poter decidere di restare, con dignità, sulla nostra terra. E per poter partecipare attivamente alla costruzione del nostro futuro. L'Aquila non può e non deve morire. Con buona pace dell'onorevole Stracquadanio, PdL ça va sans dire, che ha sentenziato " L'Aquila stava morendo indipendentemente dal terremoto, e il terremoto ne ha certificato la morte civile".
Guardate il video, è bello e dice la verità. Come chiamate uno Stato che oppone le forze dell'ordine alle istituzioni?
giovedì 8 luglio 2010
Sangue ed orgoglio
Eravamo in tanti, a Roma. Ieri, 7 luglio. Tutti sfollati, più di cinquemila. Sveglia all'alba, nelle nostre case di fortuna. E 15 euro il biglietto dell'autobus. E tante automobili private. E il caldo. Il Comune di Roma ci fa scortare lungo l'autostrada, fino a piazza Venezia. E lì ci consegna nelle mani delle forze dell'ordine. Armate fino ai denti e caricate ad arte, di fronte a gente stremata che non immagina neanche lontanamente cosa sia un posto di blocco nel quale i poliziotti hanno ricevuto l'ordine di caricare. Senza guardare in faccia nessuno: donne, bambini, anziani. E gli Aquilani cercano di parlare civilmente. Di contrattare l'ingresso verso palazzo Madama. E invitano i giovani, i nostri giovani, a far cordone per improvvisare una sorta di servizio d'ordine, per scongiurare eventuali tafferugli. Vogliamo arrivare alla Camera e poi al Senato, dove si discute, in finanziaria, della nostra sorte. Chiediamo di ricevere lo stesso trattamento che hanno ricevuto tutti gli altri terremotati. Un governo iniquo ci impone di tornare a pagare tasse e balzelli. Come se nulla ci fosse accaduto. E non mette soldi sulla nostra disgrazia. Per ricostruire case. E vite. Nasconde la verità di una città morta. E, come ha sempre fatto dall'inizio della nostra tragedia, soffoca la ribellione con la violenza. Occulta o manifesta. La prima della protezione civile, sulla nostra stessa terra, ora quella di stato, armata di manganelli. Scaltri, imbottigliano i manifestanti nel primo tratto di via del Corso. Li tolgono dalla visibilità di piazza Venezia. E li picchiano una prima volta. Manganellate e sangue. Ma gli Aquilani non si fanno intimorire. Vedo in prima linea professionisti insospettabili che urlano VERGOGNA alle forze dell'ordine che picchiano. E donne coraggiose. E gli amici dei paesi. E i nostri ragazzi. Accanto ai genitori. Alle mamme. Tutti ad urlare. Ed a sventolare le nostre bandiere nero verdi. Nero, il lutto. Verde, la speranza della rinascita. Davanti a palazzo Grazioli, quando ripieghiamo verso Largo Argentina, altri scontri. Li guardo in faccia quei ragazzi sottopagati per picchiare i disperati. E vedo il mio ex vicino di casa. Mi affacciavo dal terrazzo, quando entrambi avevamo una città, e lo osservavo lavorare nel suo giardino. A volte si fermava a bere una birra, all'ombra di un albero. Lo vedo, ora, preso per un braccio e strattonato da un poliziotto che brandisce il manganello. Lo sta per picchiare. Ma lui urla. E alza le mani. Tutti alziamo le mani. Arrestateci tutti. Siamo noi i delinquenti dei centri sociali.

