Sono ormai due settimane che L'Aquila trema, investita da scosse di terremoto. Non sono intense, oscillano fra magnitudo 2.0 e 2.5, ma si susseguono nell'arco della giornata e, soprattutto, della nottata. Molte precedute da un sinistro boato. Son brevi, finiscono quando l'urlo sta per uscire dalla bocca e lo rigettano in gola. Il cuore batte, il viso si sbianca, in poche parole: non ne posso più. Il mio sistema nervoso ne sta risentendo visibilmente. E non ho un granché da distrarmi, vista la situazione che imperversa a livello nazionale. Il desiderio di desertificazione alla sua sinistra, imposto da Veltroni per cercare di salvarsi il deretano, ha fatto trovare maggioranza ed opposizione in perfetto accordo sull'innalzamento al 4% della soglia di sbarramento per poter accedere al parlamento Europeo. Chiaro esempio di interessi privati trasformati in progetti politici. Intanto io, terremotata, sono anche orfana della sinistra. E mi irrita alquanto dover vedere in Di Pietro l'unico che ancora, per puro egocentrismo e narcisismo, faccia un minimo di opposizione. Seppur populista e sguaiata. E poi la vicenda di Cesare Battisti che dimostra chiaramente quanto l'Italia non sia riuscita ancora a saldare i conti con il suo passato e che non riesce ad ammettere che il terrorismo fu una degenerazione dello stato democratico e che, per sconfiggerlo, seppur necessariamente, si decise di mettere da parte il diritto. E basta un Cesare Battisti qualunque per far sanguinare di nuovo una piaga mai suturata.Intanto le primule si sono affacciate sul mio terrazzo e stanno lì a dirmi che tutto torna e che la mia vita è un divenire perpetuo.















