A pochi giorni da quel disastroso 6 aprile, dopo aver collocato mia madre e mia sorella in una casa, io, qui sul campo della tragedia, ripetevo in continuazione, come un tormentone che non riuscivo a tenere a freno, guardando mio marito e l'amico Fabio, con il quale abbiamo vissuto il primo mese di disperazione, " occorre fare il punto della situazione". Lo dicevo con la testa fra le mani,e, alzandola, incrociavo il loro disorientamento. E toccavo il mio. Non so bene cosa volessi significare con quella frase. Credo il desiderio di trovare un punto di partenza. Al quale attaccarci.
Oggi, a centodue giorni da quella notte, so da dove partire. E dove arrivare, per la mia ricostruzione personale. Di questo avrò tempo di parlare,ma, prima di lasciare brevemente la mia città, voglio fare il punto della situazione della ricostruzione e della vita sociale di noi cittadini. Cosa abbiamo avuto? L'aiuto, non elargito, come sottilmente è stato imposto di credere ai cittadini, da mani pietose che ci hanno fatto beneficienza, ma da un governo che ce lo doveva, essendo noi contribuenti e cittadini italiani. Un aiuto, dicevo, a scrollarci di dosso la polvere delle macerie e ad avere un riparo sulla testa e del cibo. Aiuto, devo riconoscere, immediato. Ma dovuto. Chi ha provveduto a se stesso, non sottomettendosi al pietoso padrone, è stato, ed è ancora, ignorato. Invisibile. Ancor più invisibile tra gli invisibili. Inesistente direi. Poiché fonte di mancato guadagno. Cosa, invece, ci è stato imposto? La lista è lunga, armatevi di pazienza, se vorrete seguirmi.
1.Ci è stato imposto lo scellerato piano C.A.S.E. che si è presentato, sin da subito, come progetto atto a far degenerare il piano di ricostruzione della nostra città, e che non risolverà entro l'estate il problema di alloggio dei quasi cinquantamila sfollati.
2.Ci è stata imposta la collocazione del suddetto piano che contribuirà a favorire la disgregazione
della popolazione, pretendendo di mettere un tetto sulla testa solo a qualcuno di noi, senza prevedere spazi di rinascita sociale e lavorativa.
3.Ci è stata negata l'informazione sul piano C.A.S.E. Abbiamo scoperto solo dai giornali, unica fonte discutibile di informazione, il progetto calato dall'alto che mostra orribili case anonime, con la giunta edulcorante di mamme, e bimbi, e cani a passeggio fra prati in fiore. Di contro, davanti ai nostri occhi, stanno sorgendo mostri di cemento che deturpano la bellezza unica del nostro paesaggio, che era di alberi e di orti, e di foraggio ed erba medica. E grano. Ci hanno impedito di dire che tutti avremmo preferito strutture prefabbricate, di basso impatto paesaggistico,e, soprattutto, rimovibili. E molto più economiche.Tutti noi vogliamo tornare nelle nostre case. Nessuno vuole la new town diffusa. E permanente.
4.Le nostre abitazioni non sono state messe in sicurezza, se non pochissime e quelle dei soliti noti. Stanno crollando davanti ai nostri occhi. E l'esito delle verifiche di stabilità non è stato ancora reso noto per le case nella zona rossa, dentro le mura del centro storico. Nessuna stima dei danni è stata effettuata. Si sarebbe dovuta conferire, nella ricostruzione, la priorità assoluta al nostro patrimonio artistico ed architettonico.
5. E' stata fornita, al mondo intero, di noi e della nostra situazione, un'immagine falsata di città e popolazione che sta rinascendo. Di centro storico riaperto, fra concerti e star televisive. Di ospedale, ed uffici e tribunale funzionanti. Basterebbe venire qui per rendersi conto di quanto ciò sia lontanissimo dalla realtà. Ci hanno, quindi, imposto la controinformazione come unica, difficilissima, insidiosa arma. Che pochissimi sanno e possono usare.
6. Ci lesinano le ordinanze per la ricostruzione, centellinandocele con gusto quasi sadico. Le uniche rese note sin ora sono quelle per le case agibili, o da rendere tali con lavori di piccola entità. Ce le vediamo piovere addosso, e sono talmente macchinose che non riusciamo a capire come muoverci. Cosa fare. Da dove iniziare. A chi rivolgerci per chiedere delucidazioni. I lapidari siti internet del Comune e della Protezione Civile recano informazioni di difficile interpretazione, anche per tecnici e professionisti esperti. Nessun referente ufficiale che illustri il percorso amministrativo da intraprendere.
7.Ci è negato di conoscere il futuro scolastico dei nostri figli. Di fatto non sappiamo dove e come torneranno a scuola. E' impossibile qualsiasi tipo di programmazione. Si stanno così favorendo le iscrizioni nelle scuole di altre città.
8.E' stato permesso ad improbabili commercianti forestieri di collocare in ogni dove attività di ogni tipo, impedendo a noi di riattivare le attività commerciali per mancanza di reperimento di luoghi deputati.
9. Si è concessa la possibilità ai proprietari di seconde e terze case agibili, o di terreni agricoli o edificabili, o di locali commerciali di speculare sul disastro. I suddetti sono stati legittimati a chiedere per le loro proprietà importi inaffrontabili. Impossibili per chi ha perso il lavoro e non dispone di fonte alcuna di guadagno.
10.Nessun piano è stato approntato per la ripresa delle attività produttive. Una città non è fatta solo di tetti sulla testa, è fatta, principalmente, di lavoro. Lavoro, casa, piazza, intesa come luogo dove vivere la socialità. Questa dovrebbe essere la scaletta delle priorità. Invece ci hanno negato il diritto al pagamento ritardato delle tasse negli stessi tempi e modi avvenuti per i precedenti sismi, imponendolo sin dal gennaio prossimo venturo. Come se, per incanto, potessimo per allora aver ammortizzato il mancato guadagno e dato inizio all'attività produttiva.
11. Ci hanno imposto la disgregazione totale, nessun luogo comune dove poterci confrontare e prendere decisioni collettive. Subiamo l'ordine militare atto al comando della protezione civile che non risponde a nessun criterio di rispetto della libertà individuale.
Tutto ciò non è ascrivibile esclusivamente al Governo centrale, ma anche all'inettitudine delle istituzioni locali, assolutamente inadeguate a fronteggiare una situazione tanto grave. La Regione Abruzzo è assente, asservita al grande padrone. La Provincia ed il Comune, al di là delle belle e condivisibili parole, si perdono in piccole rivalità interne e giochi di potere. Preoccupati più di mietere improbabili successi elettorali, che del bene comune. L'unica speranza, seppur remota, rimaniamo noi cittadini. Se, armati di pazienza, sapremo lottare coesi. La partecipazione è l'unica arma che abbiamo nelle nostre mani. A settembre si vedrà se saremo in grado di metterla a buon frutto. Voglio essere speranzosa.