Vi ho sempre detto dell'Aquila paradigma dell'Italia, ebbene, anche la conclusione alla quale sta giungendo questo scritto lo è.
"Perché anche un blog può aiutare a rinascere, dalle macerie", questo scrivevo, ormai ventuno mesi fa. E pensavo alle macerie fisiche. Ed a quelle morali. Ma quel movimento di ribellione, e di rinascita, che vado raccontando dal 6 aprile 2009, prima sola, poi con qualche compagno di strada, poi con tanti, è fallito. Fallito non perché morto, ma perché ha mancato il suo obiettivo. Quale? L'unico: quello di cittadini senza città che, insieme, risalgono la china. E ricostruiscono, se non le proprie case e la loro città, ché viene loro impedito, il tessuto sociale ed i rapporti umani. Il compito era quello di risvegliare le coscienze e, quindi, di unirsi. Anche solo per sperare e per farsi forza. Di trovare una strada tutti insieme, ché le macerie ed il dolore non hanno colore. Il collante c'è, il fattore comune, indispensabile in questi casi: c'è la tragedia. Ora non vi dico nulla di nuovo nell'affermare che quelli che io chiamo cittadini responsabili, o attivi, quelli, cioè, che non sono rimasti inermi e muti ad aspettare che le cose accadessero, siano per la stragrande maggioranza di "sinistra". E' innegabile che il popolo della sinistra sia più pronto a scendere in piazza, abbia più senso civico, sia più disposto a mettersi in gioco, a mostrare il dissenso. A darsi da fare per la collettività. Ma cosa avrebbe dovuto fare questo popolo? Certo non trasformare la nostra tragedia in una partita di pallone, con le opposte tifoserie. Certo non avrebbe dovuto connotarsi così fortemente, ottusamente direi, come l'unico depositario del giusto e del vero. Avrebbe dovuto aprirsi ai cittadini. Mi piace dire che avrebbe dovuto abbracciarli. Tutti. Invece, pur portando avanti tesi e percorsi utili e condivisibili, ha vestito, di volta in volta, i panni del rivoluzionario, del contestatore, del propositivo, persino dell'istituzione, mai sapendo parlare alla città. Mai smussando gli spigoli, mai aprendosi all'ascolto. Arroccato sulle proprie idee, connotato ed identificabile al massimo, lontano dai bisogni reali dei cittadini. Sempre più isolato, diviso, inutile. E cos'è, questo, se non il paradigma della sinistra italiana? Realtà senza speranza. Realtà che toglie la speranza. E allora anche qui si arriva al paradosso di lottare contro tutti, persino contro chi fa la tua stessa strada. E parla la tua stessa lingua. Si arriva al paradosso di ostacolare, anziché favorire, la partecipazione. Ché la partecipazione non può che essere spontanea, mai imbrigliata, burocratizzata, soggetta a gerarchia. Qualcuno lo ha chiamato "direttorio" quel gruppo di persone che si è autoeletto a dirigere, ma, cosa ancor più grave, ad indirizzare l'Assemblea Cittadina. L'Assemblea Cittadina, quell'esperienza da pionieri della democrazia che iniziammo a vivere nella primavera dello scorso anno. Luogo fisico, che si contrapponeva al non luogo che viviamo, e di incontro di menti. E anime. E volontà. Luogo che avrebbe dovuto accogliere e che invece ha respinto la cittadinanza, allontanando a colpi bassi chi, avvicinatosi con entusiasmo, dissentiva però dal metodo autoritario che, di fatto, ha sempre impedito il confronto aperto e leale. Il fallimento sta nel non aver trovato unità fra chi desiderava partecipare e nell'aver reso invisi al resto della popolazione, quella che è la stragrande maggioranza, coloro che, partecipando, venivano e vengono etichettati quali appartenenti ad una diversa fazione. La parola fine è stata poi imposta dall'amministrazione che ha rimosso quel tendone nel quale si tentava il percorso della democrazia dal basso. La strada di fronte a noi è ancora lunga, me lo vado ripetendo da tempo, e questa è solo una battaglia persa. Ma il movimento, questo movimento, ha fallito. Questa sinistra continua a fallire. Non abbiamo bisogno di finti eroi, e neanche di veri. Abbiamo bisogno di persone leali. Abbiamo bisogno di cittadini, e i cittadini sono di qualsiasi colore. Tutto con i loro errori, tutti con le loro paure. Abbiamo bisogno di persone che abbiano la forza di guardare gli altri negli occhi e di dire la verità. Anche se costa cara.
E da qui si riparte. Con un nuovo spazio che pretenderemo. Uno spazio di tutti che diventi realmente la casa dei cittadini. Perché l'assemblea esisterà sempre, finché esisteranno i cittadini.