"Un quadro vive attraverso la compagnia altrui,espandendosi e prendendo vita negli occhi dell'osservatore sensibile"
Questo è quanto scriveva Mark Rothko nel 1947. Questo è quello che ho esattamente sperimentato ieri ,davanti alle sue opere, in mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Il pittore ha sempre ribadito di non considerarsi un astrattista. Mi riusciva difficile compendere la cosa, avendo ammirato le sue opere solo sui libri. Ieri ho capito cosa intendesse significare.
La sua arte non può essere interpretata, è impossibile. Ci si può solo fondere sensorialmente con essa e trasporre su di lei i nostri stati d'animo: solo sensazioni ,quindi, non spiegabili ed esemplificabili. La forza emozionale del colore, e non l'azione gestuale e quindi evocativa, costituisce la grandezza di questo artista.
"L'apprezzamento dell'arte è un vero matrimonio dei sensi. E come ogni matrimonio, se non viene consumato, si giunge all'annullamento". Concordo in pieno.
Ieri ho percepito tragedia ed estasi, anche nell'esuberanza, nella luminosità e nello splendore delle tinte dei suoi dipinti più colorati. Soni quadri intimi e senza tempo: ci attirano, circondano, avvolgono, abbracciano, ma non ci imprigionano, ci lasciano liberi di interpretare a nostro piacimento. La mia conclusione è questa : egli non voleva imbrigliare il suo "io" nei suoi dipinti,voleva bensì che restasse difficile da cogliere, mantenendo se stesso libero e garantendo ai fruitori della sua arte la stessa libertà nell'interpretarla a loro personale ed insindacabile piacimento. E questo non è poco. Soprattutto per uno spirito libero come me.