venerdì 31 dicembre 2010

Buon Anno

E' arrivato l'ultimo giorno dell'anno. Era inevitabile. Il tempo scappa veloce. Anche se vivi in un non luogo dove tutto è fermo. I giorni, uguali l'uno all'altro, si cumulano, nell'attesa che accada qualcosa. E completano le stagioni. Mi piacerebbe dire una parola di speranza ai miei lettori. Ai concittadini e a quelli lontani. Ma non c'è, per noi, in questa fine d'anno. L'ultima mazzata, ché le mazzate non sono solo quelle che ti arrivano da un manganello, l'abbiamo presa due giorni fa. In un consiglio regionale che ci ha fornito la dimensione di quanto la nostra tragedia non sia compresa persino in quella sede. Che ci ha fatto capire quanto, per quei signori accomodati sugli scranni del potere, noi Aquilani siamo solo un fastidioso frangente. Il decreto milleproroghe non contiene il rinvio della restituzione delle tasse non versate nel periodo dell' emergenza. Per tacitarci, continuando a prenderci per i fondelli,ci dicono che la sospensione ci sarà, ma priva di copertura finanziaria. Sempre e solo denaro virtuale per noi, terremotati di serie b. Vi parlerò, nell'anno nuovo, dell'atteggiamento assunto dal consiglio regionale: è raccapricciante.
Ora è solo tempo di auguri. E voglio farli, nonostante sia amareggiata e stanca. L'augurio è quello che tutti noi si riesca a comprendere che il tempo di delegare è terminato. Che una nuova consapevolezza sorga in noi. E che si inizi ad agire dal basso, con tanta pazienza, non temendo i fallimenti. Solo così si può cercare di risorgere: uscendo allo scoperto e non temendo di mettersi in gioco. Noi Aquilani, noi Italiani.
Buon anno amici cari. Alzo il bicchiere alla vostra salute.
Dall'inferno di questa terra martoriata.

giovedì 23 dicembre 2010

Il pacco

Il pacco di Natale è arrivato per gli Aquilani. In tempo per essere scartato sotto l'albero. Le premesse al bel regalo c'erano tutte: il presidente della Regione, nonché commissario alla ricostruzione, Gianni Chiodi, era andato a Roma, in conferenza stampa, in assise con Berlusconi, Letta e Gabrielli, a dire che qui tutto va bene. A magnificare l'operato del Governo. A millantare denaro a disposizione. Virtuale. Persino un'indagine de La Sapienza ci comunicava che la nostra qualità della vita è migliorata. Il presidente della Provincia, Del Corvo, eletto fresco fresco dalla Marsica, risulta perennemente non pervenuto: l'Aquila non rientra, a quanto pare, tra le sue incombenze e i suoi pensieri: che ci pensino pure quei comunisti al governo della città. Il sindaco Cialente: sempre più debole, sempre più afono, sempre più inadeguato. Dedito più alle manovre di palazzo, che ai problemi della cittadinanza , mai è stato, né è stato percepito dalla popolazione, quale portavoce delle istanze di tutti i suoi concittadini. Mai è riuscito ad unire gli Aquilani verso l'unico obiettivo possibile: quello di una ricostruzione partecipata e non delegata.
Il regalo, quindi, è nelle nostre "case". E peserà, il prossimo anno. Nel decreto mille proroghe, approvato ieri, non compare la proroga della restituzione delle tasse sospese ai terremotati aquilani. Nonostante le promesse. Nonostante la situazione tragica. In compenso, compare la proroga per gli alluvionati del Veneto. Oggi il succitato terzetto dei nostri rappresentanti si recherà a Roma: a pietire, e a far finta di pietire. Mai, dico mai, un guizzo di orgoglio.
Intanto le c.a.s.e. del miracolo aquilano, quelle che avrebbero dovuto chiuderci la bocca,ché siamo stati fortunati, gli altri non le hanno avute, cadono a pezzi sotto i colpi del tipico inverno aquilano. Caldaie rotte, infiltrazioni d'acqua dappertutto e fogne che rigurgitano. Un miracolo da 2.700 euro al metroquadro. Il danaro per quelle c'è stato. E speso senza appalti, ché lo stato di emergenza, durato dieci mesi, lo consentiva. E continuerà ancora a consentirlo, ché l'emergenza, quella, sì che è stata prorogata di un anno. Quindi commissario, gentiluomo di Berlusconi, e vice commissario, gentiluomo del papa, potranno fare ciò che vogliono: prima di tutto, infischiarsene di noi cittadini. E della famosa trasparenza e partecipazione. Che neanche il nostro Comune di "sinistra" vuole ed applica. Salvo poi chiamarci come soldatini, quando lo ritiene opportuno, a manifestare e protestare al suo fianco.
Natale da far west il nostro.
I miei migliori auguri a tutti voi.

martedì 21 dicembre 2010

Riapriamola

Le occasioni di incontrare le persone sono sempre più rare, per noi Aquilani. Ero dal parrucchiere oggi. Una volta, nell'altra vita, mi dividevano dal negozio 25 passi. Oggi son 25 chilometri. Dal parrucchiere, si vede gente. Si ascoltano discorsi. Entrando, Giampiero, uno dei proprietari, che prima lavorava in pieno centro, ed ora su una strada di periferia, mi ha chiesto "Mbè, Anna, tu che sai tutto, quando ce lo ricostruiscono il centro?" "Non lo so, Giampiero, non so nulla, nessuno sa nulla". E lui, " non vado in centro da mesi". "Io non voglio vederlo il centro, mi fa troppo male", gli fa eco una cliente. E, da lì, parte un coro unanime: clienti e lavoranti, nessuno va in centro da mesi. Soffrono troppo. Molti lo hanno già archiviato. Si sono adattati alla nuova NON vita. Si sono adattati allo squallore del brutto.Ho fatto la mia solita arringa. Ho detto loro che la nostra città ha bisogno di noi. Di tutti noi. Non dobbiamo abbandonarla. Non possiamo permettere che ce la portino via. Ci stanno provando: non dobbiamo consentirglielo. Dobbiamo tenerla stretta con i denti. Ho visto volti assenti, rassegnati. Tristi. Eppure basta poco, basta il cuore. L'8 dicembre scorso, ho organizzato per la mia associazione l'addobbo dell'albero di Natale nel corso cittadino. Ai Quattro Cantoni. E le persone convenute sono state tante, tantissime. Il corso si è riempito di volti, di sorrisi. Di pianti. Di vita.

Riapriamola questa città che ci hanno tolto. Che ci hanno proibito. Riapriamola con la forza, se necessario. Con la determinazione. Con la nostra dignità.

giovedì 16 dicembre 2010

Update

La mia nuova vita è talmente diversa, sconclusionata, folle, imprevedibile, dura, da non concedermi tempo sufficiente per scrivere sul mio blog come vorrei. Mi capita, durante la giornata, di pensare di volervi raccontare quello che accade qui. "Questo devo scriverlo", mi dico.Ma poi il tempo passa. Ed io mi ritrovo a corrergli dietro. Concludendo, in verità, poche cose. Guadagnando, in compenso, tanta stanchezza e senso di frustrazione. E di impotenza. Mi sento, a volte, come quei topolini che girano a vuoto su una ruota senza senso. Corrono, si agitano, ma sulla ruota sempre restano. Sempre nella gabbia. Sempre ad aspettare. Cosa? E' freddo da noi. Freddissimo. Nel paesino dove vivo, ancora più freddo che nella mia città vuota. Il ghiaccio scricchiola sotto i piedi. E i vetri delle finestre sono appannati. La casa, che Manitù mi benedica per aver scelto di non vivere in una c.a.s.a., è il mio rifugio. Comincio a sentirmi a mio agio vivendola. Ad apprezzarla. A volerle quasi bene. Fuori, il nulla. Se non le mie montagne. E fuori ancora? Aldilà di queste montagne? Anche lì è scoramento profondo. Lo scenario italiano non è meno sconfortante di quello della mia città. E della mia vita. Uomini e donne in vendita. Partiti politici che son fantasmi. Imperatori e saltimbanchi. Figure e controfigure. Vuoto. E una piccola parte della società civile che, forse, si risveglia. Ma il processo sarà lungo. E faticoso. E denso di pericoli. Proprio come quello dell'Aquila e degli Aquilani. Per noi è ancor più dura, ché da gennaio pagheremo più tasse di tutti gli Italiani. E pagheremo la benzina due centesimi in più degli altri: c'è da ripianare il deficit della sanità abruzzese. Una voragine di 360 milioni. E per noi Aquilani sarà ancora più difficile: tutti, indistintamente, percorriamo chilometri e chilometri al giorno, per coprire le distanze che ci dividono da tutto. Nel traffico caotico, come quello di una metropoli. Cittadini senza città. Con i disagi di una grande città e la qualità di vita di un paese del terzo mondo. Però possiamo stare allegri: aldilà della schiacciante realtà, secondo uno studio de La Sapienza, la qualità della vita all'Aquila è migliorata. Ha infatti, in barba al terremoto, scalato la classifica dal 67° al 63° posto. Nonostante l'esplosione della disoccupazione, della cassa integrazione, il consumo dissennato del territorio, l'insostenibile inquinamento di aria, fiumi, terra,la città sventrata, il crollo dei consumi , le persone disperse, quelle che sono andate via, quelle distrutte psicologicamente, i Comuni al collasso economico, saliamo in classifica. Ridere o vomitare? Intanto l'appena insediato vice Commissario Cicchetti, quello condannato per aver lucrato sulla Perdonanza Celestiniana, mostra il primo muso duro. Stretta di ferro sugli abitanti delle c.a.s.e. e dei m.a.p ( che Manitù continui a benedirmi): non sei neanche padrone di allontanarti da quei surrogati di abitazioni, ché ti mandano via. E non puoi invitare a stare con te i parenti, ché vengono decurtati del contributo (fantasma) di autonoma sistemazione. E, se hai un figlio che frequenta l'università fuori città, devi cambiare casa per una più piccola, fin tanto che lui è fuori. Quando torna, trasbordi di nuovo. Espedienti di un furfante che penalizza tutti, per colpire i furfanti. Intanto arriva un altro Natale, che ci trova peggio di quello scorso. Più delusi, più amareggiati, più stanchi. Abbiamo allestito un albero ai Quattro Cantoni, luogo simbolo della città. Il crocevia degli appuntamenti di una volta, delle "vasche" lungo il corso cittadino. L'ho voluto io, mi hanno aiutato in tanti. Ognuno portando un addobbo da casa. Lo guardo: è bello. E triste. Ci siamo abbracciati ed abbiamo toccato la nostra disperazione. Quella dei tanti che son venuti, di quelli che son passati. Abbiamo cercato di farci forza, vicino a quelle transenne che, dopo venti mesi, ci separano ancora dalla nostra storia e ci impediscono di viverla. Gridando, a chi già sta dimenticando, che i Quattro Cantoni sono la nostra vita, quella della nostra città. Non quell'orribile centro commerciale che qualcuno ha sciaguratamente deciso di chiamare come l'unico luogo che, di diritto, sta nei nostri cuori. E che in molti stanno già dimenticando.
A presto.

sabato 4 dicembre 2010

La poesia di Daniele Verzetti. Per gli Aquilani.

Il mio carissimo amico Daniele Verzetti http://agoradelrockpoeta.blogspot.com/ , poeta genovese di rara sensibilità, leggendo il mio ultimo post, ha scritto una poesia che voglio proporvi.
Grazie Daniele per le tue parole.
Grazie per aver dato voce alla mia rabbia ed al mio dolore. Al nostro.
Ti ringrazio.
Ti ringraziamo.


MACERIE DI PIOGGIA

Acqua esonda dentro sofferenze acute
Ferite mai chiuse
Macerie di terra, fango e pioggia
Mai abbandonate.

Pioggia bagna volti prosciugati dall'amarezza
Con dignità dipinta sui loro sguardi
E polvere tra le dita.

Terra sfatta, crollata
Bagnata fradicia
Ma soprattutto schiacciata da bugie ed inettitudine.

Una faccia alza lo sguardo verso il cielo

Beve lacrime di pioggia e rabbia.

mercoledì 1 dicembre 2010

Il dolore. E il riscatto.


L'Aquila è con l'acqua alla gola. Piove ininterrottamente da giorni. E la città, già ferma, ora è immobilizzata. Piove sul progetto c.a.s.e. Sul miracolo aquilano, che fa acqua da tutte le parti.
Piove sulle voragini, sugli affossamenti, sui tombini occlusi. E piove sulle macerie e sui palazzi cadenti del centro storico. Sull'arte e sulla cultura. E sulla bellezza. Piove sulla nostra condizione disperata. Sui cittadini allo stremo: senza casa, con le tasse ed i mutui, e i prestiti, che bussano alla porta. La città è un non luogo allagato. Il centro storico un'enorme pozza nella quale navigano pietre e sporcizia. Nella quale galleggiano le promesse non mantenute. E le bugie. I morti sono andati via tragicamente. I vivi restano. Tragicamente. Ad annaspare fra i soliti rimpalli di responsabilità di chi le responsabilità non sa assumerle. Fra i soldi millantati e la dura realtà del danaro che non c'è.Chiodi, il vassallo del cavaliere, uomo senza dignità, ché un uomo con dignità starebbe accanto alla sua gente, in conferenza stampa, a Roma, lontano dal disastro e dai disastrati, con Berlusconi, Bertolaso e Letta, mentendo,magnifica il miracolo e invita all'ottimismo. I soldi ci sono e lui è ansioso di darceli. Ma ne arrivano pochi, col contagocce, e servono per pagare ancora l'emergenza. Il Comune è allo sbando, con il sindaco Cialente, sempre più debole ed afono, che non è capace di urlare i nostri diritti. E di pretenderli. I contributi per l'autonoma sistemazione sono fermi a sei mesi fa: 200 euro mensili negati a chi paga, per gli affitti, cifre esorbitanti. Di aiuti per l'economia al collasso non se ne parla neanche più. La ricostruzione pesante è di là da venire. Quella leggera impantanata fra le pastoie burocratiche.
Il vescovo tuona contro la manifestazione del 20 novembre "erano pochi, me lo hanno riferito degli amici che c'erano". Come se quei pochi, venticinquemila, sotto la pioggia incessante, fossero nulla. Persone neanche degne di rispetto. Invita, il presule, la cittadinanza a lasciar fare a chi sa fare. Perché scendere in piazza, quando c'è chi, nelle stanze chiuse, nelle quali lui siede nel posto d'onore, deciderà per noi? Ma il vescovo ausiliare D'Ercole è, invece, vescovo del popolo. Firma la legge di iniziativa popolare e plaude ai cittadini attivi. Così nessuno è scontento. Due vescovi, per tutti i gusti. L'operazione di immagine e la mistificazione regnano, come sempre, anche nella Curia.
E i ragazzi, gli studenti universitari, son scesi in piazza, nel centro storico martoriato,e saliti sui tetti, per protestare contro l'eutanasia imposta al sistema universitario, contro le decisioni ormai sciaguratamente passate al voto.
E come non dire, ancora una volta, che L'Aquila è l'emblema dell'Italia che affonda? L'Aquila è l'epicentro simbolico del sistema Italia che sta franando.
"Il riscatto è doloroso e l'Italia affronti il dolore", diceva il Maestro che ha scelto di morire.
Il dolore si affronta allontanandoci da chi ci induce all'ottimismo, da chi ci dice che va tutto bene, da chi, spudoratamente, indica il bicchiere mezzo pieno, invitandoci a nascondere la testa sotto la sabbia. Si affronta guardando in faccia la realtà. Facciamolo, il pieno di questo dolore. E iniziamolo, questo riscatto. Civile, politico e morale.