mercoledì 30 settembre 2009

Gli occhi di chi sa guardare

Oggi pubblico una mail che mi è giunta ieri. E' stata scritta, e firmata, da una signora che non conosco. Lei conosce me attraverso questo blog. E' stata qui di persona, per vedere con i suoi occhi quello che io vi racconto dal 6 aprile. Ecco le sue parole.
Ciao Anna,
eccomi di ritorno da L'Aquila ed eccomi a scriverti per cercare di capire. Osservare ci è servito molto, ma alcune cose non ci risultano chiare, siamo degli osservatori ma non facciamo parte di quel tessuto e di quella terra.
SENSAZIONI
Camminare con la macchina fotografica al collo per questa terra mutilata è stato doloroso e spesso ho avuto la sensazione di essere invadente.
La gente, poca, non parla, il loro dolore è ancora troppo forte per poterne parlare.Le tende ci sono ancora ovunque, tendenzialmente nascoste ma ci sono, i paesi sono vuoti.C’è molta voglia di ricominciare (ristoranti aperti sotto i gazebo, attività aperti nei container, casette di legno che sbucano in ogni dove) ma quello che manca è il tessuto sociale, la comunità. I bambini sembrano essersi volatilizzati.
A Castelnuovo c’è questo centro civico donato da un comune vicino al nostro ma il centro civico senza persone è inutile e solo adesso stanno iniziando a spianare per posizionare le casette. Il centro civico serve se la gente ha un posto dove dormire, se la gente può incontrarsi e cercare di ricostruirsi una vita ma l’unica immagine che ho è quella di un ragazzino che gioca a pallone mentre stanno portando via il necessario. Ma qual è la meta?
L’Aquila è deserta, al di là della zona rossa solo qualche appartamento è abitato (e devo dire molto coraggiosamente dato che molti palazzi sono lesionati) ma è una città presidiata da Vigili del Fuoco, Protezione Civile e Esercito. Il corso riaperto è una coltellata nella schiena, corso riaperto e tutte le vie chiuse, tutto zona rossa.
Abbiamo assistito ad una marcia ma tutto ci è parso molto finto, partecipazione bassa e le immancabili cineprese della RAI. Mi chiedo: l’ennesima farsa?
C.A.S.E.
Sono curiosa di vedere stasera cosa inaugurerà… sabato a Bazzano nulla era pronto però si stava asfaltando nelle immediate vicinanze e un camioncino di arredi era posizionato sotto le case. Dal balcone di uno degli appartamenti gettavano i cartoni di quello che potevano sembrare mobili; anche qui la costruzione del suo palcoscenico per il grande evento odierno?
Sono sicuramente invadenti anche se localizzate in periferia, non credo che siano una soluzione perché non ci sono per tutti e perché dopo l’emergenza cosa diventeranno? Credo che diventeranno delle case popolari, dei ghetti per chi vuole vivere di assistenzialismo e per gli immigrati.
Unico pensiero positivo sulle C.A.S.E. – almeno qualche cosa hanno fatto e questo lo dico perché i governi di sinistra sarebbero stati ancora a discutere su cosa fare e non avrebbero ancora fatto. Mr B è fattivo anche se per me è la peggior persona della terra, l’informazione purtroppo è nelle sue mani. (a questo proposito stamattina ho assistito al battibecco tra mio marito e mia suocera, lei si informa attraverso la televisione e ha una visione distorta. Purtroppo troppa gente si limita a guardare la televisione e non cerca di approfondire)
Mi ha stupito la quasi totale mancanza di protesta: qualche fotocopia attaccata per la città, qualche cartellone, qualche striscione a Tempera ma poco, veramente poco rispetto a quanto mi aspettavo. Questa quasi totale mancanza di protesta la leggo in questo senso: non c’è possibilità di organizzarsi perché la comunicazione tra le zone più disparate è difficoltosa. La gente semplice sembra rassegnata, ho parlato con due persone e sembrano rassegnate ad aspettare e a vedere cosa succederà (persone che ancora hanno una casa).
Mi aspettavo le gru, mi aspettavo che la gente avesse iniziato a mettere a posto quello che si poteva ma non c’è nulla: immagino che tutto questo sia dovuto al fatto che il governo non ha ancora definito i criteri per i rimborsi e gli aiuti, giusto?
Sono idee buttate di getto, voglio riordinarle e pubblicarle con qualche documentazione fotografica…
Spero che ti faccia piacere leggere questa mail e spero che mi risponderai.
Grazie.
Barbara Melis

martedì 29 settembre 2009

Sulla spazzatura


Lo sapete, son sincera. Sempre. E qui, su questo blog porto me stessa. Per come sono. Con quello che sento. Con quello che vedo. Eravamo pochi, pochissimi, alla manifestazione. Eravamo noi, i soliti. Mi vien da dire gli irriducibili, anche se il termine poco mi piace. E ci siamo riconosciuti. E ci siamo abbracciati. Visionari con i piedi ben piantati a terra. Diversi. Tra la massa amorfa. E silente.Le automobili sfilavano nella corsia lasciata libera accanto a noi che manifestavamo. Gli Aquilani, quei pochi che sono in città,ché questa città ormai vede solo gente di fuori, ci dicevano "bravi". Ma loro non c'erano in mezzo a noi. Loro ci guardavano. E annuivano. Gli operai che lavorano alle C.A.S.E., trasportando le pareti prefabbricate degli appartamenti-loculo, ci han gridato "andate a lavorare". Meschini: son loro che stanno lavorando al posto nostro. E sulla nostra terra. Io lo so, lo sento che molti sanno che le nostre rivendicazioni sono giuste e legittime. E che noi siamo la loro voce.Ma non scendono in piazza. Lasciano i soliti allo sbaraglio. Verrebbe da abbandonare, se non fossimo così testardamente convinti ad andare avanti, anche se pochi. Anche se soli. Le cause giuste non hanno mai strade agevoli. Arrivati al campo abbandonato di Piazza d'Armi, dove pochi vivono in condizioni disumane, abbiamo avuto il nostro Presidente del Consiglio. Tutto per noi. A farsi far domande ed a dare risposte. Sulla spazzatura.
Un abbraccio. Son triste.

sabato 26 settembre 2009

Il fallimento


Ormai agli Aquilani appare chiaro: la gestione dell'emergenza nel nostro territorio è stata fallimentare. Le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti. La mano forte, quella di ferro, che non ha permesso ai cittadini la partecipazione e che non ha contemplato trasparenza alcuna circa le decisioni prese, sfruttando uno stato di emergenza protratto ad arte, quella che si è arrogata il diritto di determinare le sorti dei disgraziati e di usarli unicamante come cornice pittoresca a copertura di oscuri disegni, ha decretato lo sfacelo di un territorio, di una comunità, della vita di decine di migliaia di persone. I campi sono in via di smantellamento e gli sfollati vengono allontanati dalla città. Gli altri, quelli che raggiunsero la costa, sono ancora lì. L'Aquila è ferita a morte da un evento naturale, gli Aquilani sono feriti a morte da chi ne ha calpestato i diritti. Chi prova a ribellarsi e ad urlare viene tacitato, dal di fuori, dagli Italiani stessi che credono, poiché così, ad arte, a loro è stato dato di credere, che, nonostante il colossale progetto di case arredate e corredate per tutti, ci si lamenti in attesa che il Governo ci conceda sempre più, molto più di ciò che ad altri è stato concesso. Ma i cittadini responsabili, coloro che hanno cercato, nonostante il dolore e lo spaesamento e la paura, di guardare aldilà di ciò che volevano farci credere, lo gridavano da maggio che i moduli provvisori per tutti, e subito, erano l'unica soluzione da attuare per permettere alla comunità di non morire. Un modulo provvisorio costa 500 euro al mq. Una c.a.s.a. ne costa 2.400. Un modulo provvisorio si monta in meno di due mesi. E si monta subito. Non occorrono faraonici pilastri antisismici. Già da luglio gli Aquilani avrebbero potuto riprendere a vivere nella loro città. E l'economia, già boccheggiante, non sarebbe morta. E bambini e ragazzi oggi sarebbero a scuola. La loro scuola. Ma il piano diabolico di imbonimento delle masse continua, pervicace. Le c.a.s.e. pronte son pochissime (guardate la foto, mi aspetto commenti), ma gli elenchi degli aventi diritto sono già stati resi noti. Nomi, solo nomi e codici fiscali. Senza trasparenza sui punteggi. Senza pubblicazione di graduatorie. Tu lì, l'altro lì, non si sa quando. E come si potrebbe esercitare il controllo sulle graduatorie se queste sono inesistenti? Allora il controllo viene esercitato sul vicino, sul conoscente, sull'amico. E la rabbia esplode. Facendo perdere di vista il vero nocciolo della situazione: lo scempio perpetrato su tutti noi. Si pilota la rabbia del singolo verso l'altro singolo. Per occultare il disegno criminale che ha determinato il fallimento del piano di chi avrebbe dovuto aiutarci e proteggerci. Una schiera nutritissima di invisibili, tra i quali anche mio marito ed io, non è rientrata in alcun elenco. Neanche in quello dei non aventi diritto. Le rimostranze non possono essere inoltrate presso alcuno ufficio, ma rese note al Comune esclusivamante tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. Di fatto, non risultando, gli invisibili vengono azzerati. Non esistiamo, le case, ovvio, non occorrono. Sarebbe il caso di effettuare il censimento delle migliaia di persone in tale condizione, un censimento fatto dai cittadini stessi. Ma come coordinarci se siamo disgregati? Il piano emergenza è stato fallimentare. Il piano di azzeramento della capacità dei terremotati di unirsi per reagire al sopruso è, invece, riuscito perfettamente. Ma noi non demordiamo. Le assemblee cittadine nei campi in via di smantellamento continuano. E martedì avrà luogo la manifestazione. Saremo tanti? Non lo so. Le persone sono stanche, e avvilite. Ed hanno paura perché tenute sotto il ricatto della consegna delle c.a.s.e. Ma quelli che ci saranno, noi, sappiamo bene di rappresentare la stragrande maggioranza degli Aquilani.

giovedì 24 settembre 2009

Ancora....

E' arrivato di nuovo. Il vento che si alza leggero. Aumenta. Il boato. La scossa. La terra si ferma, subito ricomincia a tremare. Poi il silenzio. E i cani che abbaiano. E tu che non hai neanche più paura. E pensi che, se deve essere, sia. E sei stanca. E vorresti solo dormire.....

mercoledì 23 settembre 2009

Dove sono gli Aquilani?

L'Aquila era un città a misura d'uomo. A L'Aquila una donna sola poteva circolare liberamente anche nel cuore della notte, senza aver nulla da temere. A L'Aquila potevi lasciare l'automobile incustodita, nessuno te la rubava. A L'Aquila lo straniero era visto con occhio benevolo e curioso. E, se per bene, veniva integrato senza problemi nella comunità. A L'Aquila ci si conosceva tutti, almeno di vista. A L'Aquila si viveva benissimo. Ora tutto è cambiato. Oggi pomeriggio, sola su una piazzola di sosta, ho avuto paura, per la prima volta nella mia città. Circolano individui mai visti prima. Italiani. Facce che fanno paura. Gli Aquilani sono pochissimi, se ci sono, stanno nascosti. La polizia e la protezione civile, tanto solerti nel fermare noi cittadini per bene quando vogliamo dire la nostra, quando vogliamo cercare di incontrarci, quando vogliamo entrare nelle tendopoli per incontrare i nostri concittadini, non circola dove bivaccano queste persone. Nel centro storico, privo di Aquilani, senti parlare solo persone con accento marcatamente campano. Bene inteso, nulla ho contro i Campani. Ma è strano che si sentano solo loro. Nessuno li ferma, nessuno li identifica. I cittadini, invece, vengono tenuti sotto controllo, ma sotto controllo non vengono tenute le loro abitazioni. Che vengono depredate. Ci hanno ingabbiati quando non occorreva, e ci trascurano ora che questa terra sta diventando territorio di conquista. L'Aquila non è più degli Aquilani. Ci hanno deportati. Continuano a farlo. Hanno importato altri.

martedì 22 settembre 2009

La7

http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=reality&video=30919


Grazie alla segnalazione di una lettrice, ecco il servizio girato da La7.
C'è tutto, nulla da aggiungere.

Vi prego di farlo girare.

J te l'ero ittu a maggio


NO ALLO SPOPOLAMENTO, NESSUNA DEPORTAZIONE!
VOGLIAMO RICOSTRUIRE LE NOSTRE CASE. SUBITO!
MANIFESTAZIONE DI TUTTI GLI ABITANTI DEL TERRITORIO
MARTEDI 29 SETTEMBRE ORE 16.DAL PIAZZALE ITALTEL ALLA FONTANA LUMINOSA , A L'AQUILA.

I VOSTRI ERRORI NON LI PAGHIAMO:
TUTTI i cittadini debbono restare e ritornare nel territorio. ORA. Nessuna distinzione B C D E F. Nessuno deve essere trasferito, tutti devono ritornare. Tra di noi siamo tutti uniti e solidali.-

J TE L’ERO ITTU A MAGGIO (te lo avevo detto a maggio).
Se ci avessero ascoltato, i MAP sarebbero stati messi a maggio e le case sfitte già requisite e assegnate. Oggi saremmo tutti nella nostra terra fuori dalle tende e dagli alberghi. Si sarebbero risparmiati milioni di euro utili per la ricostruzione delle NOSTRE CASE

LE VOSTRE DELIBERE NON FUNZIONANO:
SOLDI, REGOLE E TEMPI CERTI PER LA RICOSTRUZIONE DELLE NOSTRE CASE E ATTIVITA’. I centri storici devono riaprire .

TRASPARENZA NEI CRITERI DI ASSEGNAZIONE:
un censimento non è un bando, le graduatorie vanno pubblicate cosi come “quel gioiello” di algoritmo per la selezione

SENZA LAVORO NON SI RIPARTE:
Blocco dei licenziamenti, zona franca nel cratere e piano strategico della ricostruzione

BASTA CON LE DECISIONI SBAGLIATE SOPRA LE NOSTRE TESTE:
noi cittadini vogliamo essere attivi e protagonisti della ricostruzione del nostro futuro. Regione e Comune non possono decidere senza consultare i cittadini. Adesso veramente basta, serve partecipazione, da soli sbagliate troppo

TRASPARENZA TOTALE SUI FINANZIAMENTI:
sono mesi che tutti chiedono alla Protezione Civile, alla Regione e al Comune di pubblicare NEL DETTAGLIO TUTTE LE SPESE, euro per euro.

DALLA NOSTRA TERRA NON ANDIAMO VIA!

domenica 20 settembre 2009

La lettera di Francesca



La febbre alta non mi consente di aggiornarvi come vorrei. Piove. Ed è dura essere ammalati vivendo in un container da cantiere. Passerà. Sono stati resi noti gli elenchi degli aventi diritto alle c.a.s.e. e ai m.a.p.
12.600 sono le famiglie con case distrutte o inaccessibili. 4.500 quelle che entreranno nelle c.a.s.e. con consegne scaglionate dalla fine del mese di settembre, alla metà di dicembre. Il sindaco ha firmato un'ordinanza che autorizza la costruzione di altre case rimovibili ,m.a.p. I moduli saranno 1.100 per 17.000 persone. Dove andranno i rimanenti 6.500 nuclei familiari? Non si sa.Si parla di requisire gli appartamenti sfitti da domani. Staremo a vedere,ma è tardi ormai, fa freddo, si è perso troppo tempo. E i lavori nelle case da rendere agibili, ormai, con queste condizioni atmosferiche, dovranno fermarsi. Se ne riparlerà a primavera. I palazzoni di cemento e legno sono lì, brutti, orribili, sfregio alla nostra natura. Le assegnazioni generano malumori, poiché non sono chiare. Non si rendono noti i punteggi. E gli errori sono numerosi. Pensate che mio marito ed io non risultiamo neanche nell'elenco degli aventi diritto. Io mi tiro fuori dalla mischia,mi rifiuto di farmi il sangue amaro con i miei concittadini , sventurati quanto me. E continua a diluviare. E l'inverno alle porte è fonte di sconforto profondo. Ma stamani, aprendo il pc, ho trovato una lettera. Una lettera che mette a posto i tasselli di quanto, con inenarrabili sforzi, testardamente,ho fatto fin'ora. E che mi aiuta ad andare avanti. A non desistere. Qualcuno mi vede come punto di riferimento. Qualcuno premia il lavoro di noi cittadini coscienti e responsabili, che non ci siamo mai allontanati.. Gli Aquilani, lo dicevo, si sanno svegliando.

"Ciao Anna,
ultimamente ho letto il tuo blog perchè postato sulla sua pagina di Facebook da mia cugina Patrizia. Ho bisogno di aiuto, forse tu puoi darmelo o puoi darmi qualche consiglio su come muovermi.Giovedì scorso leggo su "Il Centro" che la scuola della mia bambina, la Primaria "Mariele Ventre" che fa parte del Circolo Didattico Amiternum,aprirà lunedì 28 (io sapevo il 21, ma vabbè ci saranno stati i soliti intoppi, mi dico..), il giorno dopo sullo stesso quotidiano appare come data di apertura lunedì 21. Passo davanti alla scuola alle 13 dello stesso giorno e trovo un cantiere aperto in piena regola. Chiamo la segreteria che mi dice che la notizia ufficiale è quella e che se ci dovessero esser novità le indicheranno sul sito. La sera, dopo cena, vengo a sapere che la scuola verrà aperta solo per le III, le IV e le V. Ieri fa il nubifragio e io ripasso davanti alla scuola, adesso il cantiere è sommerso dal fango, ma sul sito del circolo didattico c'è sempre scritto che la scuola riapre lunedì (cioè domani). Stamattina mi chiama un'amica, che conosce una maestra, che Le ha detto che oggi alle 16 le insegnanti hanno un incontro con Bertolaso, per convincerlo che i bambini non possono entrare a scuola in quelle condizioni, che prenderanno in consegna la scuola (così da evitare il pagamento di penali per l'eventuale ritardo..) e faranno in modo che la scuola inizi per il 28. Insomma, noi dobbiamo aspettare non si sa chi che ci avvisi dopo le 18 se domani i nostri bambini andranno a scuola oppure no! Forse il mio racconto è confuso, forse tu non mi puoi aiutare, ma mi piace quello che scrivi e come lo scrivi e ho pensato che forse in qualche modo potevi darmi una mano in questa battaglia (che, ammetto, ho cominciato a combattere tardi...). Scusa lo sfogo, scusa se ti ho disturbato. Se invece pensi di poter fare qualcosa per me (e soprattutto per i NOSTRI bambini) fammi sapere! grazie del tempo che ti ho costretto a dedicarmi!
Francesca Tarantino

Il problema scuola andrà seriamente preso in considerazione. I bambini non sono pacchi. Almeno loro no. Non dobbiamo permettere che facciano da cornice all'ennesimo spot governativo. Si sbandiera la data del 21 perché le tv ne parlino. Poi, come per tutto, qui è un'altra cosa.
Lo grido ancora una volta: son state sbagliate le priorità. Lavoro, scuola, piazza, alloggi. Queste avrebbero dovuto essere. Gli Aquilani avrebbero preferito, io per prima, i moderni container, piuttosto che lo scempio delle case antisismiche. Tutti insieme, e vicini, avremmo resisitito per ricostruire le nostre case vere. E per dare ai nostri figli la certezza di una vita dignitosa, con prospettive future che non li costringano ad abbandonare la loro terra. Ma qui, invece, il piano è ben preciso. E queste graduatorie ne sono la dimostrazione lampante. Si tende a disgregarci, mettendoci gli uni contro gli altri. In modo che lor signori possano compiere , indisturbati, il loro comodo. Pensare ai miei concittadini chiusi in quelle case DEFINITIVE mi fa star male. Pensarli seduti a quei tavoli tutti uguali, dormire in quei letti tutti uguali, mangiare nei piatti tutti uguali,affacciarsi a quelle finestre che danno sul nulla mi fa paventare l'annullamento delle personalità. Tutti verso il pensiero unico dettato dal sultano imbellettato. Tutti col sorriso finto stampato sulle labbra. Proprio come il suo.

venerdì 18 settembre 2009

L'Aquila alza la testa



Pina Lauria, Aquilana, aveva scritto, nel mese di giugno, una lettera molto significativa (http://www.officinavolturno.com/2009/06/15/lettera-dallabruzzo-cara-redazione/) ad un giornale on line. Parlava della condizione di sfollata nel campo Italtel1. Oggi Pina, dopo quasi sei mesi di dura vita in tenda,appresa la nuova destinazione impostale dalla protezione civile a Castellafiume, a 75 chilometri da L'Aquila, ha deciso di rientrare nella sua casa classificata E, gravata cioè da seri danni strutturali. Non vuole abbandonare la sua città, alla quale è rimasta attaccata da quella notte di terrore. Ha salito la scala pericolante del condominio e si è barricata nel suo appartamento. Ha esposto uno striscione sul balcone ed a chiesto un incontro immediato con un funzionario della protezione civile. Il gesto eclatante ha richiamato l'attenzione di molti Aquilani che, guardandola dalla strada e sorvegliando le sue mosse, hanno iniziato a confrontarsi sull'emergenza di questo terzo terremoto che si è abbattuto, dopo quello naturale del 6 aprile e dopo l'invasione del progetto C.A.S.E., sulla nostra comunità. Sono ventimila i cittadini che, dopo mesi di stenti, verranno deportati lontano dalla nostra terra. La protezione civile ha ammesso, a distanza , l'errore e, tramite il solerte deputato Giovanni Lolli, ha fatto sapere a Pina che provvederà a risolvere il problema. E Pina è tornata in tenda. Ma i problemi sono tanti. Sono quelli di cinquantamila cittadini. Che si stanno svegliando e che iniziano ad organizzarsi autonomamente in assemblea per stabilire una comune linea di comportamento. Il gesto eclatante avrà seguito. Abbiamo il pieno diritto di restare sulla nostra terra e gli sfollati forzati della costa hanno il pieno diritto di farvi rientro. E vogliamo decidere noi della nostra sorte. Cittadini coscienti, con diritti e doveri. Colgo un crescente fermento. Alla farsa della consegna delle casette di Onna ho sentito una signora dire al marito, riferendosi a me che facevo sentire la mia voce "Ecco, dobbiamo essere grati a questa gente che non si vergogna, che non ha paura, che ci mette la faccia e urla anche per noi". Alessandro del 3e32 mi raccontava che, entrato a vedere le condizioni degli irriducibili del campo di Piazza d'Armi, gli asserragliati che hanno resisitito alla chiusura della tendopoli e alla deportazione, ha sentito dire da uno di loro "ecco, ora dovremmo chiamare quelli di via Strinella". Quelli di via Strinella sono i comitati cittadini. Sono i cittadini che si vogliono riappropriare della loro terra. Siamo tutti noi.L'Aquila sta alzando la testa.
Le foto sono scure, prese dalla mia fotocamera di fortuna.

mercoledì 16 settembre 2009

La verità filmata



Parlano le immagini rubate di Alberto Puliafito.

martedì 15 settembre 2009

Berlusconi ad Onna









L'arrivo del presidente era previsto ad Onna per le 15,30. Alle 14 ero già lì. Decisa ad entrare fra e con i cittadini. Cittadini pochissimi, spiegamento enorme di forze dell'ordine e protezione civile e croce rossa e dame di carità e misericordia e tantissimi giornalisti. Entro senza problema. Mi accolgono le macerie di Onna che vedo, dal vivo, per la prima volta. Una curva, si apre davanti a me lo scenario delle casette mobili. Villaggetto colorato, fiori alle finestre. Il prato solo davanti ad una casa, quella che servirà per il set. Le altre hanno terra battuta coperta di paglia. Mi avvicino, apro una porta e varco l'uscio. Vedo un'abitazione che mi fa pensare ad una roulotte, ma decorosa e vivibilissima. Mi guardo intorno in cerca di cittadini. Nulla. I comitati avevano preparato degli striscioni e stavano arrivando alle 14,30, come da appuntamento. Decido di tornare all'ingresso del paese, dove si era stabilito di incontrarci. Appena arrivano i ragazzi del 3e32, la polizia si fa avanti. L'ordine è quello di non farli passare. E li bloccano. Io sono dall'altra parte. Dentro. Auto blu, sirene. Arriva Bruno Vespa. A seguire il presidente. Qualche cittadino arriva alla spicciolata. Mai avevo visto Berlusconi dal vivo. Fa impressione: una statua di madame Tussauds è molto più espressiva e mobile. Suda. Entra nell'unica casina col prato davanti. Mi rendo conto di essere invisibile. Ma voglio parlargli. Aggiro la casetta per raggiungere un'altra entrata. Improvvisamente un gruppo di signore, mai viste alle riunioni dei comitati, srotola uno lenzuolo, debitamente conservato in borsa. A seguire un altro. Recitano quello che vedete nelle foto. Il presidente esce dalla casina ed urlo con tutta la voce che ho, lui è lì a due passi, "presidente, venga a parlare con i cittadini", "presidente venga a sentire le nostre istanze". Subito un nugolo di poliziotti mi oscura, ma ora urlano anche le altre, "presidente, esistiamo anche noi, non solo i cittadini di Onna, questo non è un teatro, 50.000 sfollati chiedono di rimanere sulla propria terra". Lui suda e si allontana verso l'asilo. Qui iniziano i discorsi di rito. Ma intanto la stampa si è accorta di noi. E ci intervista. Sento degli applausi, voglio vedere chi applaude, se è Aquilano. Cerco mani che battono e non le trovo. Ma gli applausi ci sono, escono da un altoparlante. Come in una sit com. Dopo il nauseante discorso del vescovo Molinari, che d'amblé riconcilia i vescovi con il malcostume presidenziale, esaltando l'uomo del fare,il nostro decide, vista la protesta, di abbreviare la cerimonia e, sotto i fischi, si allontana. Nel frattempo, sono riusciti ad entrare, attraversando i campi, anche i comitati, con un altro striscione. La festa è finita. Noto che l'ottanta per cento dei presenti è gente di fuori, in divisa. Ma noi, stavolta, ci siamo fatti sentire. Incredibile, ci sono riuscite le donne delle nostre frazioni. Le massaie, mamme di famiglia. Qualcosa si sta muovendo. Non so cosa si riuscirà a vedere in televisione della nostra protesta. Probabilmente poco o nulla. Ma c'è stata. Ora tutti a Roma, per la manifestazione di sabato. Per la libertà di espressione. E per reclamare il diritto di vivere in un Paese democratico.


lunedì 14 settembre 2009

Il viscido insetto

Come giudichereste voi un individuo che sapete essere un servo dei potenti, mellifluo stenditappeti del politico al governo, che, oltre tutto ciò, vende anche la sua stessa madre?
Bruno Vespa domani venderà quel che resta de L'Aquila, venderà i suoi concittadini al disegno puramente mediatico del signor Berlusconi che verrà qui a mentire ancora una volta, spacciando per opera del governo i M.A.P. (moduli abitativi provvisori) donati dalla provincia di Trento, dalla raccolta fondi della Croce Rossa e dalla Germania al comune di Onna. Le casette sono novantadue e sono sufficienti per tutti i cittadini sfollati. I conti lì li hanno fatti prima. Non dopo, come nel progetto C.A.S.E. Ma l'inverno è già qui ed ora la protezione civile esce con un'ordinanza che permette l'abitabilità degli immobili con lavori in corso d'opera, anche quelli in categoria E, con seri danni strutturali. Ciò significa che oggi,14 settembre, con il freddo, le persone potranno presentare domanda per rientrare nelle case, anche se i lavori di ristrutturazione e messa a norma sono in atto. Ma i lavori nelle case inagibili sono appena iniziati, e non dappertutto.Perché non averlo fatto nei mesi estivi, in modo che i cittadini che ne hanno la possibilità vivrebbero nelle loro case già da tempo? Non credo che dietro tutto ciò ci sia solo avventatezza e disorganizzazione. La tanto ostentata efficienza della protezione civile non può essere così fallace. Il progetto era e rimane quello di disgregare la nostra comunità. E ci sono riusciti benissimo. Non favorendo la ripresa delle attività produttive, non riaprendo il centro storico, altro non hanno fatto che frantumare il nostro tessuto sociale. Per poter agire indisturbati, in nome di un'emergenza che ci ha di fatto resi invisibili. Intanto domani si consumerà l'ennesima farsa, con il viscido cameriere a fare gli onori di casa al cavaliere che offrirà spumante e torte nei frigoriferi degli Onnesi. E noi non saremo di certo ammessi ad urlare la verità. A dire che questo terremoto non può essere trasformato in una soap opera a beneficio del governo. Con lui, il miglior presidente del consiglio che l'Italia abbia mai avuto, a giocare il ruolo di protagonista. E noi, neanche comparse, a non poter urlare che le case per gli Aquilani non ci sono.

domenica 13 settembre 2009

Grazie Paolo!


Sono tradizionalista per molte cose. Lo riconosco. Avevo la grandissima fortuna, della quale mi son sempre resa perfettamente conto, di vivere in una splendida città. Vivevo il centro storico, avendo a portata di mano tutto quello che desideravo. Negozi, cinema d'essai, librerie, l'enoteca preferita, il bar scelto per il buon caffè, e il passeggio tra i tesori d'arte. Niente automobile, niente code ai semafori. Il terminal sotto casa. Un bus per arrivare dove volevo. E non ho mai amato i luoghi affollati. Ero talmente disabituata ai centri commerciali che, quando molto raramente mi capitava di frequentarli, mi sentivo male. Da svenire. Ora tutto questo non esiste più. E i centri commerciali son diventati una realtà anche per me. Ma ho i ricordi. Tra i negozi che amavo ce n'era uno in particolare, in centro, a due passi da me. Negozio storico aquilano, Regalcasa , era il luogo del bello. Articoli da regalo. Uno di quei posti dove si va quando si deve fare un regalo importante, per una ricorrenza, un matrimonio, o per gratificarsi acquistando un oggetto prezioso, o, semplicemente, per guardare il bello. Il proprietario, Paolo Placidi, è un amico di sempre. Burbero, come la maggior parte dei commercianti aquilani, ma affidabile e onesto. E amante indefesso del bello. Immaginate, con il terremoto, cosa può essere accaduto alle porcellane, i cristalli, le fragilissime meraviglie che il negozio racchiudeva. In massima parte distrutti. Ma Paolo non si è dato per vinto. Coraggioso come sempre, vero imprenditore, non si è spaventato di contrarre debiti, ed ha aperto un nuovo negozio. In un centro commerciale all'estrema periferia nord, nato all'uopo all'indomani del terremoto. Non oso immaginare il prezzo del fitto. Paolo aveva recuperato poche cose dal disastro, e le aveva inscatolate per esporle nel nuovo punto vendita. Ma i protettori, che tanto proteggono le tende degli sfollati da ogni avvicinamento esterno, per paura che scompaiano spazzolini da denti e slip, non hanno protetto il suo deposito in centro. E gli oggetti superstiti sono stati rubati. Stasera alle 18,30 c'è stata l'inaugurazione del centro commerciale. Paolo ci ha chiamati, per il suo negozio,noi non potevamo mancare. Tanta gente. Musica ad alto volume. Bicchieri di plastica e patatine. Mi spiace, non è per me, mi son detta. Io sono ancora in lutto. E quando si è in lutto non si ama il baccano. E i palloncini colorati. Sono così, compatitemi. Ma Paolo andava salutato. Mi son fatta coraggio e strada fra la ressa, ho individuato il suo negozio, ignorando gli altri, e sono entrata. Son rimasta paralizzata. E sconvolta. Ed ho pianto lacrime liberatorie, seppur nascoste. Parleranno le immagini per me. Ho sentito il mio lutto rispettato. Ho toccato l'amore per la nostra città e per noi Aquilani. Non mi son sentita sola in mezzo agli altri. Grazie Paolo, L'Aquila ha bisogno di persone come te. I karaoke lasciamoli agli imbonitori di folle.









sabato 12 settembre 2009

I picchiatelli



Per questo fine settimana, nel quale sarò impegnata con il trasloco delle mie masserizie, e lo sarò ancora per molto, dovendo approfittare dei mezzi di trasporto al sabato ed alla domenica, poiché costano meno, vi lascio un altro video di Alberto Puliafito. Sono particolarmente legata a queste immagini che parlano di quelli che, con affetto, chiamo i "miei picchiatelli". Chi frequenta questo blog da prima del terremoto sa che ho parlato di loro altre volte. Noterete che citano spesso Collemaggio, non si riferiscono alla splendida Basilica, ma al vecchio ospedale psichiatrico dove li collocheranno nel post terremoto. Hanno paura di questo nome che, in città, ha sempre indicato il luogo dei pazzi. Prima vivevano negli appartamenti messi a disposizione dalla Asl, nella case famiglia. Il video è tenero, e pacato. Triste, ma apre alla speranza.
C'è anche una buona notizia: il documentario di Alberto Puliafito "Yes we camp" è stato inserito nel programma del Milano Film Festival, all'interno della rassegna "Colpe di Stato". E verrà proiettato martedì 15 settembre, alle ore 19. Ma Alberto non si ferma qui. Il documentario è in espansione e prevede molte altre riprese. Molte altre realtà. Molte altre verità.
A presto.

giovedì 10 settembre 2009

Sfollano gli sfollati



Ecco un nuovo video di Alberto Puliafito. Riprende, con la telecamera nascosta, il campo di Piazza d'Armi, proprio quando si inizia a sfollare i cittadini già sfollati.Le notizie di oggi riportano che,all'interno del campo, si è asserragliato un nutrito gruppo di residenti che non intendono subire l'ennesimo sopruso.Persone che lavorano in città, che hanno sopportato cinque durissimi mesi in condizioni estreme,ed ora si vedono deportate in luoghi lontani. E con le famiglie smembrate.Avrebbero dovuto avere le C.A.S.E, il 4 settembre, come promesso. Il presidente Berlusconi va sbandierando ai quattro venti che la prossima settimana consegnerà le prime ville, sì lui le chiama proprio così, agli Aquilani. Non lasciatevi ingannare, così non è. Consegnerà le casette di legno, per altro dignitosissime ed esteticamente gradevoli, che la Germania ha donato al paesino di Onna. Le case, quelle con i puntini, quelle volute strenuamente dal duo B&B, non sono pronte. E quando saranno pronte, a fine anno, forse, basteranno per meno della metà dei senza casa. Con la metà del danaro speso per quei moduli, avrebbero messo un tetto sulla testa a tutti noi, e lo avrebbero messo ora. Ma sul legno si specula di meno, questo si sa. E' il calcestruzzo delle piattaforme quello che fa guadagnare. E gli appalti per i mobili inutili. Intanto è in arrivo un ennesimo censimento, ma non si capisce a chi è destinato e chi deve aderire. Le informazioni giungono frammentate, attraverso il passa parola dei cittadini, e non abbiamo alcun referente.Le richieste di chiarimenti sono da inoltrare al solito call center con il finto numero verde che ci ha tanto brillantemente assistito nel primo censimento. A tal proposito vi invio un altro video, relativo ai primi di agosto. Cliccate sul link, Puliafito lo ha pubblicato sul sito di La Repubblica. Guardatelo, se vi interessa capire come vanno le cose qui. http://tv.repubblica.it/dossier/terremoto-in-abruzzo/il-censimento-misterioso/35761?video
Io continuo a vivere nel container comprato da me, con il bagno all'esterno. Continuo a cercare casa e laboratorio, ma le speranze, ora, sono ancora più vane. Non si trova una casa neanche a pagarla come l'oro. E il gelo è alle porte. Il freddo è già arrivato.


Lettera al Presidente Napolitano

Caro Presidente,

le cronache sulla sua visita di ieri nella nostra città, a cinque mesi dal terremoto del 6 aprile, parlano del calore con cui gli aquilani l'hanno accolta e riferiscono del conforto da lei espresso nel vedere, dopo tutto quello che è successo, “fiducia e gente sorridente” che “crede molto nelle istituzioni”. Altro, a parte le note di colore, non è stato riportato. Sappiamo che ha parlato con i responsabili della Protezione Civile, con i rappresentanti locali. Ha avuto modo di chiedere, di vedere e di informarsi. Ma non ha aggiunto altro.

E' vero caro Presidente. Noi, anche quelli che non erano lì a stringerle la mano o ad ascoltare l'inno di Mameli, crediamo molto nelle istituzioni. Anzi moltissimo. Perché per noi le istituzioni rappresentano la possibilità di affrontare insieme i problemi di una comunità per risolverli insieme. Quindi dato che di problemi, dal 6 aprile, ne abbiamo un po' più del normale, nelle istituzioni crediamo molto, anche perché ne abbiamo molto bisogno. Questo lei lo sa, lo ha visto. Ha visto la distruzione immensa. Sa, come tutti noi, che da un evento del genere non ci si riprende se non attraverso sforzi collettivi eccezionali e soprattutto attraverso le scelte giuste. Altrimenti, semplicemente, le città e i paesi muoiono.

Ha visto, caro Presidente, il sorriso riaffiorare su qualche volto degli abitanti di Onna. Perché dopo i troppi lutti e la sofferenza di cinque mesi di tenda, potranno avere un tetto nel piccolo villaggio di case di legno che sorge accanto al paese distrutto. Ha potuto capire, caro Presidente, che la speranza è nel poter riallacciare i fili spezzati con le persone e i luoghi. E' poter restare insieme e restare lì. Vicino alla tua casa rotta, o mezza rotta, smozzicata, scoperchiata, ma che è la tua casa. La speranza è di ricostruire la casa, la scuola, le strade e le piazze e di ritrovarsi insieme.

Ma sulla strada che dall'Aquila conduce ad Onna, caro Presidente, avrà visto anche il cantiere di Bazzano, dove si costruisce il più grande dei 19 nuovi insediamenti destinati ad ospitare chi ha perso la casa. E' il Piano C.A.S.E. (Comitati Antisismici Sostenibili Ecompatibili), voluto dalla istituzione Protezione Civile, previsto da un decreto legge dell'istituzione Governo, convertito in legge dall'istituzione Parlamento, approvato con il sostegno convinto dell'istituzione Regione Abruzzo e con l'avallo delle istituzioni Provincia e Comune dell'Aquila. E questa è tutta un'altra storia. Ed è, purtroppo, quella vera che nulla ha a che vedere con la vicenda di Onna, è il suo contrario.

Il Piano era già pronto, ambizioso e innovativo: per la prima volta gli sfollati non sarebbero stati ridotti in roulotte o container ma, dopo qualche tempo in tenda, avrebbero avuto direttamente case vere, antisismiche, ecologiche e con tutti i comfort. Circa 5.000 abitazioni per circa 15.000 persone, che vi avrebbero abitato il tempo necessario a ricostruire la propria casa.

Così 30 mila persone sono state tenute in tenda per cinque mesi e altrettante, lontane negli alberghi della costa abruzzese, perché tutti, in autunno, avrebbero potuto avere un tetto: chi riparando i danni lievi della propria abitazione, chi trovando posto nelle nuove C.A.S.E.. Ma, caro Presidente, non è andata così. Non gliel'hanno detto?

Le tende hanno cominciato a toglierle davvero, solo che le case danneggiate non sono state riparate e le C.A.S.E., quando saranno tutte consegnate (dicembre? febbraio? aprile?), non basteranno. Per cui le persone dalle tende vengono trasportate in caserma o in albergo - la destinazione viene comunicata poco prima in modo da ridurre il rischio di rimostranze. Gli alberghi dell'aquilano sono pieni e quindi decine di migliaia di persone dovranno essere piazzate in altri territori e province. Chi ha la fortuna di avere ancora lavoro a L'Aquila o ha un figlio da mandare a scuola, potrà viaggiare con mezzi propri o autobus navetta, questi – pare – messi a disposizione dalle istituzioni. Gli altri staranno lì in attesa degli eventi.

Questa è la storia di una devastazione annunciata, caro Presidente. Lo smembramento delle comunità, praticato all'indomani del terremoto, viene proseguito dopo cinque mesi e perpetuato in quelli a venire. Perché non si è saputo e non si è voluto dare priorità alla ricostruzione ma alla costruzione del nuovo. E poi l'antico adagio resta valido: divide et impera. Se vuoi comandare sulle persone, tienile separate. Nei campi tenda, dove le persone per forza stanno insieme, è vietato distribuire volantini, è vietato riunirsi e discutere liberamente. I diritti e le libertà costituzionali, caro Presidente.

Con tutte le nostre forze, da subito, abbiamo chiesto alle istituzioni che venissero risparmiate sofferenze, denaro pubblico e le bellezze del territorio, ricorrendo a case di legno, prefabbricati e simili. Soluzioni rapide (4 settimane per averle pronte), economiche (un terzo di una C.A.S.A.), dignitose, sicure, che permettono di restare vicini nel proprio territorio da ricostruire e che possono essere rimosse quando non serviranno più. Ma non c'è stato nulla da fare. Le istituzioni non hanno voluto ascoltare.
Bisogna costruire le nuove C.A.S.E. 24 ore al giorno, spendendo tutti i soldi che ci sono davvero - oltre 700 mil. di euro - e usando pure quelli donati dagli italiani. Tirando su, in tutta fretta, insediamenti che saranno definitivi, dove capita, senza logica urbanistica, senza minimamente rispettare criteri di prossimità ai nuclei precedenti. Intanto, tutto il resto, con l'inverno alle porte, è fermo. Il riparabile non viene riparato, il centro storico resta immerso in un silenzio spettrale. Perché?

Che farebbe lei caro Presidente, se a cinque mesi dal terremoto non sapesse dove trovare una sistemazione per la sua famiglia, una scuola per i suoi figli, un lavoro che ha perso? Se non avesse la minima idea di come e quando potrà riparare la sua casa, ammesso che ne abbia ancora una? Molti, troppi, non hanno potuto fare altro che andare via. Accettare che, almeno per un po', a L'Aquila non è possibile tornare. Ma se non ora, dopo cinque mesi, quando? Lo spopolamento in atto, diventerà progressivo e definitivo se qualcosa di importante non cambierà e subito.
Tutto questo l'abbiamo denunciato, chiesto, urlato, ogni volta che abbiamo potuto e come abbiamo potuto. Di tutto questo nessuno le ha detto nulla? Perché nemmeno una perplessità, un dubbio nelle sue parole di ieri sulle scelte fatte?

Caro Presidente, ha ragione, noi ci crediamo davvero nelle istituzioni. Eppure si sbaglia, caro Presidente, perché di fiducia non ce n'è più. La supponenza, l'arroganza, l'ignoranza, la complicità, gli interessi inconfessabili, l'incapacità e l'inettitudine logorano la fiducia nelle istituzioni. Come pure il silenzio.

Comitato Rete-Aq, Campagna 100%,
Ricostruzione – Trasparenza – Partecipazione

mercoledì 9 settembre 2009

Parlano gli Aquilani



Pare che il mio dichiararmi comunista attiri gli strali di quanti affermano che la mia analisi dei fatti non è obiettiva.Non mi meraviglio che ciò accada, in un Paese dove anche i vescovi vengono accusati di essere comunisti. Si tende a stigmatizzare tutto ciò che è fuori dal pensiero unico.Riporto qui solo quello che vedo, e vivo, e sento. Esorto chiunque voglia farlo a portarmi fatti concreti che smentiscono le mie parole. Sono abituata da sempre a non vergognarmi delle mie idee, ad esserne fiera. Non faccio capo a nessuna organizzazione partitica, sono troppo anarchica perché ciò possa accadere. Ho le mie idee, non ideologie, che mi tengo ben strette. Non sono mai riuscita ad accettare passivamente ciò che ci viene imposto, in maniera più o meno occulta, dall'alto. Sono abituata a farmi delle domande. Ed a cercare di darmi delle risposte. Insomma, penso. Ma questo pare essere obsoleto ai giorni nostri. Detto ciò, vi illustro il video di Alberto Puliafito. Parlano le persone di qui, non quelli che guardano la televisione da lontano e sentenziano senza sapere. E parlano di C.A.S.E. e M.A.P. Le prime sono la new town voluta fortemente da Berlusconi e Bertolaso, case di legno montate su piattaforme antisismiche sovradimensionate, che potrebbero reggere i viadotti di un'autostrada, e che ci costano come case vere, ben 2.400 euro al metro quadro. Case dove non ci sarà concesso neanche di portare un asciugamani. Sono infatti completamente arredate e corredate. Appalti su appalti, anche per gli strofinacci di cucina.Le seconde sono le case mobili, quelle rimovibili, quelle che moltissimi di noi auspicavano come abitazioni provvisorie, in attesa di tornare nelle nostre, quelle vere. Lascio la parola alla mia gente. Prima, però, voglio presentarvi un'Aquilana, Enza Blundo, e riportarvi la sua testimonianza, lasciata in un commento su questo blog. Enza è un'insegnate, e mamma di cinque figli. Cattolica, lontanissima dal vituperato comunismo. Chiamiamola moderata. Non la conoscevo prima del sisma, ci siamo incontrate nelle varie manifestazioni ed assemblee. Enza non si è mai interessata di politica. E continua a non farlo. Parla solo di cose che sa e che vive sulla sua pelle.Ha aperto un blog di informazione per noi terremotati (http://www.cittadinixcittadini.blogspot.com/). E' donna concreta ed attiva. Non obnubilata dall'ideologia, come alcuni dicono di me.

“Anna io condivido il tuo sogno e, per realizzarlo, ho anche messo su un blog informativo di tutte le iniziative fatte dalla conferenza dei comitati sin da maggio, consapevoli di questo fallimento del piano C.A.S.E.e del suo eccessivo costo. Basti pensare che le spese sostenute per l’assistenza ai cittadini negli alberghi e nelle tende, da maggio a settembre, sono state di circa 308 milioni di euro e che, a parità di spesa, potevano essere allestiti circa 6.200.MAP per 21.000 cittadini insediabili, con un utilizzo temporaneo di terreno di 860.000.mq, oppure circa 3.200 moduli removibili, per 12.000 cittadini insediabili, con un utilizzo temporaneo di terreno di 519.000.mq. Ciò avrebbe permesso a fine settembre il rientro di un totale di 21.000 cittadini e, con una maggiore attenzione alle opportunità di lavoro, annessa ad un eventuale salario sociale per i più bisognosi, si sarebbe favorita anche la ripresa economica. Io avevo paventato l'aumento del piano C.A.S.E. e per questo avevo chiesto di non dare quella preferenza agli alloggi C.A.S.E., ed ora invece ,nonostante siamo stati 5000 ad allegare lettere di non preferenza, e nonostante la pubblicazione dell'articolo sul censimento che qualcuno ha già riportato sul tuo blog, hanno deciso di ampliarlo. Il sogno non si spegne e con la speranza di unirci tutti noi Aquilani, per rinforzare e raddrizzare la nostra amministrazione locale, che secondo me ha prestato il fianco a tutta questa speculazione,ho inserito un sondaggio per far andare avanti il documento della partecipazione della conferenza dei comitati. Però gli Aquilani che ci seguono e che possono seguirci sulla rete,come sai, sono pochi. Comunque, come ha scritto Francesca Fabris, per noi la Speranza è l'ultima a morire. E noi continuiamo a sperare.”

martedì 8 settembre 2009

Le immagini



Alberto Puliafito è un giovane giornalista torinese. Se ne sono visti pochi come lui da queste parti. Credo che sia l'unico che si è trasferito qui,dormendo in tenda, e vivendo con noi la nostra realtà da più di tre mesi. Parla per immagini. E attraverso i volti e le parole della nostra gente. Ha raccolto tantissimo materiale, è instancabile. E non ha padroni. Preparerà un documentario sulla nostra realtà. Ed io vorrei che questo documento raggiungesse il maggior numero possibile di Italiani. E che varcasse anche i confini del nostro Paese. Da oggi, i miei scritti saranno accompagnati dalle sue immagini che altro non fanno che raccontarvi quello che io vi racconto dal 6 aprile. Non rispetterò un ordine cronologico, a quello penserà lui quando monterà il suo lavoro.

lunedì 7 settembre 2009

Ancora bugie

Sono impegnata con il trasloco delle mie masserizie dal centro storico in un magazzino preso in affitto. Ed è compito doloroso. Tutta la vita che ti passa davanti. E sai che è spezzata. Per qualche giorno non avrò tempo di seguire il blog come vorrei. Ma sono qui e vedo, e registro nella mente, e vi racconterò. Ieri il presidente Napolitano è venuto a L'Aquila per il concerto di Muti. Avevo il biglietto, ma non sono andata. Sapevo che sarebbe stata una farsa. Non immaginavo, però, che il presidente della repubblica italiana, colui che fui felicissima di vedere eletto, potesse mentire come Berlusconi. E' stato molto doloroso scoprire che anche lui contribuisce alla vergognosa bugia mediatica che ci vede protagonisti. Parla di persone con il morale alto, visi sorridenti, fiducia nelle istituzioni. Tutto ciò è falsissimo.E chiunque viene qui, o vive qui, può testimoniarlo. Qui regna la sfiducia e la disperazione. E lo spaesamento più totale. Il non sapere nulla di cosa sarà di noi. Non del futuro, ma domani. Vi lascio con un articolo scritto da Giustino Parisse, giornalista locale de Il Centro. Ha perso ad Onna i due figli ed il padre. Ve lo lascio per farvi capire che i visi sorridenti, qui, non possono esserci. Se non per le telecamere. E prezzolati.

"Due notti fa, dopo cinque mesi, ho fatto un sogno. E’ durato pochissimo. Forse lo stesso tempo della scossa del sei aprile: una ventina di secondi. In quel sogno ho rivisto, a casa mia, tutta la mia famiglia insieme. A un tratto ho detto a mia moglie: bisogna chiudere la finestra, ma vacci tu, perché loro, Domenico e Maria Paola, li vediamo ma non possono fare nulla, loro sono morti. Sogno finito.

Questo è il mio sei settembre: loro ci sono ma non possono fare più nulla. Forse quel sogno è nato dall’ennesimo percorso nel dolore. Venerdì mattina mi ha chiamato al cellulare un collega del Belgio. Era la prima volta che veniva all’Aquila e mi ha chiesto di aiutarlo a capire quello che era successo e soprattutto a che punto è la ricostruzione. Abbiamo girato un po’ e poi ho deciso di portarlo a Onna. Non nel nuovo villaggio (che ormai conoscono tutti), ma nel paese che non è più un paese ma solo cumulo di macerie. Sono andato di nuovo a casa mia. E’ sempre più triste. Erbacce, sassi, silenzio, il vento che muove la tenda appesa davanti alla finestra di quella che era la cucina. E poi quel divano sul quale guardavo la tv con i miei ragazzi. Quanta nostalgia per le risate con Homer e Burt Simpson, eroi di carta ma capaci anche di farti pensare. Per terra, sopra alle mattonelle che sono l’unica cosa non lesionata, c’è ancora una copia del Centro del 5 aprile con «La movida al ritmo delle scosse» l’articolo firmato dal collega Giuliano Di Tanna. E poi il camino che d’inverno faceva tanto calore (anche umano) e quella stanzetta ristrutturata anni fa, il tunnel come lo chiamava Domenico. Una volta il tunnel era una stalla con la porta che dava su via dei Calzolai. La porta l’avevo lasciata perché mi piaceva l’idea di uscire e stare “dentro” il mio paese.Lì c’erano le case di Maria e Giannina, due donne anziane che mi avevano visto crescere e che mi volevano bene. Nemmeno loro ci sono più.
Guardando in fondo al tunnel ho visto la luce. Nelle case terremotate la luce ti dice che c’è qualcosa che manca. Sì perché anche quella porta non c’è più. Travolta dalle ruspe che stanno togliendo i resti dell’orrore. Allora ho fatto il giro delle macerie, sono tornato su via Oppieti, sono andato all’angolo di via dei Calzolai. E’ quasi l’una. I vigili del fuoco sono a pranzo. Incrocio due ragazzi, due amici dei miei figli. Sono vicini alla loro casa segnata dalla scossa. Mi salutano e vanno via lungo la strada pavimentata dalla polvere. Via dei Calzolai, partendo da “ pee murije” (come in dialetto veniva indicato quell’incrocio - la frase significa “ai piedi del piccolo muro”), è irriconoscibile. Proprio davanti alla mia porticina è arrivato il lavoro dei vigili del fuoco. Più in là non si può andare, perché c’è una montagnola di sassi confusi. Mi avvicino."

domenica 6 settembre 2009

I deportati



In questa prima domenica di settembre, quando i terremotati, per parola del nostro premier, sarebbero dovuti entrati nelle c.a.s.e., lascio la parola agli Aquilani del campo di piazza d'Armi. Tornerò presto sull'argomento, sto raccogliendo ulteriori testimonianze, e cercherò di spiegarvi, e di capire io stessa, come mai queste persone non si ribellano.

giovedì 3 settembre 2009

L'efficienza della protezione civile

Ho deciso: il prossimo che mi dirà che la protezione civile è efficiente, nonostante ci abbia militarizzati, soffocati, imbrigliati, resi inermi e simili a pacchi da collocare a proprio piacimento, si prenderà un "mavaiaquelpaese" grande come una C.A.S.A. E forse anche un calcio in quel posto. Tutti sanno, anche il bambino di prima elementare alle prese con i problemini di matematica, che, per approntare delle casine per chi non ce le ha più, bisogna sapere quante sono le persone senza tetto, conoscere la composizione dei nuclei familiari e fare le divisioni e poi le moltiplicazioni. La protezione civile cosa ha fatto? Ha detto "facciamo le casine, sbrighiamoci sbrighiamoci". Quindi ha iniziato lavori ciclopici, con appalti da capogiro e, non si sa bene con quale criterio, ha operato frazionamenti tali da far pensare che tutti gli Aquilani abbiano famiglie numerosissime. I singoli? Le coppie? Le famiglie con un solo figlio? Ma no, è roba che a L'Aquila non esiste. Quando i cantieri erano già a buon punto e il premier era già venuto una quindicina di volte a mettere bandiere sui tetti e a promettere veline agli operai, solo allora, il primo agosto, dopo quattro mesi dal disastro,decide un censimento del fabbisogno abitativo degli sfollati. Fintecna, l'onnipresente, lo elabora e di cosa si rendono conto lor signori? Che non solo le case non bastano, ma che il taglio degli appartamenti è inadeguato per le esigenze delle famiglie aquilane. Quindi interpella le aziende che stanno costruendo, invitandole a trasformare i bilocali in monolocali e gli appartamenti per quattro e più persone in bilocali. Le ditte che stanno lavorando per garantirci un tetto sulla testa hanno risposto picche: sostengono di aver già acquistato i materiali per i progetti iniziali. 4.500 alloggi avrebbero dovuto ospitare 19.000 sfollati. Sta di fatto che ne entreranno, stante il rilevamento del numero dei componenti di ciascuna famiglia, 15.000. Ma gli sfollati con le case distrutte sono 36.000. Si arriva a 50.000 con quelli che hanno case che necessitano di lavori non strutturali, ma che hanno bisogno di un minimo di 24 mesi per le riparazioni.Perché così tanto tempo? Perchè le ordinanze dell'efficiente Bertolaso sono talemente astruse ed incomprensibili che nessun tecnico è capace di interpretarle. I malcapitati rivolgono domande, ma il plenipotenziario, forse ispirandosi al suo capo, non risponde. E intanto annuncia che le tendopoli andranno smantellate entro il mese di settembre. Dove deporterà gli attendati? Nelle caserme e negli alberghi della provincia. Dopo sei mesi in tenda. Vi rendete conto? Li ha tenuti a crepare, prima al freddo e poi al caldo, per centottanta giorni, per poi mandarli dove avrebbe potuto allocarli dalla prim'ora. Ma non è solo questo il problema. Non essendo sufficienti i moduli abitativi, scatena una guerra senza quartiere tra disgraziati. Nel frattempo premia coloro che si sono sistemati autonomamente, senza arrecargli problema alcuno, con cento euro al mese che, a cinque mesi dal sisma, sono arrivati solo per la prima mensilità e dichiara che aumenterà lo stratosferico contributo a ben duecento euro mensili, ma non chiarisce a partire da quando. Mi fermo qui, con le parole che Bertolaso, il nostro protettore, pronunciò la sera del 31 marzo 2009, qui a L'Aquila in una riunione convocata dal sindaco in seguito alla scossa del giorno precedente, magnitudo 4 della scala Richter, ultima di una serie durata tre mesi e che aveva già procurato considerevoli danni alle nostre abitazioni : "lo sciame sismico che interessa l’Aquila da circa tre mesi è un fenomeno geologico normale, che non è il preludio ad eventi sismici parossistici, anzi il lento e continuo scarico di energia, statistiche alla mano, fa prevedere un lento diradarsi dello sciame con piccole scosse non pericolose". Tutti sapete cosa è accaduto alle 3 e 32 del 6 aprile 2009, sei giorni dopo.

mercoledì 2 settembre 2009

Uomini o caporali?

Di ritorno a L'Aquila, da ieri mattina, sono di nuovo in pianta stabile nel mio minuscolo container. Immagino di potervi restare fino alla fine di settembre, poi bisognerà trovare una soluzione alternativa. Tante le cose da dire, scelgo, però, di parlarvi di sensazioni. Le mie. Questo blog non ha mai preteso di avere un taglio giornalistico, ma semplicemente di raccontare quello che vedo ed interpreto secondo il mio punto di vista. Che può essere fallibile, ma che trae spunto solo da fatti veri e riscontrabili. La prima cosa che ho visto (come non vederle?), uscendo dall'autostrada, sono state le C.A.S.E. I lavori procedono speditamente. Alcuni cantieri sono in dirittura di arrivo, altri sono sorti. Si sta lavorando su tutte le diciannove aree rese edificabili. L'impatto è quello della periferia più triste che potete immaginare nelle grandi città. Casoni enormi, con finestre come alveari. So però, e questo devo dirlo ad onor del vero, che per molti sono belle ed appetibili. Chi ama le città antiche, come me, non potrà mai apprezzare quello che ritiene uno scempio che offende la vista ed il cuore. E che ci toglie il verde delle nostre campagne. Ma non tutte le sensibilità sono uguali. Questo devo accettarlo. Il centro storico, che ho potuto vedere anche nelle zone interdette, per aver accompagnato una cliente nel suo studio diroccato con dei vigili del fuoco compiacenti che hanno allungato il tragitto perchè potessimo vedere la nostra città, quella vera, è assolutamente devastato. Guardandolo dopo un paio di mesi, sempre più cadente,ho capito che sarà un'impresa molto ardua quella di rimetterlo in sesto. E, a parte le chiese, è ancora tutto abbandonato a se stesso. Con le macerie lasciate lì, e le strade ingombre. E il castello di carte che pian piano frana. La sensazione è quella che abbiano gettato la spugna ancor prima di iniziare. E che questa città sia diventata terra di conquista. Per avventurieri e persone legalizzate all'esproprio. Di Aquilani se ne vedono ancora pochi. Di facce nuove tantissime. E questo è il vero secondo terremoto. Questo dopo che fa dei miei luoghi un far west dei tempi moderni. Landa di desolazione per chi ama i luoghi, terra promessa per chi ne vede solo il tornaconto personale.Non esistendo più un posto dove poter incontrare le persone e tenere monitorata la situazione della comunità, uso come polso della città un ristorante di amici dove ci capita di passare alla sera per bere qualcosa e scambiare qualche chiacchiera. Era senz'altro il ristorante migliore della città. Rimasto illeso dal terremoto, ha riaperto subito i battenti. Con grande coraggio. Che è stato premiato. Ho potuto vedere, nel tempo, l'avvicendarsi dei clienti e cercare di trarre delle conclusioni. Inizialmente il novanta per cento delle persone sedute ai tavoli erano funzionari ed impiegati della protezione civile. Pasteggiavano arrivando tardi ed alzandosi tardissimo. Si lamentavano dei turni massacranti di lavoro, ma avevano un'aria di chi sta in vacanza: goliardismo, risate, foto di gruppo. I pochi clienti aquilani li guardavano attoniti, molti anche infastiditi da quel vociare ridanciano e dall'incessante squillo dei telefonini che sembrava invadere il nostro pesante lutto. Non lesinavano nell'ordinare pietanze e vini costosi. Godono di un'ottima diaria, oltre che del sostanzioso stipendio. Una sera, mente fumavo una sigaretta all'aperto, ho intrattenuto una breve conversazione con una funzionaria che ci teneva a dirmi che il terremoto non era stato voluto da loro e che le famiglie delle persone impegnate a proteggerci stavano andando in frantumi, poiché troppo lunghe erano le assenze. Mi astenni dal parlarle delle nostre di famiglie distrutte e del terremoto che neanche noi abbiamo voluto. E senza invidiabili diarie. Ieri sera ho notato, dopo parecchio tempo, un cambiamento nella tipologia degli astanti. Meno protezione civile, quella presente molto più sobria, e nutriti gruppi di Aquilani. Ci conosciamo tutti o quasi. Ebbene, quelli presenti in quel luogo erano per la maggior parte politici, sindaci e architetti ed ingegneri ballerini. Non ballerini che ballano, ma ballerini di quelli che passano con disinvoltura da uno schieramento politico all'altro. All'uopo. Il sindaco sta pensando ad un rimpasto della giunta, e di mettere dentro forze di destra. A quei tavoli, a mio avviso, si consumavano gli accordi. Oltre agli scampi dell' Adriatico. Sensazioni, lo avevo detto, vi parlo solo di sensazioni. Uscendo, guadagnando in un auto di fortuna il mio container, ché la nostra è in riparazione, ho pensato ad un film con Totò: " Siamo uomini o caporali?", anno 1955.
"L’umanità io l’ho divisa in due categorie di persone: uomini e caporali.La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali, per fortuna, è la minoranza. I caporali sono appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza averne l’autorità, l’abilità o l’intelligenza ,ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza.Dunque dottore ha capito? Caporale si nasce, non si diventa! A qualunque ceto essi appartengono, di qualunque nazione essi siano, ci faccia caso, hanno tutti la stessa faccia, le stesse espressioni, gli stessi modi. Pensano tutti all' istessa maniera!"