lunedì 27 settembre 2010

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Sono ancora lontana dall'Aquila. Tornerò a breve. Da qui, la mia città mi appare un incubo al quale, nonostante tutto, desidero tornare. La casa, quella nella quale vivo da qualche mese, mi appare estranea. Nulla mi invita a riaprirla. Né le cose che ho salvato dalla distruzione, né l'idea di un tetto per l'inverno. Sono estranea al mondo che mi circonda. Faccio finta di essere normale, ma non lo sono. Non si può più essere normali, dopo una disgrazia come quella che stiamo patendo. La sensazione è dell'instabilità totale: il sentirsi inadeguato ovunque. Meno che tra quelle montagne. Non fra quelle mura, ma su quella terra che è l'unica cosa che mi dice che i ricordi si possono ancora toccare.


lunedì 13 settembre 2010

Far chiarezza per guardare avanti

I simboli sono importanti. Tratteggiano il percorso delle idee e delle azioni.
Le carriole: segno di rinascita e di consapevolezza che ha valicato i confini della città terremotata. Assurgendo a prorompente simbolo di cittadinanza consapevole e attiva. E di speranza. Per molti.
Il tendone di piazza Duomo: simbolo anch'esso. Di azione che diventa sostanza. Spazio aperto alle proposte ed al confronto di idee.
Le carriole risorte dopo il letargo imposto dagli eventi e da chi in esse ravvisa un'aggregazione troppo destabilizzante per le istituzioni; il tendone sparito fisicamente. Non inaspettatamente. Poca chiarezza c'è stata: in pochi sapevano perché il tendone fosse lì. E chi per esso pagasse. Nell'aria c'era già il sentore che sarebbe stato rimosso. Il proprietario, imprenditore aquilano e cittadino attivo, ne ventilava la rimozione da tempo. L'ha messa in atto, giustamente dal solo punto di vista dell'imprenditore, venerdì scorso. Stanco dei malcelati dissapori interni e di alcune prese di posizione dure e decise. Che chiedevano, comunque, chiarezza. I cittadini attivi son rimasti spiazzati. Ed amareggiati. E' stato come perdere la casa per la seconda volta. E l'identità faticosamente conquistata. Ma l'Assemblea cittadina non è solo un luogo fisico. E', principalmente, la forza e la determinazione delle persone che la animano. L'Assemblea non muore. Va ripensata e ristrutturata con l'obiettivo dell'efficienza e dell'incisività. I cittadini attivi son cresciuti. Di numero ed in consapevolezza. E non si fermano. Si riuniranno mercoledì 15 settembre, sotto i portici della Banca D'Italia, alle ore 18, portando le sedie da "casa". La sedia che diventa nuovo simbolo. Di determinazione. Il centro storico non può essere abbandonato. L'Assemblea non può essere abbandonata. E le nubi, alimentate dal silenzio alle domande senza risposta, seppur più volte sollecitate, vanno fugate, superando il tipico perbenismo ipocrita di provincia.
Le cose vanno dette: l'Assemblea non è luogo di intrigo politico, né trampolino di lancio per ottenere incarichi e prebende,né strumento per portare avanti progetti che seguono iter oscuri e tortuosi che non contemplano la vera partecipazione della cittadinanza.
L'auspicio è che chi si sente ingiustamente chiamato in causa, da pericolosi quanto sterili detrattori esterni e da agenti interni che invitano, seppur duramente, alla riflessione ed alla trasparenza, chiarisca definitivamente. E pubblicamente.
Le stanze chiuse lasciamole ad altri.

sabato 4 settembre 2010

Parto

48.114 sono , a tutt'oggi, gli sfollati all'Aquila.
Meno di 15.000 hanno ricevuto un alloggio nelle case antisismiche del piano c.a.s.e.
25.852 persone se la cavano da sole.
Le rimanenti, circa 8.000, si trovano ancora negli alberghi e nelle caserme.
E la terra è tornata a tremare, ogni giorno.
Chi, come me, ha preso in affitto e vive una casa non antisismica trema.
Mi tornano alla mente le parole con le quali Bruno Vespa martellava i cittadini del presidio permanente di piazza Duomo, in collegamento differito con la sciagurata Porta a porta del 6 aprile di quest'anno: "erano meglio i container?" .E lo ripeteva a mo' di ritornello, sempre più incalzante. Sempre più ottuso.
Sì, Bruno Vespa, sarebbero stati meglio i container. Quelli di nuova generazione, quelli nei quali nel nord Europa si vive normalmente. E sarebbero stati per tutti. Costando un terzo del famigerato acronimo c.a.s.e. E la comunità non sarebbe disgregata. E oggi saremmo molto più sereni. Nell' attesa e nella speranza che le nostre case vengano ricostruite secondo le norme antisismiche.
E' di questi giorni la notizia che 1.339 alunni delle scuole dell'infanzia, delle primarie e delle secondarie di primo e secondo grado non hanno rinnovato l'iscrizione nelle scuole aquilane.
Solo un terzo delle attività commerciali, artigianali e professionali ha riaperto i battenti.
2.000 sono le attività chiuse.
Ed il centro storico è di nuovo sbarrato.Presidiato dai militari . Interdetto alla cittadinanza che, faticosamente, lo ha rivendicato. Anche se solo per un breve tratto.
I puntellamenti di case, chiese e palazzi, costosissimi, per i quali si è speso quasi come per il c.a.s.e, risultano inutili. 17 mesi sprecati. La città non è in sicurezza.
I cittadini iniziano a svendere gli immobili in centro. Ad un quinto del valore del mercato anti sisma.
In compenso i fitti delle case rimaste in piedi, o "rattoppate" , in periferia e nei paesini, sono raddoppiati. Nella migliore delle ipotesi.
Così lascio L'Aquila. E, ogni volta, il distacco è durissimo. E' come lasciare il congiunto morente. E temere di non trovarlo, al ritorno. Temere di perdere i suoi sguardi. E gli abbracci. E le parole.
Guarderò da lontano, cercando di capire meglio, anche l'opera dei cittadini responsabili. I miei compagni di lavoro. E di lotta.
A presto.