domenica 28 febbraio 2010

Partecipazione

Eravamo in 400, domenica 14 febbraio, a dire che, alle 3 e 32 del 6 aprile, noi non ridevamo. Eravamo in 1000, la scorsa domenica, a dire che L'Aquila è nostra. Eravamo in 6.000(dati della questura) oggi a dire"liberiamo L'Aquila dalle macerie". Ed a farlo fisicamente.I numeri parlano da soli. La voglia di partecipazione cresce a vista d'occhio. E siamo stati bravi, superato il nervosismo dei primi momenti, ad organizzare la catena umana che ha passato di mano in mano le macerie raccolte e differenziate in piazza Palazzo, sino alla piazza del Duomo. Corpi e braccia di uomini, donne,bambini che erano voglia di rinascita. E vita vera.Dopo tanta morte e desolazione.La consapevolezza di essere in numero sempre crescente, la percezione netta della volontà di partecipazione, della voglia di rimboccarci le maniche per dare il nostro contributo alla rinascita della città ci ha dipinto i volti di speranza. Ed i cuori di gioia. Siamo tanti, siamo uniti nelle nostre diversità. La lotta per il diritto alla partecipazione è appena iniziata. Ma, quando si sente che non si è più soli, si diventa forti. Le macerie della nostra disgrazia sono assurte, oggi, a simbolo di nuova vita. Gli Aquilani stanno mostrando il loro volto vero, la loro natura di popolo abituato ad affrontare e superare la sofferenza. Non è stata una protesta, ma la manifestazione della nostra volontà. Gli Aquilani, finalmente, ci sono.

mercoledì 24 febbraio 2010

Unirsi

Prima del terremoto, pur avvertendo fortissimo il legame con la mia terra, e provando un amore viscerale per il centro storico della mia città, che conosco pietra per pietra, e per i centri storici dei borghi medioevali del mio territorio, in realtà non avevo legami con la mia gente. E' un problema tutto aquilano: una comunità fatta di persone che si son sempre riunite in cerchie ristrette, e molto chiuse. Siamo per natura diffidenti, e gelosi dei nostri ambiti. Insomma, la tipica provincia italiana, con l'aggravante degli splendidi monti che, di certo, non contribuiscono a far spaziare sguardo e mente verso l'altro. Preferivo di gran lunga passeggiare nei boschi, piuttosto che, per dirla alla Moretti, girare, vedere gente,conoscere, fare cose. Insomma, il rapporto con i miei concittadini era di istintivo affetto, ma molto critico. E decisamente distante. Solo la città mi tratteneva in questi luoghi. Sentivo dentro di me che, pur asserendo da tempo che, prima o poi, sarei andata via, difficilmente avrei accettato il distacco. Ci stavo bene, mi sentivo dentro la mia pelle. Ora la città non c'è più. Diroccata, sola, buia. E infinitamente triste. Ma io ho riscoperto il senso di appartenenza alla mia gente. Ho conosciuto persone nuove, ho riallacciato rapporti sbiaditi dalla quotidanità. Mi sento di appartenere ad una grande famiglia di persone con le quali condivido i medesimi intenti. E lo stesso amore per i nostri luoghi. E la voglia di essere attivi in questa penosa condizione. Non è facile stare insieme. Idee ed approcci diversi. Ma un unico scopo. Perché vi dico ciò? Perchè credo che quello che accade qui, a me, a noi, dovrebbe accadere anche a voi. Immagino che molti di voi si sentano spaesati e sconsolati, e soli, di fronte alla schiacciante ed avvilente situazione che viviamo in Italia. Chi mi segue da tempo, da dopo il terremoto, dovrebbe fare tesoro della mia esperienza. Ero sola, lo ricorderete. Poi con pochissimi. Ora siamo di più. E cresceremo. Tutto sta ad iniziare. Ad uscire da quell'isolamento che ci imponiamo per soffrire meno. Unirsi sotto un'idea e con uno scopo condiviso non è impossibile. Vale la pena provarci. Iniziate con chi vi è più vicino. Gli altri verranno.Non aspettate un terremoto.


Vi lascio le immagini del nostro Luca Cococcetta. Eccoci, domenica scorsa,fra le nostre macerie.

domenica 21 febbraio 2010

Le mille chiavi della nostra vita



"Quello che posso dire é che io sono qui per fare il mio lavoro onestamente e non posso rispondere, ovviamente, dell'informazione a livello generale che il Tg1 ha fatto nel corso di questi dieci mesi dal terremoto. Posso solo dire che quello che ho visto all'Aquila, in questi giorni con i miei occhi, è molto più grave di come talvolta è stato rappresentato: migliaia di persone sono ancora in albergo, le case non bastano e la ricostruzione non è partita".
Parla Maria Luisa Busi, giornalista del TG1, squarciando il velo che ha deliberatamente oscurato la nostra reale condizione,in città per un servizio di TV7. Lo ha detto in risposta a chi contestava la sua testata, stamani, nel centro dell'Aquila. Eravamo in tanti, molti di più dei trecento della scorsa settimana. Mille e più.L'iniziativa era quella delle mille chiavi, quelle delle nostre abitazioni, da appendere alle transenne che ci vietano l'ingresso in centro storico. Iniziativa partita su Facebook, e passata di bocca in bocca. L'intenzione degli organizzatori non era quella di varcare la zona rossa. Sono fiera di aver per prima spostato la transenna e di aver poi incitato i miei concittadini a non fermarsi a Piazza Palazzo, ma a riappropriarci della nostra città. Titubanti, all'inizio, gli Aquilani hanno poi invaso pacificamente la città delle macerie. Quintali e quintali di macerie.Tantissimi le hanno viste per la prima volta. Capivo il loro sgomento. E le loro lacrime. Ma c'è stata una grande voglia di partecipazione. Persone che mi raggiungevano chiedendomi quali iniziative sono in programma. E che si facevano avanti per ricevere i volantini approntati per l'occasione e il foglio locale "Il Cratere", sul quale scriviamo noi Aquilani. Tanti hanno messo a disposizione la propria professionalità ,per poter costruire, insieme, realtà propositive in merito alla ricostruzione. Questo è quello che conta: le persone, la voglia di partecipare, la sana rabbia per quello che ci è stato fatto. Poco mi interessano le passerelle dei nostri amministratori, Sindaco e Presidente della Provincia. Dove erano quando si è perpetrato lo scempio e la speculazione sulla nostra terra? A conferire premi e tributi di stima a Bertolaso.Non serve ora cavalcare la popolazione, chiedendo un appoggio acritico. Noi c'eravamo, e SOLI, già dal 6 aprile.Ora siamo pronti a proporci quali interlocutori attivi per la ricostruzione delle nostre vite. E spero che vogliano fare i conti con noi, affidandoci un ruolo riconosciuto dalle amministrazioni.
Sono contenta, forse per la prima volta, da quel 6 aprile. La fiducia nel risveglio degli Aquilani, quella, nonostante tutto, non l'ho persa mai.

sabato 20 febbraio 2010

Anno Zero

E' sconsolante sentir parlare un Belpietro, ad Anno Zero, di new town in centro storico, a L'Aquila. E' sconsolante perché si comprende che si parla dei nostri luoghi senza conoscerli. E si riceve spazio senza contraddittorio, poiché le persone che dovrebbero avviarlo non conoscono la nostra realtà. E noi, cittadini responsabili, che potremmo illustrare i nostri problemi, conoscendoli molto bene, ci vediamo ridotti a cornice pittoresca. La troupe di Anno Zero è stata qui. Ha visitato con mio marito e me il centro storico. Ore ed ore di riprese. Senza i permessi necessari. Abbiamo rischiato nell' accompagnarli. Siamo stati anche fermati dalla polizia ed identificati. Ma le immagini erano talmente forti che andavano riprese, e gli stessi operatori erano sconcertati. E turbati. Si chiedevano come mai nulla di ciò che i loro occhi increduli vedevano mai fosse stato mostrato in televisione. E noi, qui, con i nostri problemi di sopravvivenza, con lo scempio degli appalti pilotati, percepito subito e nettamente, con la militarizzazione che sconvolge persino la Busi di Minzolini, arrivata per un servizio di TV7,a sentir parlare di centri benessere e di fisioterapiste. Noi che patiamo l'oscuramento dei media e che speriamo che, ora che i buoi son scappati, si riesca almeno ad individuare chi non ha chiuso la stalla, noi che chiediamo giustizia, verità, trasparenza, soprattutto nel futuro della ricostruzione vera,veniamo tacciati da Santoro quali esasperati dal terremoto. Noi siamo esasperati da chi ha gestito in maniera vergognosa il post terremoto. E dalle istituzioni locali che continuano sulla medesima falsa riga. Santoro ha gettato via le nostre parole. Tante. Ed avevamo profuso grandi energie per cercar di dare visibilità al dramma aquilano. Noi dovremmo avere il diritto di parlare alla pari con chi pretende di pontificare sulla nostra disgrazia. E di avere in tasca soluzioni che non esistono. Noi sapremmo cosa rispondere.

Vi allego il link per leggere una lettera aperta che Federico D'Orazio, giovane aquilano, ha scritto a Santoro http://stazionemir.wordpress.com/2010/02/20/in-che-mani-siamo/

venerdì 19 febbraio 2010

Basso impero

Càpita che chi è corresponsabile di corruzione e dovrebbe stare in galera, ma gode di impunità poiché si fregia di essere stato eletto dal popolo, possa dire, in odor di elezioni, "via le mele marce dalla politica". E annunci norme più severe per il reato in questione. Càpita che chi, ombra e braccio destro del primo, indagato anch'egli per corruzione e per turbativa d'asta, possa dire, turbato, "occorrono segnali di rinnovamento etico". Càpita che chi dovrebbe proteggere dalle calamità naturali e non lo fa, ma gestisce miliardi di euro di appalti, sia utilizzatore finale di fisioterapiste, fornite da un imprenditore dedito all'uso della corruzione per ottenere appalti. Càpita che rassegni dimissioni farsa. Prontamente respinte. E resti al suo posto di salvatore. Acclamato. E càpita che tutto scivoli addosso ai sudditi del basso impero dei satrapi, nell'Europa del ventunesimo secolo. C'è il festival di San Remo.
Gli Italiani non hanno più alcun senso civico. Né di appartenenza ad una collettività. Né dignità.
Né idee che non siano quelle,perniciose, che sfondano lo schermo televisivo.

lunedì 15 febbraio 2010

L'Aquila è degli Aquilani

Un gruppo di cittadini RESPONSABILI si riappropria della centro storico. Nel luogo simbolo della piazza del palazzo comunale.Tutto è iniziato come una passeggiata, un momento per incontrarci. Per abbracciarci. Per confrontarci. Per dire no agli sciacalli che sono venuti a speculare sulla nostra disgrazia.Poi la rabbia è montata. Vederci inibito il passaggio,in nome di un pericolo che per altre occasioni di facciata non viene contemplato, ci ha esasperati.E abbiamo forzato le transenne ed il posto di blocco. Gli altri Aquilani dov'erano? A guardare i telegiornali di regime? O la TV che annebbia la mente? A vedere Vespa che tace vergognosamente sulle menzogne che si dicono sulla sua città? Gli Aquilani DEVONO alzare il capo. La prossima volta dobbiamo essere di più. O poi di più ancora.
L'Aquila è nostra!

venerdì 12 febbraio 2010

Riassunto breve

Le cose io le ho raccontate dal di dentro. Lo sapete. Le ho percepite, le ho viste, le ho patite. Se la gestione del dopo terremoto fosse stata condotta linearmente, ed efficacemente, lo avrei detto. E ne sarei stata felice. Per me, per la cittadinanza tutta, per la mia terra. Ma le cose sono andate diversamente. Ed ho iniziato a capirlo subito. Lentamente la matassa si è dipanata sotto i miei occhi. Giorno dopo giorno la condizione si è andata delineando sempre più chiaramente. Scosse che duravano da mesi. Intense, meno intense. Le ultime prima del disastro, intensissime. E la netta volontà di minimizzare,di rassicurare, di ignorare gli allarmi,da parte di chi ci governa e di chi è preposto a salvaguardare le nostre vite. Il giorno dopo il disastro annunciato, il premier arriva qui e ci rassicura ancora: ricostruirà L'Aquila subito, con un progetto già pronto. Una nuova L'Aquila.E la città vera,devastata, dopo le prime immagini mostrate al mondo intero, viene blindata. Interdetta a noi ed alla vista di tutti. La popolazione viene sapientemente indotta ad abbandonare la propria terra. La si nasconde sotto l'ala protettrice della protezione civile: hotel lontani chilometri dal disastro, pronti ad accoglierli, non già per tamponare una prima emergenza. Il numero degli sfollati ancora in hotel ,oltre 16.000, dopo dieci mesi,parla chiaramente. Coloro che restano vengono accolti nei campi tenda, preparati velocemente. Restano in città, ma chiusi nell'ovattata atmosfera creata da chi tende a non farli pensare. E li blinda davanti al televisore. E li distrae con spettacoli di clown ed animatori. Pochi restano liberi, nella città fantasma. Quelli che hanno percepito. Quelli che vogliono vedere. E capire. E che tentano di organizzare una forma di resistenza al sopruso che si sta perpetrando. Ma sono tenuti sotto controllo. E neutralizzati. Viene loro impedito di comunicare con i concittadini nelle tende. L'operazione di comando e controllo è efficacissima. Si ottiene che gli Aquilani, sulla costa e nei campi, ricevano la medesima informazione, falsata, che passa nell'Italia intera: a L'Aquila si sta lavorando, tutto procede al meglio. E si inizia a lavorare davvero. Indisturbati. Per la prima volta nella storia dei terremoti italiani, la protezione civile gestisce la costruzione di alloggi definitivi.Si localizzano aree da espropriare. Lo si fa insieme con il Comune, ma non si capisce chi le sceglie. Non si rendono noti i contenuti dei pareri delle amministrazioni locali. E si inizia ad agire in deroga ad ogni legge dello stato italiano. In nome dell'emergenza. Si espropriano terreni agricoli, si salvano tutti quelli edificabili, o del demanio, o della curia. E iniziano gli appalti per quel progetto di case durevoli che trasforma L'Aquila in una città smembrata. Diciannove aree lontane l'una dall'altra. Si corre, in nome dei tempi ristretti. Qui il freddo arriva ad ottobre. Per la fine di settembre tutti nelle case, con un tetto sulla testa. Ma questo non accade. I tempi slittano per il G8 farsa, spostato da La Maddalena e arrivato qui a levare le castagne dal fuoco al protettore, ma a complicare la nostra precarissima sopravvivenza. A tempo record si inizia a costruire, si lavora anche di notte. Si ha fretta. E la protezione civile non fornisce alcun dato. Non è tenuta a dire come spende il danaro pubblico. Gli appalti sfociano in centinaia di subappalti, resi noti con il contagocce. E' impossibile controllare. Intanto negli hotel, come nelle tende, gli sfollati costano più di 1.500 euro a persona, al mese. E le case durevoli, di cartongesso, montate su piastre antisismiche, che sono colate e colate di calcestruzzo, costano più di 2.500 euro al mq. Ma il governo ha messo poco danaro su questo terremoto, e viene speso tutto sulle c.a.s.e. E sulla gestione dell'accoglienza degli sfollati. Il progetto della nuova L'Aquila, spacciato per risolutivo, in realtà sistemerà, quando sarà terminato,ché a febbraio ancora non lo è, solo 17.000 cittadini. A fronte degli oltre 50.000 senza casa. E, poichè il danaro è stato riservato solo alle new town, i lavori di ripristino delle abitazioni senza gravi danni strutturali non inizia. Si rendono farraginose le ordinanze. I tecnici stessi non le capiscono. Le banche non anticipano danaro. E tutto resta fermo. La città disabitata. Solo le c.a.s.e per pochi. E la cittadinanza addormentata. Comprata per un piatto di lenticchie. Dopo dieci mesi, in queste condizioni, con un città devastata nel suo tessuto urbano e sociale, ed economico, Guido Bertolaso se ne va. Dichiara terminata la fase di emergenza. Con 40.000 persone senza un tetto che possa chiamarsi casa. Non dovrei meravigliarmi se qualcuno che lui conosce bene, e con il quale intrattiene rapporti di vario tipo, la notte del 6 aprile 2009, sfregandosi le mani, come i cattivi dei film, abbia riso nel letto, pensando alla nostra emergenza. No, non dovrei meravigliarmi. Che si meraviglino e si indignino quanti, soprattutto qui, hanno dato credito a questa gestione. Che aprano, finalmente, gli occhi. E che le amministrazioni locali parlino, una volta per tutte. E dicano come davvero sono andate le cose. E' un atto dovuto a tutta la cittadinanza.

giovedì 11 febbraio 2010

La cricca di banditi

6 aprile 2009

"Alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c'è un terremoto al giorno"
"Lo so", e ride
"Per carità, poveracci"
"Va buò"
"Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto".

http://www.repubblica.it/cronaca/2010/02/11/news/il_grande_regno_dell_emergenza_il_personaggio-2254417/

mercoledì 10 febbraio 2010

Il Re Sole si dimette

Scrivo poche parole sull'onda dell'emozione. Quando si è gridato, invano, da dieci mesi, che qui a L'Aquila si è agito contro ogni regola, in nome dell'emergenza, concedendo appalti senza chiarezza alcuna e disponendo del danaro pubblico a proprio piacimento. Sperperandolo. Quando si è urlato che, per perpetrare tali ignominie, si è passati sulla testa di noi disgraziati, vittime di una tragedia immane. Quando si è stati oltraggiati anche dagli stessi concittadini che, non pensanti, si sono allineati con ciò che il governo ha voluto far passare quale azione meritoria di sostegno e che hanno eletto Bertolaso santo patrono del nostro terremoto. Quando si è stati isolati dalle amministrazioni locali che, vergognosamente, hanno prestato il fianco a che si facesse del nostro territorio terra di conquista per soggetti privi di scrupoli che ci hanno, per giunta, imposto un regime totalitario. Quando le stesse hanno persino provveduto ad insignire di un premio il nostro re sole, per i meriti guadagnati sul campo. Quando il presidente del consiglio annuncia l'assegnazione di un non meglio specificato dicastero, quale riconoscimento per la brillante conduzione della fase dell' emergenza aquilana. Ebbene, se si constata che le strette maglie della macchina da guerra della protezione civile si stanno allargando, e si inizia a sperare che la conduzione dell'emergenza a L'Aquila possa essere esaminata dalla magistratura, vien da piangere. Tirando un piccolo sospiro di sollievo. Forse un po' di giustizia esiste ancora.Una giustizia che indaghi lì dove, fino ad oggi, è stato vietato farlo dalla bieca arroganza di chi si rietiene legittimato a tutto.

venerdì 5 febbraio 2010

Presidio della memoria

Domani, 6 febbraio, saranno trascorsi dieci mesi da quella notte del 6 aprile. Come ogni mese, il comitato dei famigliari delle vittime del terremoto celebrerà la ricorrenza con una fiaccolata fino alla piazza del Duomo, nel cuore della nostra città distrutta ed impenetrabile. Vietata a noi cittadini, e sempre più sola e lontana. E deserta. La piazza vedrà una riunione di anime volenterose, che non vogliono dimenticare. E il dibattito sarà aperto a chi vorrà parlare e sentirsi ed essere attivo in questo frangente che ci vede sempre più oscurati. E ignorati. Per l'apertura dell'anno giudiziario il ministro Angelino Alfano è stato da noi. A far passerella. E a riempirsi la bocca di parole inutili. Quelle parole che non dicono nulla. Solidarietà ai parenti delle vittime. Ma nessuno o pochi sanno che i parenti, che protestavano contro il processo breve, sono stati relegati dalla digos a più di un chilometro di distanza dalla cittadella della guardia di finanza. Dove si consumava la farsa a beneficio delle telecamere. Non sono stati ammessi a dire le loro ragioni. Io ero lì, sotto il gelo e la pioggia battente. Ed ho pianto. Con loro. Di rabbia e di dolore. Il mio contributo a questa tristissima ricorrenza è parlarvi della lettera che due medici aquilani hanno scritto a Guido Bertolaso. Massimo Cinque, quella notte, ha perso i due figli, Davide e Matteo, di dieci e dodici anni, e la moglie Daniela. Vincenzo Vittorini ha perso la figlia Fabrizia, di dieci anni, e la moglie Claudia. La lettera è lunga, e parla di cosa si sarebbe potuto fare: principalmente informazione. Non allarmare, ma allertare i cittadini. E la lettera inchioda Bertolaso il quale ebbe a dichiarare il 14 agosto scorso, alla domanda su cosa si sarebbe potuto fare per evitare quelle morti, "parlerò il 31 dicembre nel momento in cui vi saluterò, dirò tutto ciò che penso anche su questo argomento. Oggi ritengo che non sia ancora opportuno. Anche perché voglio che lo sappiano tutti. Su ventiquattro ore al giorno ci penso ogni minuto." Il 31 dicembre è passato da un pezzo, e Bertolaso ha pensato a ben altro, piuttosto che ad onorare le sue promesse. Ecco le domande che, dopo dieci mesi, non hanno ancora risposta alcuna:
1.poteva essere fatto qualcosa, visto che il Mostro bussava alle nostre porte da quattro mesi?
2.si sarebbe potuto porre i cittadini in stato di allerta? (non già allarmare, ché avrebbe potuto causare più problemi dello stesso evento)
3.perché L'Aquila risulta in zona rischio sismico 2?
4. perché sono rimasti inascoltati gli studi sul rischio sismico del 1988 (Panone) del 1999 (Barberi) e del 2006 (Abruzzo Engineering)?
5.perchè non sono stati effettuati i controlli in base ai suddetti studi e , di conseguenza, non si sono fatte le opere di messa in sicurezza, prima che arrivasse il Mostro?
6.perchè non allertare sapendo, proprio in base a questi studi, che L'Aquila era in pericolo in caso di sisma di notevole intensità?
A Bertolaso, come a chi lo comanda, non piace rispondere alle domande. A lui piace dare ordini che vengano rispettati senza essere messi in discussione. Ma sa bene ammantarsi di abominevole populismo. Per cercare il consenso delle folle.
Compito primario del dipartimento di protezione civile, che lui comanda ancora, è quello di prevenire e prevedere le calamità. Ma il re Sole preferisce gestire centinaia di milioni di euro. Intervenendo quando il disastro è avvenuto. E non solo a L'Aquila.

mercoledì 3 febbraio 2010

Massima attenzione



L'Osservatorio civile nasce a L'Aquila il 23 gennaio 2010, a seguito di una partecipatissima assemblea indetta dal comitato 3e32 per opporsi alla Protezione civile s.p.a. Nell'assemblea si sono confrontati comitati, associazioni, sindacati e rappresentanti politici, giornalisti, che analizzano la trasformazione della Protezione Civile da strumento di autoprotezione dei cittadini a governo parallelo e autoritario del Paese, grazie ai poteri straordinari delle ordinanze. Dall'assemblea nasce l'idea di lanciare un appello nazionale contro la Spa. Osservatorio civile è uno strumento di questa campagna. Ma non solo. Vuole essere uno spazio di documentazione sulla trasformazione della Protezione civile e sull'involuzione autoritaria del Paese.
http://www.osservatoriocivile.org/
Vi chiedo di visitare il sito. Le notizie non sono rincuoranti. Fatelo prendendovi i vostri tempi, ma cercate di farlo. Guardate anche la sezione video http://www.osservatoriocivile.org/?page_id=72
Capirete che il pericolo non esiste solo là dove c'è emergenza. Il pericolo è reale ed è quello che vede calpestata la democrazia. E azzerati i diritti della popolazione. E può accadere dovunque. A chiunque. Non vediamolo come un problema lontano da noi. Qui a L'Aquila sono state fatte le prove generali. E c'è bisogno di far conoscere, poichè la cosa passa inosservata ai più. Anche a coloro che abitualmente si informano.
Firmate poi, se lo riterrete opportuno, la petizione, il banner della quale trovate in alto, nella colonna a lato di questo blog.

lunedì 1 febbraio 2010

Il cemento dell'addio




Ho la nausea. Il giornale Il Centro in mano. Ed ho la nausea. Per varie ragioni. Perché mi sento presa in giro. Ebbene sì, anche io ci son caduta. Ve ne ho parlato. Piazza d'Armi che diviene luogo di culto ed accoglienza. La mensa per i poveri. Che bravi, mi son detta. Riaprono la mensa di Celestino che preparava cinquanta pasti caldi al giorno, per i nostri indigenti. Mi ero soffermata sul solito appalto fornito senza gara pubblica, ma non avevo colto la gravità della situazione. Quando si parla di poveri, chi può scagliare la prima pietra? Quando si parla di beneficienza, chi può opporre dei veti? Ma poi inizio a pensare. Perché mai Il Centro fa una raccolta di fondi per i terremotati aquilani e poi decide di destinarli alla chiesa? Lo sapevano coloro che hanno fatto le donazioni?Perché mai un'area destinata a verde pubblico, con un progetto, cavallo di battaglia del programma elettorale del sindaco Cialente, che la vedeva spazio sociale, passa di colpo a destinazione ecclesiastica? Come mai la Curia, che non ha visto espropriato uno solo dei suoi terreni, si appropria di ciò che il Comune ha acquistato per dare alla città un luogo di incontro per la popolazione? Tutto ciò assume connotati ancora più marcati, visto alla luce del post terremoto, quando la nostra comunità vede ridotti a zero gli spazi sociali e di aggregazione. Ma Bertolaso ha lasciato la firma, prima di andar via. Ai consiglieri comunali che bloccano il progetto, ai cittadini che rivendicano i propri diritti dice "La mensa dei poveri si fa a piazza d’Armi, punto e basta. In passato sono stato criticato per aver preso decisioni da solo con scarso senso democratico. Una volta tanto lo faccio veramente. Se è vero che per le prossime 72 ore sono ancora io al comando, posso assicurare che la mensa si farà secondo il proggetto previsto”. E la cementificazione inizia in tempi record.Nonostante il cantiere sia bloccato, la ditta Meraviglia inizia la gettata , e lo fa di notte, la notte del 28 gennaio. Cemento armato a quintali, le foto parlano da sole. Cinquemila metriquadri.Eppure la curia ne avrebbe di spazi per ospitare i sei fraticelli e la mensa. E di chiese in piedi ce ne sono. Ma Piazza d' Armi fa gola. Ormai è il fulcro di quel che rimane della nostra città.Il sindaco Cialente, senza vergogna alcuna, avalla. E priva i suoi cittadini di ciò che spetta loro di diritto. E lo stato italiano paga con il denaro dei contribuenti un'opera che non rientra nell'emergenza terremoto, se non per andare in barba ad ogni legge vigente. Un'opera che va a dare denaro a chi ne ha già tanto. Un bel regalo per la curia aquilana. E Bertolaso affida al giornalaccio in questione la sua lettera di addio agli Aquilani. E lì la mia nausea aumenta. Retorica a quintali, come il cemento. Sei colonne fitte di luoghi comuni e di sentimentalismo spicciolo. Ma un passaggio va riportato. Bertolaso ci ha seguiti con regolarità nelle nostre analisi. Ignorandoci. Chi detiene il potere assoluto può permettersi di asserire:"con regolarità abbiamo letto le critiche di chi ha visto nel nostro agire intenzioni di potere, una sorta di occupazione dell'Abruzzo, un prevaricare l'ordine democraticamente stabilito, oppure una ragione di vantaggio e di visibilità politica e di parte, tirata in lungo perché redditizia in termini di consenso, oppure ancora l'intenzione di non mollare le redini ed i vantaggi di una grande operazione economica. Chi ha seguito le vicende aquilane.....sa che non ho reagito, non ho perso mai tempo a star dietro a questo rituale mediatico dello scontro a tutti i costi. Siamo riusciti a L'Aquila nell'obbiettivo di realizzare un solido consenso bipartisan sulla necessità di fare presto e bene ciò che serviva alla popolazione per raggiungere almeno il punto in cui poter tirare il fiato, con i bisogni essenziali soddisfatti...." E qui dovrei riportare di nuovo i dati, quelli che parlano della metà della popolazione che si è organizzata da sola e dei quindicimila ancora negli alberghi e dei pochi, ribadisco pochi, che hanno trovato alloggio nelle c.a.s.e. Intanto la popolazione va avanti spaesata ed inebetita. E succube. Senza guida, senza punti di riferimento. In coda nel traffico caotico, nelle case dormitorio tutte uguali, negli alloggi di fortuna. La patata bollente passa a Chiodi e Cialente. Bertolaso ha pensato alla costruzione per pochi, i dolori della ricostruzione saranno di personaggi politici di poco spessore. Non si sa se coinvolgeranno la popolazione sopita. Non si sa se coinvolgeranno quella attiva. E si son persi dieci mesi. Che qualcuno ce la mandi buona.