mercoledì 30 dicembre 2009

Di spazzatura e di doni

Dando per scontato che in uno Stato nel quale si pagano le tasse è un diritto avere dei servizi, facciamo un esempio. Vi ammalate ed avete bisogno di cure. Andate, quindi, dal vostro medico di base. Se questi vi cura a dovere, immagino che non vi sentiate in obbligo di chinare il capo e ringraziare per aver fatto ciò per cui è pagato. E continuo ad immaginare che non riteniate voi stessi fortunati per aver usufruito del servizio pubblico. Se il medico, a vostro ed altrui giudizio, si è comportato male e vi ha imposto cure che non ritenete idonee al vostro stato di salute, siete nel pieno diritto di denunciarlo. Continuiamo. Se vostro figlio va a scuola, immagino che non vi sentiate così tanto riconoscenti allo Stato italiano da accettare a capo chino, come grazia piovuta dal cielo, ogni comportamento che ritenete errato da parte del corpo insegnante ed ausiliario. Mi domando se vi piacerebbe sentirvi dire " di cosa ti lamenti? pensa ai poveri bimbi africani che non hanno scuole!"Ancora: quando vedete i camion portare via la spazzatura dai cassonetti che avete contribuito a riempire,immagino non vi sentiate incondizionatamente riconoscenti ai netturbini che svolgono un lavoro che voi pagate con le vostre tasse. Potrei continuare con altri paradigmi, ma mi fermo qui, poiché immagino abbiate capito dove voglio arrivare. Il medico, o il direttore scolastico, o anche il netturbino potrebbero essere, però, molto scaltri ed indurvi a pensare che quello che è un diritto è, invece, un dono. Come potrebbero fare? Prendiamo l'esempio del netturbino. Potrebbe dirvi che siete fortunatissimi perché in altre città d'Italia la spazzatura staziona a lungo nei cassonetti, prima di essere portata via. Addirittura mesi, con tutte le sue maleodoranti conseguenze.Quindi non è il caso di lamentarsi. Potreste, allora, sentirvi fortunati perché, pur avendone diritto, non vivete il problema che altri vivono. Immaginate ora che vediate rimossa la spazzatura dal cassonetto vicino casa vostra, e invece quella del cassonetto di un altro quartiere marcire sotto il sole. Iniziereste a pensare di essere fortunatissimi e destinatari non di un diritto acquisito attraverso il pagamento delle tasse, ma di un regalo. Questo netturbino è proprio buono con me, pensereste. Immaginate che abbiate un anelito di giustizia e chiediate al netturbino come mai altri concittadini non hanno la vostra stessa fortuna. Il netturbino potrebbe rispondervi che non sono domande da fare: decide lui come, quando ed a chi svolgere il servizio. Immaginate che ve lo dica con volto sorridente, ma con fare perentorio ed insindacabile. Molti penserebbero che sarebbe meglio non urtare la sua suscettibilità. Domani potrebbe decidere di non pulire più il loro cassonetto. I doni devono essere apprezzati e non giudicati. Immaginate ancora che vediate il vostro cassonetto non svuotato per mesi e pensate al solito netturbino che vi dice "domani, forse". Ma domani, nulla. La spazzatura continua ad accumularsi e lui continua a dire che ne discuterà personalmente col capo netturbino. Sono grandi amici e sodàli. E passa il tempo.A ridosso del Natale, toglierà un po' di quel pattume. Il puzzo sarà diminuito, pur essendoci ancora, e molto. Ma a voi sembrerà, comunque, un regalo. E vi sentirete, spinti anche dall'ignoranza dei fatti di molti compatrioti, in dovere di ringraziare a capo chino.

Buon anno amici miei. Che i giorni nuovi vi portino tanta serenità.

Ah, c'è bisogno che vi dica chi è il netturbino, e chi il capo dei netturbini?E chi voi?

sabato 26 dicembre 2009

Il miracolo italiano


E' Natale. So che non dovrei rattristare i miei lettori. Ma queste immagini devono essere viste. Federico D'Orazio è un giovane studente che si sta laureando in medicina. Sua madre, Maurizia Marchetti, è insegnante di filosofia al Liceo Classico di L'Aquila. La loro casa è categoria E, fortemente lesionata. Ma vorrebbero tornare presto ad abitarla. Il miracolo italiano ha concesso loro in comodato d'uso questo appartamento. Appartamento che costa ai contribuenti italiani circa ottantamila euro. Mi domando se non sarebbe stato meglio collocarli in un container e spendere il danaro per ricostruire la loro vera casa. Le nostre case vere marciscono sotto le intemperie. Le case finte sono quelle che vedete nel video.
Buon Natale Federico e Maurizia. Siete nel mio cuore.

giovedì 24 dicembre 2009

Grazie

Questo è un augurio ed un ringraziamento a tutti voi che mi seguite, numerosissimi, dal 6 aprile. Ed a quanti, amici blogger di vecchia data, hanno continuato a leggermi ed a volermi bene. Grazie a voi, grazie anche a questo blog, sono riuscita a superare momenti durissimi. Di dolore, di disperazione, di impotenza. Ho gridato, ho pianto, ho sperato,ho raccontato insieme con tutti voi.
Siete un bene prezioso. Per me. Per gli Aquilani.

domenica 20 dicembre 2009

Torno bimba

Caro Babbo Natale,

mai ti ho scritto, neanche quando ero bambina. Ai miei tempi scrivevo alla Befana. E chiedevo cose utili. L'inutile non poteva essere persino desiderato. E allora erano libri, e quaderni. E quel maglioncino caldo. O le scarpe, ché le vecchie erano rotte. E si prometteva, in cambio, di essere buoni. Non si chiedevano cose impossibili da ricevere. Non voglio chiederle a te. Neanche oggi che son grande. Non ti chiedo di ridarmi la mia città come era, so che non puoi farlo. So che non posso chiederti di svegliarmi, il 25 mattina, e di trovare tutto come prima. La mia casa calda ed accogliente. La mia città fredda e meravigliosa. Tutti che dormono ancora ed io a ravviare le ceneri ancora vive ed a rassettare i fasti del cenone. I regali scartati sotto l'albero e la vita che scorre tranquilla. Guardare dalla vetrata la fuga dei tetti intatti. E la città che si sveglia pigramente nel giorno di festa. E sentire i rumori. E le voci. Uscire con la spazzatura da gettare e far scivolare lo sguardo sui selci della mia L'Aquila. E assaporare l'aria carica dell'odore dei camini . E le luci della notte ancora accese. E le prime campane. E poi la gente. E la vita. Voglio, invece, chiederti una cosa possibile, ma difficile. Vorrei che gli Aquilani alzassero il capo. E scoprissero di essere quel popolo fiero che ci dicono di essere. Vorrei che sentissero che possono farcela. Non chiudendosi in se stessi. Individualmente. Nella disperazione.E nella rassegnazione di fronte a qualcosa che sentono più grande di loro. O, peggio ancora, nella ristretta visuale del proprio orticello da coltivare. Senza pensare a quello degli altri. Senza sentire che l'ingiustizia perpetrata sul vicino è un'ingiustizia perpetrata su tutti.Vorrei che capissero che solo insieme si può rinascere. Facendo progetti. Ed avendo sogni. Nei quali credere tenacemente. Credere che uniti si possa vincere su chi pretende di decidere per noi. Indicare vie di uscita, condivise. Partecipare. Ecco, Babbo Natale, ti chiedo di infondere negli Aquilani il desiderio profondo di partecipazione. Partendo dalle piccole cose. Anche dai bisogni primari. Partendo dal privato che diventa momento di condivisione. E preziosa esperienza da aggiungere a quella degli altri. Incontrarsi e parlare. E progettare. E crederci. E allargare pian piano le ali. Per poi, non importa quando, anche fra tanto, iniziare a volare.

martedì 15 dicembre 2009

Giano bifronte

La Provincia di L'Aquila, nella persona della Presidente Stefania Pezzopane, ha consegnato stamani a Guido Bertolaso il premio "Guerriero di Capestrano 2009", per l’impegno profuso in favore de L’Aquila durante i mesi di emergenza post-sisma.
Siamo alla quarta edizione. Negli scorsi anni il riconoscimento è stato conferito a quanti si sono distinti nel campo dell'archeologia, della poesia, della narrativa ed ai politici impegnati nel settore culturale. Immagino che quest'anno la Provincia abbia avuto ben altro a cui pensare che indire concorsi e formare giurie. Quale migliore occasione per insignire, senza concorso alcuno, il capo della Protezione Civile? In emergenza si agisce d'emergenza.Sono perplessa. E non capisco. Non più tardi di cinque giorni fa, la Presidente, insieme con il Sindaco, chiamava alle armi il popolo aquilano per manifestare a Roma contro le tasse,reintrodotte per i terremotati, e contro la gestione fallimentare del dopo sisma. Puntualmente ha citato tutti i punti dolenti della nostra tragica situazione. Dal mancato alloggio per i senza tetto, all'economia disastrata e alla mancanza di piani e danaro per la vera ricostruzione. Oggi si premia Bertolaso e gli si apre la strada per ricevere la cittadinanza onoraria. La signora Pezzopane mi appare fortemente confusa. O forse no. A marzo si voterà per rinnovare la presidenza della provincia. Ed è bene prendere voti da una parte e dall'altra, per non restare invisi ad alcuno. Bertolaso lo ha detto chiaramente stamani :" tutte le decisioni sono state prese, democraticamante, in comune accordo con le amministrazioni. Una volta deciso, non si è guardato in faccia nessuno".
I nostri amministratori, entrambi PD, hanno annuito. I nostri amministratori non hanno esercitato la democrazia, mai consultando i cittadini che numerose volte si sono posti propositivamente nei loro confronti. I nostri amministratori hanno permesso alla protezione civile di agire indisturbata sul nostro territorio. E ci hanno estromessi. Ora, in vista delle elezioni, si tenta di cavalcare i due fronti: quello del potere e quello della popolazione che vive sulla propria pelle la drammaticità della gestione del territorio e degli esseri umani. La mia ultima osservazione scaturisce dalla perplessità nel constatare che si premia chi è coinvolto nell'indagine della magistratura per il mancato allarme e per l'assenza di un piano di emergenza e di evacuazione della nostra città. Sarebbe stato opportuno lasciar lavorare i giudici, iniziare poi a vedere anche un timido segno di rinascita della città, vedere gli Aquilani con un tetto sulla testa, prima di affrettarsi a consegnare premi ed onorificenze. Ma le elezioni incalzano.
A rischio di diventare ripetitiva, pubblico i dati aggiornati. Dati che parlano da soli:
8.400 sono i cittadini nelle C.A.S.E.;
18.000 si autogestiscono, senza contributo da parte dello stato, poiché l'esigua somma di danaro, promessa dalla protezione civile quale contributo di autonoma sistemazione, è ferma al mese di agosto;
20.000 sono le persone assistite negli alberghi e nelle case;
nessun dato si ha degli invisibili, coloro, cioè, rientrati nelle case agibili, parzialmente agibili, pericolanti o in camper, roulotte, casette in legno e container comprati a proprie spese.
Tutto questo è stato scritto dall'associazione "Cittadini per i cittadini" su un volantino che abbiamo distribuito alla premiazione. Personalmente l'ho consegnato al Sindaco, alla Presidente della Provincia ed al dottor Bertolaso.

domenica 13 dicembre 2009

L'Aquila si manifesta

Ci siamo. L'associazione "Cittadini per i cittadini" si è finalmente costituita. Ed io mi pregio di essere uno dei soci fondatori. Siamo un gruppo di Aquilani animati dalle stesse idee, dal medesimo desiderio di far rinascere la nostra città dal basso. Partecipazione, trasparenza e legalità. E vogliamo essere cittadini al servizio di altri cittadini. Nel mutuo soccorso. Tutti uniti nel sogno di far rivivere una città migliore di quella che ci ha lasciato il 6 aprile. Per ora non abbiamo ancora una sede ufficiale. Gli ostacoli burocratici sono tanti. Abbiamo inoltrato domanda al Sindaco Cialente per avere uno spazio provvisorio nel quartiere devastato di Valle Pretara, per il quale abbiamo un serio progetto di riqualificazione. Ci è stata donata una casina di legno.Venticinque metriquadri che aspettano di essere installati. E' un inizio. Invito gli Aquilani che condividono le nostre aspirazioni ad unirsi a noi. Gli altri ad aiutarci nell'opera di diffusione della verità sulla tragedia aquilana. E' nostra l'iniziativa "L'Aquila si manifesta". L'intenzione è quella di portare in città chi vorrà vedere con i propri occhi la realtà che non passa attraverso l'informazione ufficiale. E spero sarete in tanti. E' anche un gruppo neonato su Facebook (http://www.facebook.com/group.php?gid=198705817943#). Un'occasione di confronto e riflessione sulle nostre problematiche. E un laboratorio di elaborazione di proposte.Vi prego di aderire e di diffonderlo. A più di otto mesi dalla tragedia c'è bisogno di tirare le fila. E di contarci.

mercoledì 9 dicembre 2009

Proteste e bugie

Consiglio comunale all'aperto, in centro storico, davanti al Municipio, stamani alle dieci. Freddo pungente, pochi cittadini. Il sindaco e la presidente della provincia invitano la popolazione a manifestare insieme con loro, domani, in piazza Montecitorio, contro la reintroduzione del regime fiscale ordinario per i terremotati. Chiamano la piazza, dopo averla ignorata per ben nove mesi. Pur concordando in pieno con le motivazioni della protesta, domani resterò a casa. Per la prima volta, dal 6 aprile, mancherò una manifestazione. Lascerò che le istituzioni rappresentino me e la mia gente. Le parole sono state tante e commoventi. I fatti mi lasciano perplessa. E' difficile credere in chi, fino ad oggi, ha esclusivamente avallato le decisioni del governo,pur avendo la possibilità di contrastarle. Ed ha ignorato le istanze dei cittadini. Ma, ribadisco, la protesta è giusta. Bertolaso, nel suo stile, continua a prenderci in giro. Un'ennesima promessa: " la norma che proroga la sospensione delle tasse sarà inserita nel decreto legge che verrà approvato entro la fine dell'anno''. Sta di fatto che, a tal proposito, non esistono emendamenti in finanziaria. Una promessa per tenerci buoni. Ancora. Intanto le case sbandierate non sarano pronte per la fine dell'anno. Il plenipotenziario accusa le ditte ritardatarie. La colpa è sempre di altri. Dalle tende alle case, alloggi pronti per tutti a fine settembre, fine ottobre, fine novembre, fine dicembre. Ora, ovvio, dichiara che per la fine di gennaio tutto sarà pronto. E il carosello mediatico continua. Leggo sul Corriere della sera (http://www.corriere.it/cronache/09_dicembre_09/aquila-bertolaso-case_e1649cbe-e4da-11de-b76e-00144f02aabc.shtml): "Bertolaso ha poi reso noto che il 24 dicembre Berlusconi farà la cena della vigilia di Natale con gli sfollati nella caserma della Guardia di finanza di Coppito e parteciperà alla Messa di mezzanotte nella restaurata basilica di Collemaggio, che riaprirà per l'occasione". E' una vergogna: la Basilica di Santa Maria di Collemaggio è un cumulo di macerie e l'organo barocco è stato danneggiato dal crollo del transetto e, poi, distrutto dalle intemperie.
Ecco le foto del consiglio comunale di stamani

Queste le macerie accanto alle quali eravamo. Sullo sfondo, il palazzo del Comune.
Ecco la strada dove si trova il mio negozio, via Rosso Guelfaglione, a dieci metri dalla piazza del Duomo.


La Basilica di Collemaggio
Queste le immagini della verità. A nove mesi dal 6 aprile.

lunedì 7 dicembre 2009

Così muore

Militarizzati, deportati, condotti magistralmente verso il pensiero unico che ci ha esautorati, resi marionette i cui fili vengono manovrati da chi non può, per decreto, essere controllato, né contrastato, ed infrange tutte le leggi vigenti nel Paese, ora ci vediamo costretti a tornare a pagare le tasse. In una città che non esiste e non offre più servizi. Discriminati rispetto a coloro che hanno subito disgrazie e lutti prima di noi, cittadini di serie zeta, da gennaio, torneremo a regime fiscale ordinario e dovremo restituire ciò che non abbiamo pagato da aprile fino al 31 dicembre. Pagheremo anche l'I.C.I. sulle seconde case distrutte. E gli interessi sui contributi da restituire. Tutto ciò contro ogni promessa che il bellimbusto imbellettato ha sbandierato ogni volta che è venuto a pavoneggiarsi sulle nostre macerie. E sul nostro dolore. E' un colpo inferto scientemente, affinché la città di L'Aquila non riesca più a risollevarsi e diventi ancor più terreno di conquista per speculatori senza scrupoli. In una città dove meno del quaranta per cento delle attività produttive è tornato a lavorare, dove nulla è ordinario e tutto difficilmente vivibile, si impone alla popolazione un regime fiscale di normalità. I prestiti richiesti alle banche dai cittadini aquilani sono sensibilmente incrementati. Lo spettro della povertà, per molti, è reale. A fronte della solita immagine offerta agli Italiani di una città ricostruita ed operativa. Sono più di ventimila i cittadini ancora esuli sulla costa.E pendolari. Pochissimi, cinquemila, quelli alloggiati nei casermoni di cartone del piano C.A.S.E. Moltissimi quelli dei quali non si hanno più tracce. Protezione Civile ed amministrazioni non conferiscono i dati della popolazione. E le case vere stanno crollando, sotto i colpi del gelo e delle intemperie.L'Aquila, ottava città d'arte in Italia, capoluogo di regione, gioiello nella terra dei parchi, incastonato fra le montagne ed i campi, così, muore.

lunedì 30 novembre 2009

Après moi le déluge

Era la fine di aprile di quest'anno, pochi giorni dopo l'evento catastrofico che ha sconvolto la mia terra, quando scrivevo per la prima volta della protezione civile. Scrissi sull'onda delle emozioni. E delle sensazioni. Capii subito che molte cose non andavano. Gridai, arrabbiata e sconvolta, e sola, che la protezione civile stava cancellando la democrazia nella mia città. Fui attaccata brutalmente. Fui insultata e derisa. Per primi da sedicenti volontari, poi da persone che vedevano in me un'ingrata verso tanta solidarietà che si era riversata su noi Aquilani. Vi confesso che, prima del sisma, poco o nulla sapevo di protezione civile. Nessuna idea chiara. Oggi, ad otto mesi da quel 6 aprile, so bene chi è il nostro protettore. E ve ne voglio parlare. Ve ne voglio parlare perché a tutti può capitare di averlo invasore e padrone. E dittatore. Ed è giusto che si sia preparati per poterlo fronteggiare.

Il 7 settembre del 2001 Berlusconi, da poco eletto Presidente del Consiglio per la prima volta, cancella per decreto l'Agenzia di Protezione Civile, diretta da Franco Barberi, organo indipendente sottoposto alla vigilanza del Ministero degli Interni e della Corte dei Conti, che basa la sua azione sulle organizzazioni di volontariato. Con il suo decreto Berlusconi la trasforma in un dipartimento della Presidenza del Consiglio e chiama Guido Bertolaso a dirigerlo con poteri ampissimi. Gli consente di agire in deroga ad ogni legge vigente nello stato Italiano. E non solo nei dichiarati stati di emergenza, ma anche per i grandi eventi. Viene così a decadere quello che fino ad allora era stato il compito della Protezione civile: prevenire le calamità, svolgendo attività atte ad evitare o ridurre al minimo le conseguenze degli eventi naturali, intervenendo per mitigarne il rischio. Dal 2001 ad oggi sono stati dichiarate decine di grandi eventi, e le attività di prevenzione sono state drasticamente abbandonate. Sulle ordinanze, legittimate dallo stato di emergenza, non possono intervenire i due organi di controllo dello Stato: Corte dei Conti e Corte Costituzionale. La protezione civile vede nelle sue mani un pozzo senza fondo dal quale poter attingere a proprio piacimento, senza dover rendere conto ad alcuno. Bertolaso è detentore del potere assoluto, con un solo padrone: il presidente del consiglio. Ed è talmente trasversale da riuscire a passare indenne anche con il governo Prodi. Ecco che l'istituzione nata per affrontare le calamità diventa una calamità essa stessa. E' ovvio che, quando ci si dichiara esercito del fare, in barba a tutte le leggi, la democrazia sia in serio pericolo. E questo può accadere con un evento catastrofico, ma anche per una visita del Papa, o un'emergenza traffico o spazzatura,i mondiali di nuoto,la Vuitton Cup, il G8, fino ad arrivare alla costruzione di un'intera città, come da noi. E l'interesse sono gli appalti, che vengono gestiti senza regole, in nome dell'emergenza. E si usa l'esercito, e tutte le forze dell'ordine, per stabilire chi comanda e chi deve obbedire. E si usano art director, esperti di immagine e di comunicazione, con consulenze esterne pagate a peso d'oro. Per convincere i più deboli, e quelli che non vogliono vedere. Quanto siamo ingenui, noi cittadini dei comitati, quando chiediamo chiarezza sulle cifre spese qui a L'Aquila. Non si avranno mai risposte, loro non sono tenuti a darle. Lo stipendio base di un funzionario di terza area è di 42,400 euro annui. Se questo funzionario viene in missione a L'Aquila, scatta subito un'indennità di 70 euro al giorno, più i rimborsi delle spese. Nonché una speciale indennità onnicomprensiva pari a duecento ore di straordinario festivo e notturno. In soldoni, un funzionario qui è costato a tutti gli Italiani più di settemila euro al mese. Ben pagati i nostri protettori. Però ci tengono a dirci, ogni volta che hanno l'occasione di parlare con noi, che si stanno sacrificando fino allo stremo delle loro forze. E per spirito di abnegazione. Lo sanno fare talmente bene che gli Aquilani sono convinti di doverli ringraziare per il resto dei loro giorni. A capo chino. "Bertolaso è uno di noi", sento dire da più parti. Bertolaso è il padrone assoluto, non ha mai consultato i rappresentanti della cittadinanza, ed ha un reddito di un milione e mezzo di euro all'anno. Che rappresenta solo il danaro che intasca "visibilmente". Qui a L'Aquila ha deciso, con una deroga all'articolo 188 della legge 167 sugli appalti pubblici, che i subappalti possono arrivare fino al 50 per cento del valore delle opere, contro il 30 stabilito dalla legge italiana. Ha spalancato le porte alla criminalità organizzata ed agli sfruttatori di manovalanza. Non si fanno controlli sui cantieri del progetto c.a.s.e. Lì si deve andar di fretta. Non importa se non si osservano affatto le leggi di sicurezza, o se gli operai sono regolarmente assunti. L'organizzazione del lavoro è condotta senza contrattare con i sindacati. Ed ora il Governo sta predisponendo un decreto legge secretato in cui si prevede, tra l'altro, il trasferimento di competenze dal Dipartimento per la Protezione Civile ad una costituenda S.p.A. In questo modo anche il soccorso diventerà ancor di più un affare sulla pelle della popolazione.
Bertolaso lascia L'Aquila solo nominalmente: ha già dato gli ordini ed i nomi di chi gestirà il dopo emergenza.

I dati del post sono stati estrapolati dal libro "Potere assoluto" del bravo giornalista di "Left Avvenimenti" Manuele Bonaccorsi. Edizioni Alegre. Ne consiglio la lettura a quanti vogliano approfondire l'argomento.

domenica 22 novembre 2009

Lo scempio

Camarda è un piccolo borgo medioevale, frazione del Comune di L'Aquila, che si trova in una stretta valle alle pendici del Gran Sasso ed alle porte dell'omonimo Parco Nazionale.
E' stato distrutto per il 70% dal sisma del 6 aprile. Gli abitanti, 512, avrebbero potuto alloggiare dignitosamente in moduli abitativi provvisori, cioè rimovibili, in attesa di una ricostruzione che non facesse scempio dello splendido paesaggio.
Si è, invece, scelta l'area per un insediamento del piano C.A.S.E.


Questo è il miracolo sbandierato.
Un territorio sopravvissuto con orgoglio e dignità a duemila anni di terremoti, guerra e povertà. Una territorio che soccombe inesorabilmente sotto i colpi di cemento del governo Berlusconi. I suoi abitanti, obnubilati da media e persuasione occulta degli emissari della protezione civile che hanno fatto presa sulla primordiale necessità che ogni individuo ha di una casa, accolgono lo scempio come dono personale del monarca.
Camarda cede il passo a C.A.M.A.R.D.A. Muore due volte. Insieme con L'Aquila.

lunedì 16 novembre 2009

Disneyland e le tende

Bertolaso se ne va. In pensione. Annuncia di voler ritrovare se stesso, dopo il dispendio di energie speso nel terremoto aquilano che lo ha lasciato stanco e logorato. Esclude di entrare in politica: andrà a fare il medico in Africa. Con lui andrà via dalla nostra terra, il 31 dicembre, tutto l'apparato della protezione civile. Hanno piazzato il piano c.a.s.e., ciò che gli premeva. Hanno sperperato denaro pubblico, distrutto un territorio ed i suoi abitanti ed ora, acclamati, si ritirano. La patata bollente delle assegnazioni delle casine non pronte e non sufficienti la lasciano alle amministrazioni locali. E il guaio di una comunità frantumata e disgregata ai singoli. Son stati bravi, loro signori, ad inculcare negli individui il sentimento di riconoscenza e sottomissione. Colui che fa beneficienza non viene osteggiato. Si china il capo e si ringrazia. E tale atteggiamento è stato talmente diffuso e legittimato che persino gli ingegneri ed i progettisti,e i muratori, fino all'ultimo manovale, che lavorano alle c.a.s.e. o ai m.a.p, sostengono di essere i nostri benefattori e di sottoporsi per noi a turni massacranti. Dimenticano di dire, però, che vengono pagati profumatamente. Da tutti gli Italiani, Aquilani compresi. Pina Lauria, Aquilana battagliera e beneficiaria di una c.a.s.a, mi riferiva che, in uno stabile di tre piani del famigerato progetto, insediamento di Bazzano,hanno provveduto a posizionare un ascensore interno ed uno esterno per ogni palazzina. Il secondo conduce ai pilastri antisismici, sotto i quali si ricoverano le auto, e allevia dal peso di dieci gradini, ma costringe ad un lungo tragitto a piedi, per uno stretto vialetto. Danaro pubblico: si sperpera, si sa, e si favoriscono appalti. Persino per le presine da cucina ed i sottopentola. A fronte dei fortunati 4.500 che vivono nelle casette disneyland, oggi vi voglio accennare della condizione degli studenti fuori sede. L'Aquila era una città universitaria, contava 27.000 iscritti. E ragazzi e professori costituivano la maggior risorsa economica di un territorio decisamente depresso. Gli studenti quest'anno sono scesi a 16.000. Ancora parecchi. Bravi questi ragazzi coraggiosi che amano la nostra città e non vogliono abbandonarla. Ma, ovvio, la protezione civile non poteva pensare a loro. Ed al danaro che portavano a questa città. L'economia non è affar loro. L'economia degli altri. Ora questi ragazzi sono ostaggio degli stessi pescecani che hanno triplicato, per noi e per loro,nella migliore delle ipotesi, i prezzi degli affitti. E quello che si trova non è sufficiente per tutti. Occorrono 10.000 posti letto. La casa dello studente, che verrà gestita dalla Curia, e di questo parleremo, ne ospiterà centoventi. Duecento saranni alloggiati nei locali della Scuola Superiore Reiss Romoli. Gli altri? Guardate il video.

sabato 14 novembre 2009

AIUTO

La mia amica Marina (http://ineziessenziali.blogspot.com/) mi segnala che, aprendo il mio blog, appare la seguente dicitura:
"Il sito che stai visitando è stato segnalato come sito di "phishing". Questo sito è stato concepito per richiedere informazioni personali o finanziarie a scopo fraudolento, creando in genere una copia di un sito autentico, come ad esempio una banca."
La cosa mi rattrista profondamente. Rappresenta un chiaro tentativo di oscurare la mia voce fuori dal coro, dissuadendo i lettori dall' inoltrarsi fra i miei scritti. Vi prego di informarmi, se la cosa accade anche a voi e, nel caso accada, di segnalare l'errore a Google, tramite l'apposito tasto.
Se lo fate in tanti, la dicitura verrà rimossa e l'essere spregevole che l'ha architettata neutralizzato.

giovedì 12 novembre 2009

Gli ultimi saranno ultimi

Il campo di Piazza d'Armi, abbandonato dalla protezione civile. I mass media dicono che è stato chiuso,ma all'interno vivono quegli ultimi che non hanno avuto e non avranno c.a.s.a. Le immagini del nostro bravissimo Francesco Paolucci sono durissime. E dovrebbero smuovere le coscienze. Giancarlo è malato, è a letto. Vita dura la sua, da sempre. Gli altri riescono anche a sorridere, nella tragedia. Mi domando come le istituzioni possano permettere tutto ciò. Questo è quello che i miei occhi e quelli di pochi altri vedono al di là della cortina alzata dalla pubblicità governativa del "tutto va bene" e dello spumantino nelle casette finte.

martedì 10 novembre 2009

La casa

Sto cercando di organizzarmi l'esistenza. E di rendermela meno penosa. La mia casa mi manca. Mi manca tanto. Immaginate un amore che vi è stato strappato. E voi volete solo quello. Gli altri neanche li guardate. Casa e non solo. Mi manca la mia città. Ma, alla sera ed al mattino, come in diapositive sfocate, mi tornano le immagini della mia tana. Quell'infilata di stanze al sole, e alla luce della luna. Sui tetti della mia vita. E quegli oggetti che ora non hanno più senso. Sono lì, ammassati in un magazzino. A parlare con altri muri del mio tempo passato. E non con me. Ma io non so più ascoltarli. Vado avanti cercando di dare un senso al nulla che ho oggi. La casa che abito ha tutto il necessario. Le manca la mia anima. E la gioia. Ma un senso lo ha trovato. L'ho attrezzata con vari posti letto, e una cucina capiente dove incontrarsi. L'unica ragione che ha di esistere è quella sociale. Sarà, per chi vorrà, il punto di appoggio in città. Per gli Aquilani che, lontani sulla costa, hanno bisogno di una notte per correre presto al mattino negli uffici affollatissimi, o a cercare una casa, per gli studenti che devono sostenere un esame e non sanno dove dormire, o seguire una lezione che non possono perdere, per quanti vogliono venire a vedere con i loro occhi la nostra reltà e non trovano un albergo. E per chi voglia stare qui a parlare con me, con noi, della nostra nuova vita. Mi si può raggiungere via mail all'indirizzo che si trova in basso, nella colonna a destra.
Vi lascio due foto. Una è allegra e ritrae i miei famosi nanetti da giardino, ne ho salvati solo tre, ma sono qui, piccoli minatori, sulla scala, a portare un po' di allegria. L'altra ritrae Tommy, cane
autonomo e coccolone. Un grande amore post terremoto il nostro.


giovedì 5 novembre 2009

Di oggi e di ieri

I cittadini consapevoli, coloro che intendono adoperarsi per la rinascita di L'Aquila, hanno deciso di ignorarlo, quando arriva dalle nostre parti. Hanno deciso di ignorare i suoi spot, i suoi sorrisi fuori luogo, le patetiche battute da osteria, la superficialità delle sue osservazioni e valutazioni. Ieri, subito dopo pranzo, ero nella casa che mi ricovera. Perdonatemi, mi è difficile dire che abito questa casa. Il rumore di un elicottero che volava basso, siamo a pochi metri dall'insediamento delle C.A.S.E. di Sant'Elia, mi ha fatto pensare che fosse lui, l'imperatore in visita al cantiere. Son salita al piano superiore, dove un balconcino guarda tristemente su quelli che prima erano campi ed ora son periferie di enormi casermoni ammassati l'uno all'altro, ed ho visto trambusto. E auto blu. Era lui, con il suo show. Un premier di plastica, fra case di plastica. Non si ha notizia di cosa sia accaduto: l'omino ha interdetto i giornalisti dal suo percorso. Poi a Fossa, ad inaugurare le case provvisorie pagate dalla regione Friuli. Altro spot: si autoproclama zio del nascituro di Tatiana ed Andrea, freschi inquilini delle graziose casette in legno. Non pago, si autoproclama zio di tutti i bimbi che nasceranno da queste parti. Ovvio che la parola nonno non gli si addica, e non la voglia. Zio per i bimbi, per poi diventare papi delle bimbe cresciute. Pochi giornalisti vengono ammessi a Villa Sant'Angelo, altro borgo devastato dal sisma, in tempo per raccogliere qualche "bravo Silvio, torna presto". Uscendo da una casina di legno, già abitata da qualche giorno, ha commentato "qui è stupendo,verrò a passarci le vacanze". Lo immagino, il premier sfollato, in quarantacinque metriquadri arredati Mondo Convenienza. Ma con la TV satellitare, ovvio. Ha concluso la lunga giornata visitando il centro storico. Le macerie ancora tutte lì. "Dobbiamo toglierle subito. Sarebbe una buona idea farne delle collinette e ricoprirle di verde". Già, collinette da campagna toscana e casermoni da interland milanese, qui, nella nostra città. Una città che porta vestigia duecentesche e illustra con i suoi tesori architettonici tutti i secoli successivi. Una città che ha vissuto tre terremoti devastanti, prima di quello attuale. E che è sempre risorta. Dove era. Ci racconta Buccio da Ranallo, nelle sue Cronache Aquilane, che,dopo il terremoto del 1349,quando i cittadini trascorsero il lungo inverno al freddo, in capanne di fortuna, il triarca Pietro Lalle Camponeschi fece chiudere con tavoloni di legno le brecce che si erano aperte nella cinta muraria della città e fece presidiare tutte le porte di ingresso, impedendo così agli Aquilani di lasciare la loro terra. Impedendo lo spopolamento e la disgregazione delle genti e l'inevitabile cancellazione di L'Aquila dalle città del Regno di Napoli. E l'epoca successiva fu epoca d'oro. La città rinacque splendida e la più ricca ed importante del Regno. I cittadini uniti riedificarono L'Aquila dove era, e la restituirono alla storia.

martedì 3 novembre 2009

L'Aquila oggi

E' difficile provare a ricostruire una vita. A ricostruire la quotidianità, quando tutto intorno è cambiato. Ed anche dentro te stesso tutto è diverso. Io ci sto provando. Noi, qui, ci stiamo provando. E come tutto appare estraneo. Anche il tuo corpo ed il tuo cervello. Sentire la tua anima straniera. Insieme con il panorama che vedi dalla finestra. Sentire a tratti che ce la farai. Piangere e stringere i denti, quando hai paura di non farcela. I punti di riferimento sono inesistenti. Le persone mancano. Manca quel collante che possa unire il nostro sentire comune. La strada è impervia. Ed è in salita. La cima, lontana. Basterebbe fare un salto di cento chilometri per ritrovarsi nel mondo degli altri. Ma tu resti qui. Attaccato a questi monti. A dare ancora un'opportunità alla tua città, alla tua terra. Ed a te stesso.

Inoltro lo scritto di un Aquilano, Goffredo Juchich. Un'altra voce che parla di quello che vede. E il video di due ragazzi, Aquilani anche loro: come sorridere, pur nella difficoltà di questi giorni. Forse servirebbero i sottotitoli. Gli Aquilani che mi leggono ne beneficieranno. Gli altri ascolteranno la cantilena del nostro dialetto che ci è tanto cara.

L'Aquila oggi
Non è facile raccontare di come siamo ridotti senza provare sentimenti di rabbia e costernazione nei confronti di una ricostruzione che non esiste e che invece viene percepita nel Paese come fosse in stato avanzato. Cominciamo a dire che a L'Aquila è in atto una COSTRUZIONE di enormi quartieri fatti di casermoni di legno e alluminio che ad oggi (29 Ottobre)ospitano 2500-3000 sfollati a fronte di una popolazione attualmente senza tetto ancora di oltre 40mila.Quando i cantieri saranno tutti chiusi, si pensa a gennaio, arriveranno a contenere 15mila persone, le altre dovranno aspettare che parta la vera RICOSTRUZIONE,assolutamente bloccata. I cantieri aperti sulle abitazioni degli Aquilani si contano sulle dita di una mano, questo perchè le ditte nn si fidano di anticipare per iniziare i lavori. Sanno bene che i soldi sono spalmati da oggi fino al 2032 e hanno paura di non vederli per niente. Bisogna intervenire sulle case vere che tra quelle classificate b-c(relativamente poco lesionate, a guardarle fanno spavento,la cosidetta ricostruzione leggera..)e zone rosse(i centri storici della città e delle sue dodici frazioni)rappresentano l'80% del patrimonio immobiliare di L'Aquila. Nel frattempo abbiamo ancora diverse tendopoli aperte con 3500 persone al gelo(due settimane fa una notte -4)e 30mila al mare. Nelle case agibili qua ormai si sta in 10, modello anni '30. Se parliamo poi del patrimonio artistico, penso che L'Aquila bella com'era non lo tornerà mai più. Fa male scriverlo ma lo penso,purtroppo,in centro, case, chiese, fontane,palazzi, sono da mesi sventrati sotto i colpi del tempo che tra un po' sarà ancora più inclemente tra gelo e neve..Dei monumenti adottati dai paesi stranieri durante il G8 solo nella chiesa delle Anime Sante, in piazza Duomo, la Francia ha dato seguito alle promesse con atti concreti.Il disastro è talmente enorme che si fa fatica ad elencare tutto quello che non va. Altri esempi:l'ospedale(quello famoso costruito di un piano su un'area immensa perchè si diceva che così fosse antisimico,e che la notte del sei aprile con morti e feriti era inagibile al 90%..)è ancora inagibile per due terzi a oltre sei mesi dal sisma. Le scuole, ripartite tra enormi difficoltà, accorpano orari e studenti per gestire una evidente mancanza di spazi. L'Università passa da 30mila studenti dell'anno accademico 08/09 ai 12mila di oggi che sono destinati a diminuire perchè per loro si dispone di solo 200 posti letto .L'Aquila aveva 72mila residenti nel comune e 30mila nel comprensorio, con una popolazione lavorativa di 40mila persone prima del terremoto, oggi tra autonomi e dipendenti abbiamo 20mila richieste di cassa integrazione straordinaria, artigiani e piccoli commercianti sono fermi da mesi e non possono riaprire perchè le loro attività erano nei centri storici. Idrammi privati si intrecciano a quelli collettivi nella mia città. Questo senza che nemmeno gli Aquilani si rendano bene conto di quello che sta succedendo. Chi entra nel prgetto C.A.S.E (i casermoni) mette le lenzuola alle finestre per ringraziare l'uomo dei miracoli e chi resta fuori spera di entrare. Aproposito, hanno assegnato gli alloggi senza fare una graduatoria con i requisiti o almeno nn li hanno resi noti ma tutto viene giustificato con l'emergenza.Con l'emergenza hanno espropriato i terreni per costruire a chi aveva perso la casa. Fantastici! Mancano spazi di socialità. La città che viveva nel centro storico, nei locali, nelle piazze, i suoi momenti di vita comune è andata distrutta senza essere sostituita da niente. Tra un po' qualcuno andrà fuori di testa.Purtroppo questa è più o meno la situazione, mentre i riflettori si spengono e su di noi incombe un inverno freddissimo.
Goffredo

giovedì 29 ottobre 2009

Il nemico

Bertolaso è uomo tutto d'un pezzo. Si fa come dice lui. E non si discute. "Case e non container per gli sfollati" tuona dall'alto della sua cattedra. Dimentica però di mettere i puntini: c.a.s.e. " Voglio tornare qui, fra uno o due anni, e incontrare persone che vivono serenamente nelle case che gli abbiamo dato. Non voglio trovare gente che si lamenta perché vive nei container, al freddo d'inverno ed al caldo rovente d'estate". Toni decisi, da duce. Probabilmente, oltre agli alloggi, fornirà anche la serenità, che, come tutti sappiamo, si vende a peso, nei supermarket.Sulla stessa linea il suo suddito e dipendente dottor Fabrizio Curcio che è intervenuto ieri all'assemblea cittadina, voluta dai comitati, alla quale non hanno partecipato la Provincia, né la Regione, né il nostro plenipotenziario. Ha inviato un emissario. Indottrinato, ma sprovveduto. E' pateticamente caduto davanti alle domande degli Aquilani. E ha fatto la figura del cretino. Il sindaco era presente, ed è riuscito a barcamenarsi fra le istanze pressanti degli sfollati. Ha buona scuola di partito alle spalle. Le richieste erano chiare: moduli abitativi alternativi alle tende, da posizionare nei campi d'accoglienza per coloro che non intendono o non possono lasciare la nostra città, chiarezza sul metodo di assegnazione delle abitazioni del piano c.a.s.e., e trasparenza su tutte le spese che la protezione civile opera sul business terremoto. Le conclusioni? Poche e deludenti. Ci è stato detto che per avere delle case mobili è necessario bandire appalti ed aspettare tempi lunghi. Ovvio che ciò suoni quantomeno strano, alla luce del fatto che, per allestire assi viari inutili, aereoporto altrettanto inutile, poichè mai utilizzato, e faraonici alloggi per i "grandi" della terra si è impiegato poco più di un mese. Basti pensare che un modulo removibile, in classe A, agevolmente e dignitosamente abitabile a lungo termine, costa settemila euro a persona. Uno sfollato in hotel o in tenda costa millecinquecento euro al mese, che, per sei mesi, porta a novemila euro, fino ad oggi. Di fronte a queste cifre schiaccianti, la protezione civile, nella persona del dott. Curcio, non ha saputo rispondere. Così come, miseramente, è caduta di fronte all'evidenza che il piano c.a.s.e. è un fallimento totale. Il dottore ha sostenuto di ignorare quale fosse il numero degli sfollati, quando si è pianificato lo scempio. Gli abbiamo risposto che noi, cittadini, lo andiamo urlando dal mese di maggio quel numero. La protezione civile lo ignorava. Gli abbiamo fatto notare che il metodo Augustus è stato applicato su questo territorio come in un laboratorio. Noi le cavie. Ignorava, il poverino, cosa fosse il metodo Augustus. Eppure è chiaramente riportato sul sito della protezione civile. Ed è un documento che si occupa di pianificazione nel campo delle emergenze. Qui lo potete leggere tutto (http://www.ispro.it/wiki/images/9/95/Metodo_Augustus.pdf). Io ve ne offro qualche stralcio:
"La popolazione è comunque sempre coinvolta nelle situazioni di crisi, sia emotivamente (teme di essere toccata dagli eventi, partecipa ai problemi di chi è coinvolto), sia fisicamente (se non ha subito danni, comunque è costretta a sopportare disagi).
[...]Se la sua controparte istituzionale sarà sufficientemente autorevole e determinata, la maggior parte dei cittadini sarà disponibile ad abdicare alle proprie autonomie decisionali, a sottoporsi a privazioni e limitazioni, ad “ubbidire” alle direttive impartite.
[...] Un chiaro piano di comunicazione [...] permetterà una più agevole accettazione delle misure adottate. Non solo: qualora il precipitare degli eventi lo rendesse necessario, sarà più facile imporre una disciplina più ferrea e chiedere sacrifici più duri. [...] E' inutile perdersi in dettagli poco importanti, per esempio parlare della reazione incontrollata di una piccola parte della popolazione, quando la comunità si è comportata, in generale, in maniera corretta."
Con la protezione civile non si discute, si deve solo obbedire. Dispone di un esercito di un milione e trecentomila fra volontari, impiegati e funzionari. Una macchina da guerra che spadroneggia e dispone come meglio crede. E lucra vergognosamente. I cittadini? Numeri e basta, in attesa di essere collocati nelle costosissime casette finte, ma , se ci ammaliamo, il nostro ospedale è ancora nelle tende, anche il laboratorio di analisi. E la situazione è disperata.
Voglio concludere con una nota positiva, della quale do pieno atto al sindaco Cialente. Si è impegnato ad incontrare i cittadini una volta al mese per cercare di prendere decisioni condivise. Ormai si è capito che qui il nemico principale è la Protezione Civile.

sabato 24 ottobre 2009

La dura realtà

Sono rientrata a L'Aquila. Ho una casa dignitosa e calda. Frutto esclusivo della mia ricerca. Mi autogestisco senza aiuto di sorta. Vado avanti, senza lavoro, finché ce la farò. Sono fortunata, nalla mia disgrazia. Ecco il video di chi non ha potuto fare altrettanto. Di chi è lasciato solo. Questa è la verità che, fuori dalla nostra città, la maggior parte degli Italiani non conosce.


martedì 20 ottobre 2009

URGENTISSIMO

Domani rientrerò a L'Aquila. Nella casa presa in affitto. Sarò di nuovo in prima linea.Per qualche giorno avrò difficoltà di connessione. Vi lascio un messaggio importantissimo. Fatelo girare più che potete. Aiutateci. Gli attendati hanno bisogno della solidarietà di tutti gli Italiani. Visto che dal Governo e dalle amministrazioni locali non arriva.

OTTOBRE 2009: ALL’AQUILA E’ EMERGENZA UMANITARIA

Facciamo appello a tutti coloro che in Italia hanno dimostrato sensibilità a quanto qui è successo e continua ad accadere.
A chi ha mantenuto alta l’attenzione sul dramma che ha colpito il nostro territorio e sulla gestione del post sisma.
Oggi, il 18 di ottobre, all’Aquila fa freddo. Siamo nella fase più drammatica, la notte già si sfiorano i -5°C ed andiamo incontro all’inverno, un inverno che sappiamo essere spietato.
Le soluzioni abitative, promesse per l’inizio dell’autunno, non ci sono. Circa 6000 persone sono ancora nelle tende.Meno di 2000 persone sono finora entrate negli alloggi del piano C.A.S.E o nei M.A.P.La maggior parte degli Aquilani sono sfollati altrove in attesa da mesi di rientrare.
Ora, con lo smantellamento delle tendopoli altre migliaia di persone sono state allontanate dalla città e mandate spesso in posti lontani e difficilmente raggiungibili.Noi, definiti “irriducibili”, siamo in realtà persone che (come tutti gli altri) lavorano in città, i nostri figli frequentano le scuole all’Aquila, molti non sono muniti di un mezzo di trasporto, altri possiedono terreni od animali a cui provvedere. Siamo persone che qui vogliono restare anche per partecipare alla ricostruzione della nostra città.Da oltre sei mesi viviamo in tenda, sopportando grandi sacrifici, ma con questo freddo rischiamo di non poter più sopravvivere.Se non accettiamo le destinazioni a cui siamo stati condannati (che sempre più spesso sono lontanissime) minacciano di toglierci acqua, luce, servizi.Oggi, più di ieri, abbiamo bisogno della vostra solidarietà.Gli enti locali e la Protezione Civile ci hanno abbandonati. Secondo le ultime notizie che ci giungono i moduli abitativi removibili che stiamo richiedendo a gran voce da maggio, forse (ma forse) arriveranno tra 45 giorni.Oggi invece abbiamo bisogno di roulotte, camper o container abitabili e stufe per poter assicurare una minima sopravvivenza. Visto che le nostre richieste alla Protezione Civile e al Comune non sono prese in minima considerazione chiediamo a tutti i cittadini italiani un ulteriore sforzo di solidarietà.E abbiamo anche bisogno di non sentirci soli.Per questo vi chiediamo di organizzare dei presidi nelle piazze delle città italiane per SABATO 24 OTTOBRE portando nel cuore delle vostre città delle tende per esprimere concretamente solidarietà a noi 6000 persone che viviamo ancora nelle tende ad oltre sei mesi dal sisma.Un altra emergenza è cominciata oggi. Non dettata da catastrofi naturali ma dalla stessa gestione del post sisma, da chi questa gestione l’ha portata avanti sulla testa e sulla pelle delle popolazioni colpite.
Alcuni abitanti delle tendopoli sotto zero.

Per donazioni e contatti:
emergenzaottobre2009@gmail.com
339.19 32 618 - 347. 03 43 505

per ulteriori informazioni aggiungo il mio numero
348. 30 55 965

domenica 18 ottobre 2009

Cifre

Gli irriducibili strumentalizzati dalla politica li chiama Guido Bertolaso. Sono i seimila sfollati in tenda che si rifiutano di lasciare i campi per essere trasferiti nelle camere d'albergo lontane decine di chilometri dalla terra che non hanno voluto abbandonare dal 6 aprile. Tali pericolosi sovversivi del sistema sono uomini e donne che lavorano in città, che mandano i figli a scuola , o che hanno il duro compito di attendere agli animali che costituiscono il faticoso sostentamento delle loro vite, o che hanno campi ed orti da coltivare. O, semplicemente, persone che non riescono ad allontanarsi dai loro luoghi ai quali sono tenacemente attaccati da quasi sette mesi. Oggi, per il Governo e le amministrazioni, sono numeri in esubero. E scomodissimi testimoni di un fallimento ampiamente annunciato. Per essere chiari e perché non si pensi che gli Aquilani abbiano un tetto sulla testa, vi riporto un po' di numeri, forniti gentilmente dalla Protezione Civile.
Gli appartamenti del progetto C.A.S.E. consegnati agli sfollati sono 900, a fronte dei 4.300 promessi dal Governo e dei 2.287 M.A.P.
5.800 sono i cittadini ancora nelle tende, 13.000 quelli nelle camere d'albergo, 9.000 coloro che hanno scelto la sistemazione autonoma e che, a tutt'oggi, hanno ricevuto 380 euro del contributo beffa, pari a 100 euro mensili a persona, poiché si è provveduto a pagare, con lentezza vergognosa, solo fino al mese di luglio.
Gli sfollati in hotel costano 650.000 euro al giorno, quelli in tenda, dove non abbandonati a se stessi, costano 300.000 euro. Quasi un milione di euro al giorno, ancora per molti mesi. In attesa che il faraonico progetto di case finte sia pronto. Case finte, signori miei. Soldi veri.
Le attività produttive hanno riaperto i battenti per il trenta per cento. E senza contributo alcuno da parte dello Stato. Il progetto era quello di mettere un tetto sulla testa di tutti gli sfollati entro il mese di settembre, in barba a ciò che le persone avrebbero fatto, senza lavoro e senza spazi sociali. Si può ben dire che la millantata tempestività non c'è stata. Si continua con il puro assistenzialismo che, azzerando l'iniziativa privata, demotiva e sfianca animi e volontà e consente di agire indisturbati a suon di proclami populisti, sceneggiate mediatiche ed appalti poco chiari. Un esempio su tutti: per la realizzazione di aiuole e verde sono stati spesi ben 14.420.782,06 euro. Ciò è stato dichiarato senza specifica alcuna. Non si sa quanti siano i metri quadrati interessati e se si siano piantati baobab o margheritine. Transitando nei pressi del capolavoro di efficienza non si scorge traccia di verde.
Concludo con la lettera che mi ha inviato una mia lettrice. Chi non ha paura della verità si firma. Con nome e cognome.

"Ciao Anna,
sono una volontaria di protezione civile del campo di S. Vittorino. Mi sono permessa di riportare le tue parole dal blog per commentare, oggi, un mio album di foto scattate a settembre. Non avevo mai voluto andare a vedere le macerie della vostra città martoriata, pur facendo su e giù da Roma per svariate volte dal 6 aprile, perché mi ero ripromessa di andarci per documentare la vita che riprendeva e questo mi aspettavo quando l'8 settembre mi sono finalmente convinta di andare a vedere con i miei occhi come dicevo speravo di fotografare (è una mia passione) negozi RIaperti (almeno qualcuno), di trovare attività in RIavviamento (almeno qualcuna), lavori sulle case in RIcostruzione... invece a parte alcuni puntellamenti NIENTE! Solo tanta desolazione nelle strade chiuse, qualche turista che fotografava e tanti tanti Aquilani che guardavano e raccontavano le loro storie e indicavano... vedi quella è casa mia. Da queste mie impressioni ho scelto il titolo "L'Aquila fantasma". Poi leggendo oggi le tue parole sul blog ho avuto una fitta al cuore e ho pensato a tutti quelli che si fanno buttare il fumo negli occhi dai TG unificati. Volevo lanciare un messaggio "L'Aquila è una città rimasta al 6 aprile!!!" Il mio album è pubblico quindi se ti serve puoi attingere a piene mani.
Grazie delle tue parole,con affetto (anche se non ti conosco)
Cinzia Antignani Altatiali "
http://www.facebook.com/inbox/?ref=mb#/album.php?aid=2026572&id=1101905511&ref=share

giovedì 15 ottobre 2009

Parla la sinistra

Finalmente un esponente locale della sinistra si sveglia e dice qualcosa in merito agli sfollati aquilani ed alla penosissima situazione nella quale versa il nostro territorio. Mi domando se mai volesse svegliarsi dal torpore soporifero nel quale si crogiola da tempo anche la sinistra nazionale.Su questa e su altre questioni. Ecco cosa scrive Maurizio Acerbo.

"Dopo più di 6 mesi dal sisma, nonostante il susseguirsi ininterrotto di inaugurazioni e cerimonie ad uso e consumo del premier, il dato di fatto incontrovertibile è che sono finora stati consegnati circa 1000 alloggi a fronte dei 4570 (comunque insufficenti) per i quali bisognerà attendere dicembre-gennaio.Circa 7000 persone sono ancora sotto le tende al gelo e 25.000 aquilani sono ancora sparsi in tutto il terrotorio regionale.La resistenza di cittadini spesso anziani a quella che viene vissuta come un’ingiusta deportazione dopo mesi trascorsi sotto le tende è segno di un orgoglio e di una fierezza nei confronti dei quali il dott. Bertolaso e il governo dovrebbero tenere un atteggiamento rispettoso.Altro che “irriducibili” antigovernativi, si tratta semplicemente di cittadini a cui era stato promesso un tetto entro settembre: il famoso slogan “dalle tende alle case”. L’inadeguatezza del PIANO C.A.S.E., ideato per massimizzare l’impatto mediatico dei presunti miracoli del Presidente del Consiglio, ora è evidente a qualsiasi persona in buona fede e informata.I costosissimi alloggi del Piano C.A.S.E.da mostrare in tv non sono, come avevamo ampiamente previsto, sufficienti neanche per i soli cittadini che abitavano negli edifici più danneggiati (E e F).Non è certo da imputarsi ai cittadini “irriducibili” la mancata partenza del ripristino delle case classificate A, B e C che avrebbe consentito il rientro di almeno il 70% della popolazione.La demagogica scelta di non procedere alla sistemazione in moduli abitativi provvisori (che costavano almeno un quarto delle C.A.S.E.) ha determinato la mancata sistemazione confortevole ed omogenea per migliaia di aquilani nonché lo spopolamento della città.L’allontanamento di migliaia di aquilani dalla città è uno dei prezzi pagati alla strategia d’immagine berlusconiana di cui Bertolaso è stato l’ insindacabile braccio operativo.Va inoltre sottolineato che ancora non sono state nemmeno poste le basi minime (presupposti finanziari e strumenti operativi e pianificatori) per la ricostruzione dei centri storici.La ridicola bozza di Ordinanza preparata dalla Protezione Civile sulla ricostruzione dei centri storici risulta lacunosa e astratta rispetto alle articolate e differenziate problematiche da affrontare e contiene prescrizioni e ridefinizioni assolutamente superflue rispetto agli strumenti urbanistici comunali già vigenti (la perimetrazione dei centri storici già c’è e in molti comuni vi sono anche piani di recupero già da tempo vigenti). Manca nel testo qualsiasi indicazione degli strumenti operativi indispensabili per concretizzare gli interventi (forse si vuole perdere tempo in attesa di trovare i soldi).Di fronte alla situazione di emergenza nelle tendopoli è dovere della Protezione Civile, del Comune e della Regione procedere a un intervento straordinario immediato che garantisca la permanenza nel capoluogo come rivendicano gli aquilani che con dignità in questi giorni stanno resistendo al freddo e al fango. Purtroppo le scelte sbagliate di questi mesi non consentono di ricorrere ai MAP (come noi di Rifondazione proponevamo a giugno) in quanto abbisognano di una sottofondazione di cemento armato che richiederebbe un tempo di “presa” di almeno 20/30 giorni.A questo punto l’unica ipotesi praticabile è quella di case su ruote da installare in parte nei campi e in altre aree già urbanizzate come quelle in adiacenza a quelle del PIANO C.A.S.E. e/o in quelle industriali per ridurre i tempi di allestimento (scavi e opere di urbanizzazione).Considerato che altrimenti migliaia di aquilani dovrebbero essere trasferiti in alberghi lontani dalla città quanto ovviamente onerosi ci sembra che sarebbe opportuno spendere il denaro pubblico per rispondere positivamente alla sacrosanta richiesta di non abbandonare la città."
Maurizio Acerbo
consigliere regionale Abruzzo Rifondazione Comunista

mercoledì 14 ottobre 2009

Senza vergogna

Il dottor Massimo Cialente, sindaco di L'Aquila, colui che si è distinto per le camicie inamidate e le impeccabili cravatte sin dal giorno successivo al terremoto, colui che si è distinto per non aver posto ostacolo alcuno allo strapotere esercitato dalla protezione civile sulla nostra terra e su noi cittadini sin dalla prim'ora, colui al quale riesce benissimo fare il pesce in barile, dicendo sempre sì a tutti e continuando negli anni a fare benissimo il nulla, si è prodotto in una lettera brilantissima, scritta congiuntamente al dottor Bertolaso. Ed, allineandosi al potente invasore, ha lanciato l'ultimatum agli Aquilani nelle tende: devono andare via e basta. Giù la testa ed eseguire. E fa nuove promesse, in perfetto stile caimanesco, non vergognandosi minimamente di aver disatteso tutte, assolutamente tutte, quelle fatte fino ad oggi.

"Care aquilane e cari aquilani, cari amici,
con questa lettera intendiamo spiegare con chiarezza le ragioni che rendono necessario e indifferibile il trasferimento delle famiglie finora accolte nelle tendopoli in alloggi provvisori di altro tipo, sia all’Aquila che nei Comuni dell’entroterra aquilano che lungo la costa della nostra regione.
Anche se il tempo è ancora favorevole, l’inverno sappiamo bene che si sta avvicinando. Conosciamo i modi con cui la stagione fredda si annuncia: senza preavviso, nell’arco di pochi giorni le temperature, oggi accettabili e addirittura piacevoli, scenderanno rapidamente, rendendo le tende assolutamente inospitali.
Siccome le persone che hanno abitato le tendopoli allestite dopo il 6 aprile sono migliaia, non possiamo permetterci che si crei, ai primi freddi, una nuova emergenza nell’emergenza, inevitabile se si volessero trasferire nello stesso giorno quanti sono ancora presenti nelle aree di accoglienza trasportandoli presso gli alberghi ed altri alloggi. E’ una delle nostre più grandi preoccupazioni in questi giorni, soprattutto pensando ai più piccoli e agli anziani.
Per questa ragione vogliamo informarvi che, a partire da oggi 10 ottobre, stiamo avviando un piano di trasferimenti dalle tende che si esaurirà nell’arco dei prossimi giorni. Vi chiediamo di rispettarne le indicazioni, ed in particolare le date di abbandono delle tendopoli, che vi saranno via via comunicate nei prossimi giorni.
Dobbiamo aggiungere un altro elemento importante. Conosciamo tutti la difficoltà di trovare, nell’immediato, un alloggio provvisorio che risponda ai desideri e alle aspettative di ogni famiglia. Se vi fosse la disponibilità di alloggi a L’Aquila o nei dintorni per tutti, la gravità della nostra situazione post terremoto sarebbe infinitamente meno complessa e difficile, ma sappiamo bene che purtroppo la nostra città è stata in parte distrutta e che gli sfollati nei comuni del cratere sono stati più di 70.000.
Il programma di realizzazione dei complessi C.A.S.E. sta procedendo in tempi rapidi, così come sono stati ad oggi molto brevi i tempi di realizzazione dei M.A.P. destinati ad accogliere le famiglie dei Comuni del cratere e delle frazioni più periferiche del capoluogo. Già oggi 1.114 cittadini aquilani sono sistemati in questi alloggi, confortevoli e sicuri. Entro il 31 dicembre 2009 tutti coloro che hanno una casa E, F o localizzata nelle zone rosse, riceveranno un’adeguata sistemazione alloggiativa provvisoria nelle strutture C.A.S.E o nei MAP in corso di realizzazione, secondo un calendario di consegne scadenzate all’incirca ogni due settimane.
Sono stati pubblicati gli elenchi delle famiglie alle quali sono stati assegnati alloggi in questi nuovi complessi, che conoscono fin da oggi con precisione il luogo dell’abitazione destinatagli e la data di consegna.
Sono noti e pubblici anche gli elenchi di quanti sono “in via di collocazione”: si tratta di quelle famiglie composte da uno o due persone che avranno una casa o un MAP entro il 31 dicembre, ma per le quali non siamo ancora in condizione di specificare il luogo e la data di ingresso nella nuova abitazione, perché ancora è in corso il lavoro di verifica della compatibilità tra le caratteristiche degli alloggi disponibili e le particolari esigenze del nucleo familiare.
Sono, infine, noti anche gli elenchi dei non assegnatari, ovvero di quanti ad oggi non hanno ancora dimostrato di possedere i requisiti necessari e per i quali è comunque prevista un’ulteriore verifica.
In ogni caso, tutti quelli che hanno la casa classificata E o F o situata in “zona rossa” avranno un alloggio. Sappiamo anche che, oltre ai gruppi sopra indicati, restano coloro che hanno un immobile classificato B o C, ai quali vogliamo ricordare che sono stati messi in campo tutti gli strumenti necessari a garantire la realizzazione degli interventi di riparazione, così da consentire in tempi relativamente brevi il rientro nelle proprie case. Il Comune e la Protezione Civile si riservano di attivare la ricerca di soluzioni provvisorie che consentano l’attesa della fine dei lavori di ripristino delle abitazioni, valutando caso per caso le situazioni in cui i lavori in questione siano rallentati o posticipati per evidenti e imprescindibili ragioni.
Quanti hanno vissuto nei mesi scorsi nelle tendopoli, pur avendo conosciuto la durezza e la fatica di tale soluzione di emergenza, hanno avuto anche modo di apprezzare la solidarietà, la condivisione, le iniziative collettive che hanno visto il rinascere di reti di vita sociale, il sorgere di nuove amicizie, la scoperta di nuove relazioni con i volontari e le persone che hanno assicurato agli ospiti dei campi le condizioni più favorevoli per superare questo difficile periodo.
Sappiamo bene che lasciare gli ambienti e le relazioni che nelle tendopoli si sono instaurate può rappresentare per molti un nuovo trauma, soprattutto se si lascia la tenda per un’altra soluzione abitativa del tutto temporanea e non definitiva. Sappiamo inoltre che tanti, forse tutti quelli che sono stati nelle tendopoli in questi sei mesi, avevano motivi gravi come il lavoro, questioni familiari, altre vere esigenze per non potersi allontanare dalla città.
Siamo consapevoli di questo nuovo sforzo e sacrificio che richiediamo a persone già provate dal lungo periodo che ha seguito la fase dell’emergenza dopo il sisma, ma consideriamo questo passaggio, difficile e per molti sgradevole, indispensabile per non correre rischi gravi per la salute e il benessere di tutti nei prossimi mesi.
Abbiamo deciso, insieme, alcuni criteri da rispettare anche in questa fase. Il criterio di attribuzione di tali alloggi nelle diverse località tiene evidentemente conto dei diversi tempi di permanenza previsti e delle differenti prospettive di ciascun nucleo familiare.
Quanti sono già presenti negli elenchi degli assegnatari di alloggi C.A.S.E. o M.A.P., che devono aspettare un periodo di tempo limitato al massimo ai prossimi 60/70 giorni prima di entrare nelle nuove abitazioni, saranno accolti per questo periodo negli alberghi della costa o, nei limiti del possibile e delle disponibilità, in altri Comuni dell’interno della regione, per riservare le soluzioni alloggiative più vicine al capoluogo a quanti non hanno ancora la certezza di una nuova abitazione e sono destinati ad un periodo di attesa più lungo per una sistemazione confortevole e sicura.
Chiediamo ancora una volta una scelta di solidarietà fra gli aquilani, la stessa che ci ha contraddistinti fin dalle prime ore di quell’alba maledetta del 6 aprile. Per tutti saranno comunque predisposte misure di assistenza, facilitazioni per i trasporti e un servizio di accompagnamento che aiuti le famiglie ad affrontare eventuali situazioni di particolare difficoltà, quali la presenza nel nucleo familiare di minori o disabili o di persone che necessitano di particolari trattamenti sanitari.
Affronteremo anche i problemi legati all’orario di lavoro.
Ricordiamo infine che, per quanti lo ritengono, è sempre disponibile, in ogni momento, l’opzione da tempo prevista di scegliere la forma di sostegno individuata nel contributo di autonoma sistemazione, di importo oggi incrementato, che viene attribuito in tempi più rapidi e con modalità più semplici anche laddove si disponga di altra abitazione agibile sul territorio abruzzese.
Riteniamo, con questa lettera, di aver spiegato le ragioni che rendono necessaria la chiusura delle tendopoli in tempi rapidi e le modalità che verranno seguite per i trasferimenti verso altre soluzioni alloggiative. Confidiamo nella disponibilità dei cittadini aquilani a partecipare attivamente anche a questa ulteriore fase del superamento dell’emergenza, accettando quanto predisposto dal Comune e dalla Protezione Civile per consentire a tutti di affrontare l’inverno in condizioni non proibitive, pur nella precarietà e provvisorietà delle soluzioni di accoglienza individuate.
Questa lettera vi verrà recapitata, campo per campo, nei prossimi giorni. Dal momento nel quale vi verrà consegnato il modulo con la destinazione assegnatavi, riteniamo che possa essere sufficiente per tutti un periodo di pochi giorni per attuare il trasferimento.
Contiamo sulla vostra collaborazione e soprattutto nella vostra comprensione, in questo ultimo grande sforzo comune che ci porterà insieme a festeggiare il Natale in un clima più sereno, tutti a L’Aquila, uniti per avviare il processo della ricostruzione della città.
Guido Bertolaso Massimo Cialente"

Questa la replica dei cittadini responsabili:

"Con la lettera spedita in questi giorni da Cialente e Bertolaso alle persone che dopo più di 6 mesi vivono ancora nelle tende sembra chiudersi un cerchio.
Col freddo la scelta ideologica di evitare per la prima volta nella storia dei post-terremoti qualsiasi forma di modulo removibile messa in atto da Protezione Civile e dall’Amministrazione Comunale, sta producendo il suo principale effetto: cacciare gli aquilani dalla propria città.
“Saltare la fase intermedia passando direttamente dalle tende a case vere” era stato dichiarato ad Aprile da Governo, Protezione Civile e Comune dell’Aquila. Scelta che più volte abbiamo avuto modo di denunciare come erronea e drammatica.
A più di sei mesi dal sisma i tempi di assegnazione delle c.a.s.e. non sono affatto quelli promessi ad Aprile quando ci è stato chiesto di pazientare 5 mesi nelle tende o negli alberghi della costa per avere un tetto vero a Settembre.
Di fronte a tale annuncio così allettante, dopo aver subito uno shock così grande, la popolazione aquilana si è fidata. E’ rimasta composta e disposta a fare sacrifici (come sa fare) in attesa che le promesse fatte fossero mantenute. Lo ha fatto anche se questo ha significato vivere disagi notevoli come la perdita della propria autonomia e della propria libertà.
Con la lettera di Bertolaso e Cialente di domenica scorsa abbiamo capito una volta per tutte di essere stati presi in giro.Se c’era un limite a tutto questo era quello, palesemente dichiarato, di poter decidere dove vivere e di non essere costretti ad andare dove non vogliamo andare.Essere messi nella condizione di dover, dopo sei mesi, abbandonare quella città che non vogliamo abbandonare significa essere deportati e quindi il totale fallimento della gestione del post-terremoto di Cialente e Bertolaso. E non si parli di scelta personale. Concedere un’autonoma sistemazione di 200 euro significa non dare alternative possibili a famiglie ed anziani, obbligandoli ad andar via.
Chiedevamo partecipazione e ci sembrava normale dopo un evento così grande e distruttivo. Qualcuno invece ha detto che era capace di fare tutto per noi, che sarebbe stato meglio così. Qualcuno che ha preso tutte le decisioni perché diceva di esser capace di farlo. La richiesta disperata di partecipazione non è stata nemmeno lontanamente presa in considerazione. Anzi la nostra città è stata militarizzata e i divieti per fare quello che fino al 6 Aprile facevamo da soli a casa nostra, si sono moltiplicati. E’ diminuita persino la libertà di espressione dato che grossi limiti sono stati applicati a volantinaggi e assemblee nei campi cioè i luoghi dove la popolazione aquilana era maggiormente concentrata. Ci chiediamo il perché, se il risultato ora è chiedere agli aquilani di accettare di buon grado un trasferimento per un tempo indefinito lontano dalla propria città.
Andar via significa ottenere una maggiore dispersione e mette molti aquilani nella condizione di impossibilità a partecipare e contribuire attivamente al processo di ricostruzione, attraverso il proprio lavoro, le proprie idee, le proprie critiche.Ma l’unico obiettivo di Cialente e Bertolaso sembra solo quello di costruire il c.a.s.e.Di quello che sarà dell’Aquila e di quello che è stata prima del 6 Aprile, e quindi di quello che saremo noi e siamo stati noi, non sembra importare.
Il nostro sindaco, dopo aver ripetuto per mesi la proposta delle case mobili ha abbandonato tale richiesta, una delle poche che si sono contrapposte al volere della Protezione Civile e che avrebbe permesso a un maggior numero di persone di restare sul territorio. Cosa gli è stata promesso in cambio vorremo saperlo.
Ci chiediamo perché non si è scelta la strada del confronto e del dialogo per fare in modo che decisioni che incideranno per sempre sul futuro della nostra città fossero prese in maniera realmente democratica. In molti campi i cittadini si sono organizzati consegnando, in forma di lettera, raccolte di firme per chiedere di non essere trasferiti fuori dal territorio. Richieste rimaste inascoltate. Chissà se prima di scrivere la loro di lettera Cialente e Bertolaso si sono almeno degnati di leggere ciò che gli veniva chiesto.
Nessuna lettera invece era stata inviata prima dello smembramento del campo di Piazza d’Armi, a persone che dopo mesi e mesi di tenda sono state deportate in barba a qualsiasi graduatoria di assegnazione, mentre chi si è rifiutato di andare via ancora oggi vive lì, nell’assordante indifferenza delle istituzioni.
E’ indispensabile rimanere vicino la città e partecipare alla ricostruzione reale. Molti nostri concittadini hanno già messo in pratica forme spontanee di disobbedienza civile, tornando nelle proprie case valutate B, C e E, segno drammatico della fallimentare gestione del dopo-terremoto.Alla faccia di chi ha detto che nonostante tutto gli aquilani hanno ancora fiducia nelle istituzioni.A sei mesi dal sisma, insomma, ci appare chiaro che ora quanto mai è indispensabile il mutuo soccorso tra le persone. Quanto fatto dai nostri rappresentanti finora non fa che alimentare il senso di disillusione e di impotenza dei cittadini, E’ invece fondamentale che questi assumano il ruolo di protagonisti nel processo di ricostruzione, grazie allo spirito di iniziativa, la forza e la laboriosità che non sono mai mancati agli Aquilani."

venerdì 9 ottobre 2009

Intervallo

Uso la penna per questo post. Domattina lo trascriverò sul blog. Un post a penna deve essere per forza un post che esce dal cuore. Ho una casa, stavolta per davvero. Una casa dopo sei mesi sotto il cielo, e il sole, e la pioggia. E le stelle. Il cielo e le stelle son belli, ma un tetto è sicurezza. E vita. E programmi. Seppur minimi. La casa è umile, ma dignitosa. Costa molto più di quanto vale. Ma oggi una casa a L'Aquila vale oro. Non c'è il gas, forse arriverà fra dieci giorni. E alla notte è troppo freddo per dormire in un container da cantiere. Allora ho preso tutto il coraggio che mi è rimasto e son partita. Ci vuole coraggio per partire. Quando si lascia indietro il nulla. Coraggio, se sai che a quel nulla tornerai. Il nulla nel quale vuoi provare a costruire di nuovo qualcosa. E' una scelta. Non ponderata, quasi inevitabile. Non potrei fare altrimenti. Sento e so di voler continuare il mio cammino con quelle anime gemelle che non vogliono abbandonare la nostra terra in mano ai barbari invasori. Ed ai nuovi barbari colonizzati da TV ed imbonitori. Un sogno quello di pensare di poter incidere sulle future scelte? E che sogno sia. Ho raggiunto, con mille paure, un luogo della mia anima. Un luogo che mi appartiene non meno della mia città. E qui, ora, ho ritrovato la mia identità. E un minimo di serenità. Fuori dal terremoto, Anna è la stessa. Anche se con la vita spezzata. Anche se mesta e malinconica. E allora, davanti al mare, su questo terrazzo, assumo in pieno l'impegno preso con me stessa. Provo a ricostruire. Ma a ricostruire il vero. Non scenografie di film di quart'ordine. Le cose vere si ricostruiscono partendo dalle persone. E dalle identità. E dalle vite di ognuno. Accetto la sfida che la sorte mi ha riservato. Il mare è calmo sotto il cielo umido. Mi addormento pensando che posso ancora provare ad essere felice. L'affetto di amici attenti e discreti, il canto di una sorgente conosciuta. E la risacca, sotto la finestra. Che mi culla. E l'idea che, nonostante tutto, in questa Nazione che stento a riconoscere, la giustizia è ancora uguale per tutti.
A presto.

martedì 6 ottobre 2009

Bertolaso scrive ai terremotati


Nel post di sabato vi ho raccontato del mio incontro con il funzionario di protezione civile. E delle sue parole.Oggi è arrivato il messaggio del suo capo Bertolaso agli Aquilani, in occasione della ricorrenza dei sei mesi dal 6 aprile.

"Oggi è il sei ottobre 2009. Sei mesi dal sei aprile. Sei mesi, che sono un soffio e un’eternità insieme.Un soffio, per chi prepara progetti e li mette in atto, scontrandosi con la realtà dei “tempi tecnici” necessari per fare qualsiasi cosa. Un’eternità, per chi aspetta una normalità che sembra non arrivare mai, costretto a una vita da rifugiato anche se ha scelto di vivere a pochi metri da casa, obbligato a far passare il tempo senza avere il comando dei propri giorni per decidere come viverli.Come capita sempre nella vita, a distruggere basta un attimo, per costruire serve tempo. Una città, un territorio sono come una famiglia, un’impresa, una qualsiasi altra realizzazione sociale dell’uomo. Quando l’amore non è coltivato ogni giorno, quando si lavora oggi senza pensare a domani, quando si sta insieme per motivazioni che un giorno erano chiare, ma sulle quali non si è avuto la prudenza di lavorare, qualsiasi crisi può sfasciare tutto quello che abbiamo costruito, su cui abbiamo scommesso, che abbiamo considerato un bene acquisito una volta per sempre. Le famiglie si dividono, le imprese falliscono. Comincia, inevitabile, una stagione di ripensamenti, spesso di accuse agli altri perché non ci hanno capito, non hanno riconosciuto le nostre ragioni, hanno mandato a rotoli i nostri progetti.Chi resta da solo e senza risorse, chi si ritrova dall’oggi al domani senza lavoro, chi si accorge che il racconto delle proprie esperienze di dramma, col loro strascico di paure e incubi notturni, ottiene un’attenzione sempre minore, distratta, svogliata: sono queste le sole persone che possono capire cosa sono sei mesi nella vita di chi se l’è vista distrutta.Il terremoto, la distruzione: nulla è più come prima, niente lo sarà mai più. Il terremoto parte dalla terra e arriva dentro ciascuno, dentro le famiglie, le comunità, le città, si installa come un ospite non voluto che è impossibile allontanare.Una presenza che cambia peso e intensità col passare dei giorni. I primi sono quelli del lutto, dei soccorsi, dei senzatetto da mettere al riparo. Poi ci sono quelli della solidarietà, tra chi è venuto ad aiutare e chi ha trovato rifugio, dell’accoglienza, della voglia di far festa per ogni piccolo segno di vita buona, come una scuola che riapre o la nascita di un bimbo che diventa simbolo di speranza per tutti. Poi ci sono i giorni duri del tempo che rallenta, delle televisioni che non hanno più inviati, della routine dei campi che si vive con il fastidio crescente di essere come separati, da quei teli blu, dal resto del mondo e dal proprio futuro. Adesso è il periodo del tempo che non passa, perché ogni entusiasmo si è raffreddato, e ogni attesa provoca dolore, perché, costretti dalle cose ad essere realisti, a guardare in faccia la realtà per com’è, arriviamo a non sopportarla più.Anche i fatti positivi che pure accadono intorno a noi sono condivisi con riserva, se riguardano altri e non il proprio futuro. Sono centinaia, dopo sei mesi, le famiglie che abitano case nuove e confortevoli. Sono migliaia i ragazzi che hanno ripreso la scuola spesso in strutture realizzate a tempo di record. Sono sempre meno coloro che ancora non hanno trovato una sistemazione buona almeno per l’inverno. In sei mesi l’Italia intera ha partecipato a realizzare, all’Aquila, strutture che in occasione di altri terremoti non si sono mai viste o hanno richiesto anni per essere completate. La Protezione Civile e tutte le sue componenti e strutture operative, decine e decine di imprese al lavoro, hanno trasformato L’Aquila e i Comuni del cratere in un cantiere aperto giorno e notte per dare casa e servizi a un’intera città disastrata.I primi risultati si vedono, sono concreti, sono reali, ma la realtà, che pure registra record assoluti di tempestività ed efficienza, sembra sempre in ritardo rispetto al tempo della nostra impazienza, della stanchezza che arriva alle ossa perché abbiamo bisogno di un’aria diversa per respirare, senza misurarci ogni istante col tempo che, a seconda dei casi e dei ruoli, si traveste da soffio o diventa eterno sulla nostra pelle.Scrivo queste cose, a sei mesi dalla catastrofe, perché non mi sento ma sono aquilano, non mi sento ma sono terremotato, perché vivo da quel giorno gli stati d’animo, le ansie e anche le speranze di chi vive qui, nelle condizioni che il sisma del 6 aprile ha disegnato. Chi lavora con me da sei mesi, impegnato ogni giorno per rimediare ai guasti del terremoto, vive questa contraddizione di sentire che il tempo, i giorni, sono sempre troppo pochi e troppo lunghi, troppo pochi per arrivare a tutto, troppo lunghi perché non si vede bene la fine del tunnel della precarietà nel quale nessuno, lo abbiamo giurato a noi stessi, deve restare intrappolato.Non siamo terremotati perché il sisma ci ha colpito ma perché abbiamo scelto di esserlo con gli aquilani, siamo venuti da fuori e siamo rimasti, con l’idea forse banale e semplicistica che stava a noi per primi non andarcene, restare e lavorare senza risparmio di energie per dire coi fatti ai cittadini dell’Aquila che non erano soli, che lo Stato c’era e c’è, che il terremoto non ha lasciato nessuno senza percorsi possibili verso un futuro vivibile.Sono andato via dall’Aquila solo quando la tragedia, il disastro, hanno colpito altre parti d’Italia, a Viareggio, a Messina in queste ultime ore. Viaggi da una catastrofe ad altre, da un dolore che conosco ad altre sofferenze e altre amarezze. Per questo non ho bisogno di leggere i giornali, di ascoltare dichiarazioni, di scorrere reportage, di prender parte al gioco inutile delle polemiche per sapere che il nostro compito in Abruzzo non è ancora finito, che dobbiamo mettere in conto ancora giorni e giorni passati lavorando senza badare alla fatica, spendendoci per limare un po’di tempo all’eternità di chi aspetta e far stare più cose nel soffio di ogni giorno a nostra disposizione.Chiedo al tempo, in questo giorno, di non impedirci di vedere ciò che abbiamo fatto e di gioirne, insieme a quanti per primi sono arrivati a godere dei risultati dell’enorme sforzo che ogni giorno si compie in queste terre.Chiedo al tempo che ci conceda una sua piega, per ricordare quanta strada abbiamo fatto in sei mesi, dai primi soccorsi alle esequie delle vittime, dalla visita del Papa alle decisioni del Governo per far fronte all’emergenza, dal G8 ai piani per le nuove costruzioni, dalle prime case finite a quelle che stanno sorgendo, dai giorni della mobilitazione solidale degli italiani fino all’oggi, che vede ancora migliaia di persone al lavoro, che hanno stabilito con l’Abruzzo e la sua gente un rapporto destinato a durare.Chiedo al tempo, infine, di lasciarci vedere il termine dell’attesa. Abbiamo tutti fame di pace, di cose finite, di impegni assolti. Abbiamo tutti fame di un buon futuro possibile e concreto, da usare con un po’ di libertà. Lo so e lo sento, condivido, resto qui a condividere con quanti ancora devono pazientare.Il giorno in cui daremo una casa all’ultima famiglia che l’aspetta, potremo di nuovo imparare a vivere il tempo nella sua semplicità, considerandolo nostro amico. Resto qui con voi, perché so che quel giorno è vicino e credo in coscienza di aver conquistato il diritto e l’onore di viverlo insieme a voi.
Guido Bertolaso"

La lettera altro non è, a mio avviso, che una summa di quanto vi ho riportato sino ad oggi circa il comportamento dei nostri protettori. Cosa ci dice il plenipotenziario? I tempi annunciati non verranno rispettati, si allungano a tempo indeterminato. Esistono dei cittadini che non condividono il nostro operato, ma noi benefattori , al contrario, siamo venuti qui ad immolarci instancabilmente per voi che avete avuto molto più degli altri che hanno vissuto drammi simili al vostro. Coloro che dissentono sono persone che polemizzano sterilmente, pretendendo di mettere in discussione il nostro operato che, comunque ,non si ferma e va avanti inesorabilmente. Dopo i primi tempi in cui vi abbiamo raccontato che tutto procedeva per il meglio, dove lo stare rinchiusi nelle tendopoli vi faceva sembrare isolati, non già dai nostri emissari che vi impedivano il contatto con i vostri concittadini,ma dal mero effetto ottico delle tende blu, ora occorre essere realisti e guardare in faccia quello che vi aspetta. Questa è la stagione dei ripensamenti, ma non cadete nell'errore di accusare chi ritenete non abbia capito le vostre ragioni ed abbia mandato a rotoli i vostri progetti. Non commettete lo sbaglio di non condividere senza riserva alcuna le scelte di chi ha operato, a suo insindacabile giudizio, per il vostro bene. Pensate a quelle millecinquecento persone che hanno ricevuto la casa, non pensate alle rimanenti quarantamila che non ce l'hanno. Pensate che son state riaperte le scuole, non pensate al fatto che i vostri figli devono fare duecento chilometri al giorno per raggiungerle. Insomma,affidatevi a noi. Noi decidiamo quando dovete essere allegri. E quando tristi. Prima si ballava e cantava, clown e miss tendopoli. Ora è il momento di capire che c'è poco da stare allegri. Per concludere in bellezza, si autoelegge plenipotenziario aquilano e terremotato, a pieno diritto. Come il suo capo. La chicca finale, poi, è quell'anelare ad un futuro migliore dove poter avere un po' di libertà. Solo un po', ché tutta fa male: si corre il rischio che le persone inizino a pensare
La foto riporta il disegno di un'alunna della scuola elementare Edmondo De Amicis. Mi sembra il modo migliore per ricordare i nostri morti, a sei mesi dalla tragedia.

sabato 3 ottobre 2009

Di affabilità e di scortesia

Ieri mattina ho incontrato un funzionario della protezione civile, presso la Di.COMA.C., la direzione di comando e controllo, alla scuola della Guardia di Finanza. Dopo lunga fila, ho potuto colloquiare con un giovane campano. Gentilissimo, affabile, sorridente, accondiscendente. Voce pacata, quasi ipnotizzante, mi ha spiegato che siamo un popolo fortunato, poiché abbiamo ricevuto tantissimi soldi ed abbiamo avuto a disposizione centinaia e centinaia di persone, dotate di spirito di abnegazione, che si sono immolate per la nostra causa. Mi ha spiegato che chi è contro di noi sono le amministrazioni locali ed i nostri stessi concittadini, che non si adoperano a che le cose proseguano per la giusta strada. Quella scelta dal governo. Mi ha fatto riflettere su quanto sia stata sbagliata la scelta, da me intrapresa, di provvedere a me stessa, scavalcandoli. Ora avrei un tetto sulla testa, un confortevole hotel, letto e vitto assicurati, e dovrei solo aspettare che loro finiscano di sistemare le cose per me e per noi tutti. Mi ha detto che la cosa più importante è avere fiducia in chi opera per il nostro bene. Sempre gentilissimo, mi ha dato dei moduli da riempire, asserendo che, su questioni spinose come il lavoro e il danaro dell'autonoma sistemazione che non arriva, risponde unicamante il Comune di L'Aquila. La protezione civile pensa all'unica cosa importante: le c.a.s.e. per gli Aquilani. "Vedrà signora", mi ha salutata stringendomi affettuosamente entrambe le mani," tutto andrà a posto. Abbia pazienza e ci accordi fiducia." Uscita, mi sono diretta verso l'ufficio del Comune, assistenza ai cittadini, due stand più in là. Ho incontrato, sedute dietro la stessa scrivania, due giovani impiegate, molto arroganti e mal disposte, anche volgari,che mi hanno detto che nulla possono fare per me, mi devo rivolgere alla Protezione Civile. Son tornata dal funzionario facendogli notare che le impiegate, abbastanza alterate, mi avevano rimandato da lui. Il giovane mi ha guardata, con lo stesso sorriso pieno di partecipazione e comprensione, e mi ha detto, "vede, signora, avevo ragione. Come si può essere scortesi con chi ha subito un dramma come il vostro? Queste persone sono i vostri avversari". Nulla ho detto, sarebbe stato come scontrarsi con un muro di gomma. E sarebbe stato inutile sprecare le mie energie residue. Il mio pensiero, però, è andato ai tantissimi Aquilani che hanno avuto modo, dal 6 aprile ad oggi, di colloquiare con i funzionari di protezione civile. E con quelli del Comune.Ed ho capito come molte cose possano essere accadute fino a portarci allo stato attuale, dove chi è stato oppresso arriva ad osannare l'oppressore. Ed a plaudirne l'operato scellerato e le scelte non condivise.
Raggiungendo l'automobile nel parcheggio, ho trovato sul vetro un volantino " FINAbruzzo service. Finanziamenti personalizzati ed imbattibili fino a 50.000 euro. Subito."
Questa è l'unica soluzione concreta che mi è stata posta fino ad ora. Giustapposta al momento giusto, nel luogo giusto. Dai soliti sciacalli.