sabato 29 maggio 2010

Quei venticinque chilometri

A volte mi dico che son diventata insensibile. E' dal 7 aprile che, in spregio ad ogni divieto, io guardo le mie macerie. E la distruzione della mia città. Le ho accostate pian piano, le ho abbracciate, accarezzate, me ne sono cibata. Le ho metabolizzate. Ora le guardo con l'occhio di chi è abituato a vedere il congiunto gravemente ammalato e si ostina a cercare strade per nuove cure. Non si sofferma sull'eccessiva magrezza, sullo sguardo spento, sulle membra che si abbandonano. Guarda avanti. E spera. Ma, quando accompagno le persone che arrivano qui per la prima volta, e le costringo, alcune riottose, ad infrangere le transenne dei divieti, e ad inoltrarci nei vicoli del centro che conosco come le mie tasche,vedo in loro uno sgomento che mi spaventa. Vedo in loro quella che dovrebbe essere la mia reazione. Improvvisamente smettono di parlare ed i loro occhi si velano. Vedere tanta bellezza devastata dal sisma, e poi dall'incuria dell'abbandono, è esperienza dura per gli animi sensibili. E allora leggo nei loro occhi la domanda non detta "come puoi non piangere?" Non piango perché le lacrime non vogliono uscire. Non sono io che le butto dentro. Semplicemente non escono. Ma il dolore è lancinante. Allora ho indossato la corazza. Per sopravvivere. Ha pianto il nuovo Prefetto, proprio quella signora Iurato, della quale vi ho parlato. Persino Francesco Totti è stato profondamente colpito dallo stato del centro storico. Lo ha detto ai giornalisti, mentre le autorità lo conducevano, insieme con i suoi compagni di squadra, in quel tour fra le macerie che a noi Aquilani è assolutamente inibito "E' impressionante. Non mi aspettavo fosse questa la situazione. In televisione si è visto solo un centesimo di quello che è in realtà".E lo ha detto con le mani giunte sul viso,come a pregare.
Poi Bertolaso lo ha immediatamente condotto a vedere l'acronimo c.a.s.e. Ma di quella visita non si hanno commenti.
Il tendone del presidio dell'assemblea dei cittadini di piazza Duomo è a cinquanta metri da casa mia. Se pongo, all'interno, la sedia in una certa angolazione, mentre lavoro ai tavoli, o partecipo all'assemblea, vedo la facciata. Devo, per forza di cose, armarmi di corazza. Soprattutto quando vedo le transenne che impediscono a me ed a tutti gli Aquilani di avvicinarci alle nostre pietre.E le camionette dei militari. Attente a che non ci si avvicini alla nostra vita. E poi, quando al tendone le attività son terminate, tornare all'automobile. E dirigermi verso la mia casa di ora. Quella che dista venticinque chilometri dalla mia vita di prima.

venerdì 21 maggio 2010

Il nuovo prefetto

Posto vacante, dunque, quello del Prefetto dell'Aquila. L'ex poliziotto Gabrielli è andato a raggiungere la nomina di vice capo della protezione civile. Vice di Bertolaso. Gli occorrerà qualche mese per imparare bene dal maestro cosa fare. Come agire, come comportarsi. Egli è allievo diligente, ne sono certa. Lo ha ampiemente dimostrato sul territorio aquilano. E per questo è stato premiato.Sta arrivando al suo posto una signora: Maria Rita Iurato. Maroni si è impuntato: la voglio. Nonostante lo stop che le era stato inflitto dal consiglio dei ministri. La signora, infatti, risulta presente nella famosa lista Anemone. All'appunto numero 13 dell'anno 2005. Solo il suo nome e cognome. Null'altro. Un'ombra davvero poco consistente per stigmatizzarla, prima dei dovuti accertamenti degli inquirenti. Pesante, davvero pesante, se vela un ruolo tanto delicato come quello di vigilanza sugli appalti della nostra ricostruzione. Se mai ci sarà. La signora si è occupata sino a ieri di logistica e caserme. Si occuperà dei cittadini soldato. Quelli che non si pongono domande. E obbediscono agli ordini. E ringraziano anche. Quelli con i quali le istituzioni auspicano di avere a che fare . Qui di partecipazione non ne vogliono sentir parlare. Rimandano. Ci sono cose più importanti. Intanto, le ditte che hanno iniziato lentamente a puntellare la nostra città ferita abbandonano il campo. Ci sono 33 milioni di fatture insolute, sui 62 previsti. Hanno fatto di tutto per accaparrarsi l'affidamento dei lavori. Affidamento diretto, senza gara d'appalto. A discrezione del sindaco. Ora fanno marcia indietro. E si pentono.
E ogni giorno ne arriva una nuova. A mettere a dura prova i nervi già logori di noi terremotati.
Ricordo le richieste, che mi giungevano anche su questo blog, subito dopo quella notte. Mi si chiedeva un recapito sicuro per i soldi delle donazioni. Io prendevo tempo. Dicevo di aspettare. Dicevo che sarebbe stato meglio individuare delle persone realmente bisognose, piuttosto che inviare sms o danaro alle istituzioni. Molti mi hanno anche scritto piccati. Mi accusavano di non interessarmi alla cosa. Io non ho voluto assumermi la responsabilità di fare nomi. Ebbene, oggi si scopre che la Regione Abruzzo ha deciso di erogare al comune di Chieti ,territorio non interessato dal terremoto, parte dei soldi che gli Italiani hanno inviato quale aiuto per l'emergenza. Per attività musicali, cinematografiche, sportive e, più genericamente, culturali. Quasi 11 milioni che provengono dalle vostre donazioni. Un regalo per il neo eletto sindaco berlusconiano. E per i suoi elettori, ovvio. Il presidente della regione Chiodi si è limitato a dire che le accuse sono una "castroneria". Ma non ha dato spiegazioni di sorta. Qui le spiegazioni sono superflue. Bertolaso ha aperto la strada. Lor signori si adeguano.

mercoledì 19 maggio 2010

Non è possibile

Ieri mi ha telefonato l'impiegata di una società di recupero crediti, per conto di Sky. Mi dice che risulto morosa dal mese di settembre del 2009. Mi chiede come mai. Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia casa e non vi ho più fatto ritorno. Causa terremoto. Il decoder sky giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata. Ammutolisce. Quindi si scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di dovere. Poi, premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a posto. Mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un paio di anni fa. Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio. E mi sale il groppo alla gola. Le dico che abitavo proprio lì. Lei ammutolisce di nuovo. Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi. Ed io lo faccio. Le racconto del centro militarizzato. Le racconto che non posso andare a casa mia quando voglio. Le racconto che, però, i ladri ci vanno indisturbati. Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire. Le racconto dei soldi che non ci sono, per ricostruire. E che non ci sono neanche per aiutare noi a sopravvivere. Le racconto che, dal primo luglio, torneremo a pagare le tasse ed i contributi, anche se non lavoriamo. Le racconto che pagheremo l'i.c.i. ed i mutui sulle case distrutte. E ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti. Anche per chi non ha più nulla. Che, a luglio, un terremotato con uno stipendio lordo di 2.000 euro vedrà in busta paga 734 euro di retribuzione netta. Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito tutte quelle non pagate dal 6 aprile. Che lo stato non versa ai cittadini senza casa ,che si gestiscono da soli, ben ventisettemila, neanche quel piccolo contributo di 200 euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto. Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Senza nessun controllo.Che io pago ,in un paesino di cinquecento anime, quanto Bertolaso pagava per un'appartamento in via Giulia, a Roma. La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri costruiti a prezzi di residenze di lusso. Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari senz'anima. Senza neanche un giornalaio. O un bar. Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro terra. Lontani chilometri e chilometri. Le racconto dei professionisti che sono andati via. Delle iscrizioni alle scuole superiori in netto calo. Le racconto di una città che muore. E lei mi risponde, con la voce che le trema. " Non è possibile che non si sappia niente di tutto questo. Non potete restare così. Chiamate i giornalisti televisivi. Dovete dirglielo. Chiamate la stampa. Devono scriverlo."

martedì 18 maggio 2010

L'ex ospedale di Collemaggio 2

Ecco il video di quanto vi ho raccontato nel post precedente

domenica 16 maggio 2010

L' ex ospedale di Collemaggio

Una bella giornata quella di ieri. Nonostante la pioggia ed il freddo. Quando la polizia e la celere sono arrivate, e noi avevamo già ripulito una grande stanza, persino spazzato e gettato acqua per ripararci dalla polvere, i ragazzi sono entrati con i tamburi ed abbiamo iniziato a ballare. E il rumore era tanto. A dire che la forza di volontà deve avere ragione sull'immobilismo. E sul profitto. E sull'arroganza. A dire che quegli spazi devono essere nostri. Nostri, ché non ne abbiamo più. E sorridevamo, nonostante tutto. Nonostante le intimidazioni.
Era un laboratorio di falegnameria, anni fa. All'interno dell'area dell'ospedale neuropsichiatrico di Collemaggio. Stabile classificato agibile. Devastato non dal terremoto, ma dall'incuria di chi sperpera il danaro pubblico. Costose attrezzature per disabili, scatoloni di medicinali non scaduti, macchinari per fisioterapia.Tutti ammassati. E poi banconi da falegname. E tanta sporcizia. E vetri rotti. Un migliaio di metri quadri inutilizzati. E si potrebbe renderli fruibili con poca spesa. E allora partono le idee. La creatività. Uno spazio per gli artigiani. Un laboratorio per la ricostruzione. Una biblioteca d'arte.Una bottega scuola. E tante altre ancora. Tutto a cozzare con la tenace ottusità delle amministrazioni che pensano a cartolizzare. E a speculare. Intorno un giardino all'italiana, bello, anche se abbandonato. Con i cedri del Libano.E tantissimi edifici. 150.000 metriquadri, di cui 12.000 coperti.Una piccola città nella città. Un luogo della memoria. Un luogo che tutti gli Aquilani conoscono. Proprietà della Asl. Abbandonato a se stesso.
Si esce dalle mura, nei campi che non ci sono più, e le c.a.s.e, fiore all'occhiello del presidente palazzinaro, e danaro non controllato,nelle tasche degli imprenditori forestieri, ci mostrano una città che non volevamo. Che non riconosciamo. Che offende il nostro orizzonte e i nostri cuori. Da lontano le cupole e le facciate della città antica. Lasciata a marcire. La nostra città, quella vera.

sabato 15 maggio 2010

L'Aquila non è il Friuli















Leggo su http://www.6aprile2009.it/?p=12913
Chi scrive e’ un terremotato friulano, un abitante della «piccola patria» di Pasolini che ha visto cadere interi paesi e poi in vent’anni ha visto un territorio assistito, aiutato e ricostruito pietra su pietra. Giorni in cui non esisteva nemmeno la protezione civile. Giorni in cui, nel 1976, lo stato affidava ai sindaci dei comuni crollati il 6 maggio l’incarico di decidere «come» ricostruire il proprio paese. «Draquila» racconta questo: l’impossibilita’ di decidere cosa fare della propria casa e del vivere insieme, solidale, di una comunita’ che ha vissuto tanto, tanto dolore. Un mese fa a Udine ho sentito un ingegnere sessantenne esclamare : «il periodo piu’ bello della mia vita? Quello dopo il terremoto, vivevamo tutti insieme, ci aiutavamo gli uni con gli altri. Ci volevamo bene, ci eravamo perdonati tutto». A L’Aquila forse hanno rubato anche questo.
A L'Aquila hanno lavorato bene per dividere la popolazione. Per mettere gli uni contro gli altri. Creando le fazioni. Come allo stadio. Usando l'informazione bugiarda. Favorendo alcuni, a scapito di molti. L'aggravante è che il nostro sindaco, gli assessori, i consiglieri sono incapaci di gestire la nostra condizione. E assolutamente indifferenti al principio della partecipazione dei cittadini e della sussidiarietà.
A giugno torneremo a pagare le tasse, conferendo anche gli arretrati,in un territorio economicamente disastrato. La zona franca è un grande punto interrogativo. Ci domandiamo a chi gioverà.
Intanto le carriole domani tornano in piazza e l'assemblea vedrà ancora i cittadini responsabili impegnati nella proposta di partecipazione. E nel tentativo di riappropriarsi del parco e di una struttura dell'ex ospedale psichiatrico di Collemaggio. Per farne laboratorio di idee e proposte.

mercoledì 12 maggio 2010

Il degno successore

Uno stillicidio: è da ottobre dello scorso anno che annuncia la volontà di ritirarsi. "Basta, vado via, ho compiuto la mia opera di umile servitore dello stato. L'Africa mi aspetta" E lui, il suo capo, "ma no, non andare via, L'Aquila ed il Paese intero hanno ancora tanto bisogno di te". Quindi resta. Poi, a dicembre, sembrava fatta. Di nuovo un falso allarme,non va via. Poi arrivano quelli che ridevano, quella notte, e lui resta ancora. Impavido. Inizialmente ridimensionando superbia e tracontanza, poi tornando lo sprezzante dittatore di sempre. Ora di nuovo : "il mio vice è pronto a sostituirmi, vado via a settembre, forse a luglio, non trattenetemi". Il dottor Bertolaso chiude la ditta, va in pensione. Dopo l'ultimo miracolo compiuto a L'Aquila. Poco importa che sia indagato per corruzione dalla magistratura di Perugia, poco importa che sia saltato fuori un assegno di Anenome, intestato alla consorte, poco importano gli incarichi che ha conferito al cognato per il mancato G8 della Maddalena.Poco importa Monica del Salaria Village. Viene ancora spacciato come il nostro salvatore. Colui che ha scongiurato per noi il pericolo dei container a vita. Come nei passati terremoti, quando lui non c'era. E gli Italiani imbecilli si cibano di una stoltezza tanto grande che relega noi fra gli irriconoscenti senza vergogna. Quindi il re sole va via. Per sua scelta o perché obbligato dalla magistratura, questo staremo a vederlo. Il vice, dunque. E' già bello e pronto. Da dove arriva? Dall'Aquila, ovvio. E già, è proprio il nostro prefetto Franco Gabrielli, nominato all'uopo all'indomani del terremoto. Un poliziotto che ha fatto una brillante carriera. Brillantissima e super veloce negli ultimi mesi. E' stato promosso per i meriti conquistati sul campo. Ex capo del Sisde, a L'Aquila ha mostrato il volto buono ed il fare comprensivo con chi ha chinato il capo, il braccio di ferro con chi ha cercato di autorganizzarsi. Figlio di operai, vive ancora il complesso di inferiorità nei confronti di coloro che reputa borghesi: "quel maglione arancione che indossavo a scuola, quando papà fu licenziato dalla ditta per cui lavorava, strideva con gli abiti dei fighetti di quel liceo", ama ricordare. E qui a L'Aquila ha apostrofato noi cittadini responsabili "quattro cialtroni", ed è andato avanti a suon di denunce. Ha battibeccato sui media con il giovane Lolli, ragazzo impegnato dalla prim'ora nell'attività dei comitati cittadini, apostrofandolo, appunto, "fighetto con le spalle coperte". Ha, infatti, la grande colpa di non essere figlio di operai. Stessa colpa che ho io. E tanti altri ancora. Diffido da sempre di chi, emancipatosi da uno stato che egli stesso ritiene di subordinazione, detiene il potere. Non ho mai concordato con la tesi pasoliniana del poliziotto proletario. Se metti in mano una pistola a chi cova desideri di rivalsa, lo rendi pericolosissimo. Ebbene, Franco Gabrielli sarà il nuovo capo della Protezione Civile nazionale. Ripeto: ha lavorato bene al miracolo aquilano, quello che ha fatto cose straordinarie. Merita di essere il degno successore di Bertolaso.

giovedì 6 maggio 2010

L'emergenza



Ci si abitua a tutto. Anche a non avere più nulla. Anche a vivere in una città fantasma. Dove ogni cosa,la minima, è difficoltosissima. Ci si abitua a non avere più alcun punto di riferimento. Ci si abitua all'idea di dover ricominciare, da capo, una vita nuova. Ci si abitua alle macerie. E alle case distrutte. E ad un nuovo orizzonte. Ci si abitua persino a vedere la rassegnazione passiva di coloro che hanno subito il tuo stesso dramma. E tacciono. Pensando che ciò sia meglio. O maggiormente conveniente. Ci si abitua a chi, pur nella disperazione, continua a non farsi domande. E ad accettare quello che gli viene calato dall'altro. Ci si abitua a cercare, ad ogni costo, di comprendere e giustificare le loro motivazioni. Poi, alcune cose si tenta di dimenticarle. Si tenta di non pensarci, per non impazzire di rabbia. Si tenta di guardare avanti. Ma un film ti riporta indietro di pochi mesi. Ti riporta indietro a quando qui la democrazia e i diritti fondamentali dell'essere umano sono stati calpestati. Quando sei stato solo, di fronte ad una cosa tanto più grande di te. E non sei fuggito perché sentivi che un'ingiustizia tanto grande doveva essere combattuta. E raccontata.Non ce l'hai fatta a far finta di nulla. A delegare ad altri la rivendicazione dei tuoi diritti. O a calpestarli tu stesso, guardandoli da lontano. La cosa peggiore che questo terremoto mi ha inflitto, credetemi, non è stata la perdita delle cose e della vita di prima. La cosa peggiore è stata la violenza che abbiamo subito da parte del protettore invasore. Violenza della quale la nostra terra e le nostre anime porteranno le stimmate per sempre. E per riaprirle, e farle sanguinare, basta il film di chi qui c'è stato. A vedere cosa ci hanno fatto.
Ero prevenuta verso il film di Sabina Guzzanti. Non chiedetemi perché. Non lo so. Forse pensavo ad una sorta di spettacolarizzazione del nostro dramma. Non mi fidavo. Per questa ragione non l'ho mai avvicinata durante le riprese. L'ho evitata. Ieri, invece, all'anteprima, ho visto l'intelligenza di chi il nostro dolore lo ha capito e rispettato. E illustrato. Illustrato come io stessa avrei fatto. Con qualche sorriso, una risata sommessa. E tanta verità.Nuda e cruda. Quella verità che nessuno ha visto fuori da qui.Andate a vederlo, se volete capire davvero cosa ci è accaduto, subito dopo quei trentasette secondi. E per essere preparati ad affrontare una situazione simile. Può accadere a tutti. Credetemi. E non serve un terremoto. Basta un grande evento nella vostra città. O una qualsiasi emergenza dichiarata dalla presidenza del consiglio.

mercoledì 5 maggio 2010

Ecco i cittadini che fanno fare brutta figura all'Italia


Bertolaso, il nostro eroe, il nostro salvatore, il servitore dello Stato, si inalbera. Sabina Guzzanti farà fare una figuraccia all'Italia intera, il 13 maggio a Cannes con il film "Draquila. L'Italia che trema". Stasera in anteprima nel tendone del presidio permanente dei cittadini, in piazza Duomo. Ma la Guzzanti è una sfacciata, si sa. Proprio come Roberto Saviano. Il primo va cianciando di mafia e la seconda racconta gli accadimenti dell'immediato post terremoto aquilano.Entrambi tendono spudoratamente a mostrare un'Italia diversa da quella delle foto del Colosseo (ogni riferimento è puramente casuale), dei carretti siciliani, del mandolino, della massaia con gli spaghetti nella pentola ed i fiori al balcone. E del partito dell'amore. Il dottor Bertolaso proclama di aver fatto a L'Aquila un lavoro straordinario. Straordinario, sì, poiché fuori dalle regole che un Paese democratico dovrebbe avere. Ma il re sole si autoincensa. E usa l'agettivo per lodare il suo operato: agire indisturbato, usando i media per raccontare il falso a chi è lontano e per anestetizzare i terremotati, e i favori dati e promessi per ottenere consensi. E il braccio di ferro con dissenzienti e minoranze. Il paradigma dell'Italia di oggi. Anche i nostri consiglieri comunali rimbrottavano i cittadini che la notte del 6 aprile, ad un anno dal disastro, protestavano davanti alla farsa che si consumava sulle loro teste, stanchi dei vacui proclami a favore delle telecamere. "Ci fate fare brutta figura davanti all'Italia intera", le loro parole. E già, poiché oggi raccontare la verità, e legittimamente protestare, equivale a mostrare il nostro lato peggiore.
Intanto i cittadini responsabili, son certa che Bertolaso ritenga che anche loro facciano fare brutta figura all'Italia, si interrogano sul futuro delle "Carriole" e dell'assemblea del presidio permanente. Siamo in tanti ora, ma il lavoro da portare avanti è ciclopico. E siamo tutti volontari. E stanchi. E con mille problemi personali cui pensare. E organizzarsi, senza mezzi, non è facile. Siamo, inoltre, dotati di quell'autocritica, a volte esasperata, che tanto difetta ai nostri politici. Chiediamo troppo a noi stessi. E abbiamo fretta di vedere i risultati. Penso che ciò che siamo riusciti a fare fino ad oggi sia tanto, considerate le nostre condizioni e possibilità. E non ho l'ansia di vedere aumentare i consensi. Non siamo un partito politico. E, men che meno, dobbiamo fare marketing commerciale, per cooptare chi ancora aspetta e sta a guardare. Dobbiamo portare avanti idee e progetti tesi al bene comune. E, soprattutto, pretendere dalle amministrazioni quella partecipazione che è un diritto sancito dalla legge dello Stato italiano. Partecipazione che sia controllo e programma.E proposte. Io non mi fermo. Anche se dovessi restare sola con la mia carriola. Che è un simbolo ed una realtà. E, come me, siamo in tanti.