sabato 31 gennaio 2009

Fiori che tremano

Sono ormai due settimane che L'Aquila trema, investita da scosse di terremoto. Non sono intense, oscillano fra magnitudo 2.0 e 2.5, ma si susseguono nell'arco della giornata e, soprattutto, della nottata. Molte precedute da un sinistro boato. Son brevi, finiscono quando l'urlo sta per uscire dalla bocca e lo rigettano in gola. Il cuore batte, il viso si sbianca, in poche parole: non ne posso più. Il mio sistema nervoso ne sta risentendo visibilmente. E non ho un granché da distrarmi, vista la situazione che imperversa a livello nazionale. Il desiderio di desertificazione alla sua sinistra, imposto da Veltroni per cercare di salvarsi il deretano, ha fatto trovare maggioranza ed opposizione in perfetto accordo sull'innalzamento al 4% della soglia di sbarramento per poter accedere al parlamento Europeo. Chiaro esempio di interessi privati trasformati in progetti politici. Intanto io, terremotata, sono anche orfana della sinistra. E mi irrita alquanto dover vedere in Di Pietro l'unico che ancora, per puro egocentrismo e narcisismo, faccia un minimo di opposizione. Seppur populista e sguaiata. E poi la vicenda di Cesare Battisti che dimostra chiaramente quanto l'Italia non sia riuscita ancora a saldare i conti con il suo passato e che non riesce ad ammettere che il terrorismo fu una degenerazione dello stato democratico e che, per sconfiggerlo, seppur necessariamente, si decise di mettere da parte il diritto. E basta un Cesare Battisti qualunque per far sanguinare di nuovo una piaga mai suturata.
Intanto le primule si sono affacciate sul mio terrazzo e stanno lì a dirmi che tutto torna e che la mia vita è un divenire perpetuo.

mercoledì 28 gennaio 2009

Un film politico


Ho visto l'ultimo film di Gus Van Sant, il "Milk" plurinominato per l'Oscar, con Sean Penn. E' la storia di un uomo comune che, costretto fino ai quarant'anni a nascondere la sua omossessualità, diventa il fulcro di un movimento per la rivendicazione dei diritti non solo dei gay, ma di tutte le minoranze che non hanno voce nei palazzi del potere. Harvey Milk è stato il primo gay dichiarato ad essere eletto per una carica pubblica, nello specifico quella di consigliere comunale per la città di San Francisco, dalla quale ha potuto opporsi con successo ad un emendamento che voleva che agli omosessuali venisse impedito di insegnare nelle scuole pubbliche, in quanto corruttori e manipolatori di giovani menti. Uscendo dal cinema, la sensazione che ho avuto è stata quella di non aver, di certo, visto un capolavoro. Poi, però, riflettendo, ho capito che l'intento di Van Sant forse era proprio questo: narrare con estrema umiltà, quasi sotto tono, con il tocco del narratore artigianale e del fedele documentarista, un film decisamente militante. Il regista ha voluto, insomma, indossare quegli stessi abiti buoni, della domenica, che Milk indossa per entrare nel Palazzo, dismettendo quelli colorati del contestatore. Arrivare cioè, anche attraverso l'immagine, a parlare a tutti. Il film è il ritratto quasi tangibile di un'intera generazione fuori dal comune, che ha saputo fare da ponte fra il passato ed il futuro. Ed è un film "facile", leggibile, immediato, come è giusto sia un film di propaganda. Fa rabbia, quasi male fisicamente, vedere come le posizioni contro le quali Harvey Milk lottava trent’anni fa sono spesso le stesse contro cui non solo i gay, ma le persone intelligenti di tutti gli orientamenti sono costretti ad ascoltare ancora oggi. Ancor più nel nostro paese, se si pensa ad alcune recenti e meno recenti dichiarazioni dei nostri politici. Ma né il film, né il suo protagonista si piangono mai addosso, pur consapevoli entrambi del peso della responsabilità che portano. Sono fieri ed orgogliosi e festosi e vitali. E sembrano puntarti il dito contro e dirti: tutto è possibile, ora fai qualcosa anche tu, e fallo subito. Un film che apre alla speranza. Quella della quale tutti noi abbiamo bisogno. Dovrebbe essere proiettato nelle scuole, ma questo è un altro dei miei sogni da comunista.

martedì 27 gennaio 2009

MEMORIA


5,6–6,1 milioni di ebrei
3,5–6 milioni di civili Slavi
2,5–4 milioni di prigionieri di guerra
1–1,5 milioni di dissidenti politici
200.000–800.000 tra Rom e Sinti
200.000–300.000 portatori di handicap
10.000–250.000 omosessuali
2.000 Testimoni di Geova
Son trascorsi sessantaquattro anni, ma l'odio serpeggia ancora. Si mimetizza per far credere che protegga qualcosa, magari l'ordine, la sicurezza, i valori. Solo chi dimentica, o ignora, o mistifica può continuare vergognosamente a discriminare.

domenica 25 gennaio 2009

Grrrrrrrrr...............

Oggi avrei voluto parlare di altro, lo farò, ma una priorità mi fa prudere i polpastrelli. Con mio grande rammarico, sono costretta a parlare di tette. Nulla sapevo della ragazza che imperversa nella casa de Il Grande Fratello, proprio nulla. E non me ne sarebbe potuto importare di meno, se non che, qualche mattina fa, seguendo come sempre il mio (ex)adorato Enrico Vaime su La7, vengo a scoprire che una tal signorina, che imperversa in tv, dispone di seni enormi, smisurati, ridicoli. E Vaime non le risparmia battute sarcastiche: avrebbe bisogno di un condono edilizio, non riesce a guardarsi la punta delle scarpe, e così discorrendo. Come detentrice frustrata di seno grande, incuriosita, cerco la signorina su internet e mi imbatto, dopo una serie di scritti sullo stesso tono di quello di Vaime, alcuni molto più pesanti, sulle sue foto. Sarà perchè son abituata a vederlo tutti i giorni allo specchio, comunque, trasecolo: a me 'sto seno non sembra smisurato, eccheccavolo! Ma ricordate Pamela Anderson, oppure Ela Weber o la Carmen Russo di antica memoria, come mai su di loro non si fece tutto sto parlare e sparlare? Perché continuare a giudicare una donna dalle sue forme? Ora, se ciò viene fatto da un berlusconiano del cavolo, posso capirlo, ma che venga fatto da Vaime, o anche da blogger che conosco, mi fa arrabbiare non poco. Son stata ragazzina complessata da questo ingombrante fardello e c'è voluto un bel lavoro per cercare di superare scogli che son sembrati insormontabili. Non è piacevole parlare con una persona e vedere il suo sguardo cadere immancabilmente lì, così come non è piacevole sentirsi al centro dell'attenzione. Per non parlare delle battute di spirito che ho letto in questi giorni e spesso ho sentite rivolte alla mia persona. Poi io son riuscita, come per tutte le mie debolezze, a farne un punto di forza. Ma non tutte ci riescono. Soprattutto le fanciulle. Insomma, il mio è un imperativo categorico: piantatela con le tette della signorina in questione e, se proprio non potete far a meno di parlare di lei, giudicatela per quello che dice e che fa.

venerdì 23 gennaio 2009

Ah, la provincia!

Sant'Agnese, vergine e martire, visse a Roma ai tempi delle persecuzioni di Diocleziano. La leggenda narra che, giovinetta, fosse assiduamente corteggiata da un prefetto romano, che ella rifiutò, dichiarandosi devota sposa di Dio. Il giovane s'ammalò d'amore ed il di lui padre convocò la fanciulla nell'intento di convincerla a capitolare. Al rifiuto della virtuosa,dapprima la espose al pubblico ludibrio, trascinandola nuda per le strade capitoline, ma un angelo fece in modo che i suoi capelli crescessero a dismisura, tanto da occultarne le grazie,e poi la gettò in un postribolo, dove il medesimo angelo la nascose alla vista dei visitatori. Il giovane innamorato, riavutosi, si recò nel lupanare deciso a possederla,ma l'onnipresente angelo lo colpì a morte. A quel punto, Agnese fu condotta al rogo per essere bruciata come strega, ma le fiamme la lasciarono indenne , colpendo i suoi persecutori. Infine fu decapitata. Tout court. Da allora è santa protettrice delle prostitute. Ed a L'Aquila erano proprio le monache di Sant'Agnese a raccogliere le donne di strada, chiamate in città, da sempre, "serve". E' ovvio che le signore in questione conoscessero i famosi segreti di bordello ed è altrettanto ovvio che spesso li divulgavano. Infatti, qui in città, ancora oggi si dice "sci 'na serva", sempre al femminile, anche se ci si rivolge ad un uomo, per indicare una malalingua. Il 21 gennaio, giorno della santa, a L'Aquila si festeggia in maniera assolutamente pagana la giornata della maldicenza. Città di provincia, qui l'arte viene praticata indefessamente in tutti gli ambienti. Io non la pratico, davvero, ne sono vittima, come tutti, forse anche di più,ma riesco a restarne immune, facendomela scivolare addosso. A tratti divertendomi anche ad alimentarla. E più si è conosciuti, più si viene bersagliati. E quella che era nata, qualche secolo fa, come una celebrazione popolare e popolana, nelle cantine frequentate da donne disinvolte e uomini dediti all'alcol, da più di quarant' anni è diventata celebrazione di élite.
Si son formate numerose congreghe di professionsti ed ognuno celebra la sua Sant'Agnese, sparlando di tutto e tutti, e conferendo cariche molto ambite. Inutile aggiungere che il nostro concittadino Bruno Vespa è spesso ospite d'onore in quella dei giornalisti. Ma abbiamo avuto anche Cossiga ed Andreotti, mica si scherza. Concludo elencandovi le cariche assegnate, oltre alla presidenza , la vice presidenza e la tesoreria.
La mamma de ji cazzi deji atri (colui che non può fare a meno di praticare l'arte della maldicenza)
La lavannara ( colui che sa stendere bene i panni altrui, non i suoi)
Ju capisciò ( colui che presume di sapere tutto, più degli altri)
'Occa aperta ( colui che parla senza riflettere)
Ju zellusu ( colui che deve in qualsiasi modo controbattere su qualsiasi argomento )
La lima sorda (colui che maggiormente si e' distinto nel saper tacere ,ma allo stesso tempo fa e disfa')
Ju recchie fredde ( colui che proprio non vuol sentire o fa finta di non sentirci)
Lengua zozza (colui che deve essere, in assoluto, il più temuto)
Ju mmistichinu (colui che ha l'indole del manipolatore)
Mi pare che l'elenco sia esaustivo delle varie sfaccettature che la nobile arte include.
Ah, inutile dire che si mangia la lingua di bue in umido.

giovedì 22 gennaio 2009

Le due facce dell'ottimismo


C'è ottimismo e ottimismo: quello della volontà e quello superficiale ed inconcludente, che sembra prenderti in giro. C'è quello che parla di epoca di responsabilità, di doveri da non sopportare controvoglia, ma da accogliere con gioia. Di periodo difficile da usare come spunto di cambiamento. Quello che evoca lavoro, onestà, coraggio, lealtà, corretezza, tolleranza e curiosità per il nuovo. Quello che infonde speranza. C'è poi l'altro : quello che minimizza,quello che parla di regressione come di una quisquiglia, quello che nega l'evidenza. E che sembra dirti "ma che ti frega, pensa alla salute!" Quello che fa veleggiare verso il nulla.

lunedì 19 gennaio 2009

Solo sei

E' cosa vecchia, sicuramente la conoscete, L'Espresso ne ha fatto un articolo nel numero in edicola in questi giorni. Si tratta di short stories: una sfida lanciata all'inizio dello scorso anno da Larry Smith, editore e direttore di un giornale letterario on line, lo "Smith on line magazine". Il direttore ha chiesto ai suoi lettori di scrivere storie lunghe solo sei parole. E la cosa ha avuto un bel seguito. Illustrissimo precursore di tutto ciò fu Ernest Hemingway che regalò questo gioiello "For sale: baby shoes, never worn"(Vendesi: scarpe di bambino, mai usate) e qui c'è il genio: sei parole che trasmettono tutto, senza bisogno di approfondimenti. Ieri mi son applicata a raccogliere la sfida, pensando che anche io ci sarei riuscita. Ho avuto anche delle belle idee, ma, accidenti, non ci stavano in quelle sei parole. Otto, nove, tagliando un po', sette. Ma sei non ci stavano proprio. Una storia d'amore, poi, ristretta al massimo, me ne dava addirittura undici: un'esagerazione.
Stavo desistendo, quando ho capito che solo una cosa riusciva a stare entro le sei richieste, perchè l'orrore non ha bisogno di tante parole. Ed è una storia di oggi, la fine della quale è già scritta. Eccola:

"Con furia cieca, annientarono un popolo"

Mi piacerebbe che qualcuno di voi raccogliesse questa sfida, e mi darebbe un gusto sopraffino leggere la storia breve di un famoso logorroico fra i miei carissimi lettori. Non faccio nomi, ma guardo fisso il link a latere.

mercoledì 14 gennaio 2009

Spot ateo

La foto adattata è di Pietro Pellescura, quel geniaccio, la notizia è arcinota: dopo l'Inghilterra, gli USA e la Spagna, pare che anche a Genova partiranno i bus con la pubblicità atea. "Perché credere in Dio? Sii buono per amore della bontà" recitano gli atei statunitensi."Probabilmente Dio non esiste, goditi la vita" è quello che dicono Spagnoli ed Inglesi. "La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno" dovrebbe essere la pubblicità italiana promossa dallo Uaar. La dicitura americana mi sembra la più consona, ed anche la più efficace e vera. Ma voglio parlarvi del mio sentire al riguardo. Sono e mi proclamo atea, lo son diventata, ché per cultura ed educazione,ovvio, sono cattolicissima. Ritengo sacrosanto il diritto di esprimere le proprie opinioni e anche di promuovere una pubblicità provocatoria. Il vaticano ci bersaglia senza lasciarci respiro, con messaggi chiari ed altri occulti per tenerci sotto controllo, dominarci, indirizzarci; ci fa vivere di sensi di colpa e ci giudica. Ed approfitta della buona fede. Mi piacerebbe andare in chiesa e infilarmi nelle omelie con domande ben precise, commettere ingerenza anche io. Chiedere come mai i preti pedofili non vengono cacciati ,perchè si difende tanto la vita e poi non si scomunicano i costruttori di armi, perché, pur sostenendo il comandamento di non uccidere, la chiesa mandava a morte i suoi oppositori. E via via tante altre domande. Credo che andrebbero aboliti il concordato e l'otto per mille. E sono nauseata dalla nostra democrazia da sempre ferita dalle alleanze del vaticano con i poteri forti e di destra. Ma, c'è un ma, seppur atea e convinta, l'immaginare i bus con quelle scritte mi fa tremare i polsi. Perchè penso che far vacillare la fede di chi crede in Dio, perchè qui di Dio stiamo parlando, sia sconsiderato. Attacchiamo il vaticano, ma lasciamo stare ciò che tocca gli animi e le coscienze. Ognuno elabora e vive la propria fede come crede, e non è giusto sentenziare in maniera lapidaria. Rivendico il mio diritto ad essere atea, così come rivendico quello dei credenti ad essere tali. Concludo con le parole di don Andrea Gallo, prete di strada :"Dio esiste, ma non sei tu. Ed allora rilassati e cerchiamolo fra gli ultimi" .
Perchè ognuno cerca il suo Dio dove vuole.

lunedì 12 gennaio 2009

Che fare?

Oggi vi tocca un post di quelli che, ogni volta che li incontro, dico, con molta nochalance, che palle!
Ma vi tocca e mi tocca. Si tratta di parlare di cosa è diventato questo blog. Mica facile, neanche io lo so bene. Ma questo è abbastanza normale per me, nel senso che mi è capitato spesso nella vita di innescare meccanismi che poi mi son sfuggiti di mano. Quando lo aprii, quella notte di quasi due anni fa, supportata dall'ineffabile amica Rita, lo feci senza sapere bene dove sarei andata a parare, e tanto meno di cosa avrei scritto. Lei mi diceva da tempo che avrei dovuto farlo ed io capitolai. Forse fu l'ora tarda, la palpebra calante, insomma le mie resistenze caddero e la assecondai. Fino ad allora non sapevo nulla dei blog, leggevo solo quello di Rita, all'epoca attivo, e quello di mio cugino Lello, attivo anche lui allora. I due malandrini mi passarono il testimone, volendo mollare il loro. In pratica noi si giocava, nei blog, a dire spiritosaggini più o meno intelligenti, a parlare di amenità e ci si teneva in contatto, visto che abitiamo lontani. A dire il vero, Rita la conobbi nel blog di Lello, e poi la incontrai al matrimonio del suddetto, ed era come se ci fossimo sempre conosciute. Ah, devo ricordarmi di fare un post sul matrimonio del suddetto: il più bello al quale abbia mai partecipato. Me lo ripropongo da tempo, ma non lo faccio mai. Torniamo al mio blog, ufffff , mi sarebbe piaciuto di più parlare del matrimonio di Lello e Simon. Allora, il mio blog: qui di tempo ne è passato, e di cose ne son cambiate. Pensavo di scrivere per me e per qualche malcapitato che mi conosce e lo mi seguisse perchè mi vuole bene, per solidarietà. Invece è iniziata la catena. La prima fu Artemisia, poi Marina, Donnigio, Finazio ed eravamo quattro gatti che si rincorrevano su internet. Ed era facile tenerci aggiornati, scriverci, stuzzicarci. Poi, pian piano, la catena si allungò, neanche io so come, ma voi lo sapete, è successo anche a voi. Mi sarebbe piaciuto mantenere un blog per pochi intimi, ma sono socievole, curiosa, ficcanaso ed ora eccomi qua. Siete tanti, non troppi, vi vorrei sempre più numerosi, ma mi piacerebbe anche riuscire a gestirvi, riuscire a passare da voi e tenervi sotto controllo continuo. Ma non ce la faccio e neanche la memoria mi assiste, ché mi difetta da sempre. Allora che fare? Abbandonare la scrittura per un po' e dedicarmi solo a voi? Scrivere e venire da voi solo saltuariamente? Azzerare il blog? Mbè, io non ce la faccio a lasciarvi, ché mi affeziono come un cagnolino abbandonato. E mi piace quando venite a trovarmi. E mi piace sapere di voi. Tenetemi così, per quello che sono: confusionaria, impulsiva,discontinua e lunatica. Fate voi, insomma, quello che volete di me.

domenica 11 gennaio 2009

Faber


“De Andrè, il suo tema non è organico”, mi diceva sempre, al liceo, il mio insegnante d’italiano. Allora ho cercato di essere organico da adulto, nella coerenza di una ribellione che passa anche attraverso le proprie viltà e le proprie contraddizioni. Senza le quali, ecco l’organicità, un uomo non è un uomo, ma un burocrate, o una macchina, o un cinghiale laureato in fisica”.


(Da Amico fragile. Fabrizio De Andrè si racconta a Cesare G. Romana,Milano, Sperling & Kupfer Editori, 1991)

giovedì 8 gennaio 2009

Lo sfortunato

Percepire di vivere in una Repubblica delle banane è senz'altro sconfortante,e umiliante, ma ha i suoi risvolti comici, di quelli che tirano su in momenti di tristezza. Non ho mai pensato che l'Italia, con questo governo, potesse assurgere a ruoli primari sulla scena internazionale in fatto di politica estera, men che meno di diplomazia. La situazione è quella che è, ed è tragica, ma converrete con me che l'imparegiabile ministro Frattini ce la mette tutta per tirarci su il morale. Uomo di bella presenza, elegante,quasi avvenente, volto espressivo come quello di una trota abbronzata, sorriso latente, occhio vispo, talora languido, da pesce che giace in frigo da qualche giorno, ha avuto, in questa immane di tragedia, delle intuizioni fulminanti ed ha elaborato tesi illuminanti. Prima della fine dell'anno ha sentenziato,convinto, rassicurandoci, di escludere un attacco via terra contro Hamas. Disgraziatamente, tre giorni dopo, Israele ha attaccato. Un paio di giorni fa, ha dichiarato " I morti Palestinesi sono vittime di Hamas", in barba a tutti i cretini che, come me, pensano che siano vittime delle bombe e dei carri armati israeliani. La sua disgrazia è che il capo Dott. Berlusconi è troppo impegnato a regalare Alitalia ad Air France, per poter dire anche una minima parola, seppur del tutto ininfluente, sulla tragedia della guerra. E non può neanche recarsi in Medio Oriente a dare pacche sulle spalle per favorire la pace. E' toccato quindi a lui dire qualcosa mentre era in vacanza, sugli sci. Aggiungiamo il fatto che quei diavolo di Russi attaccavano la Georgia in piena estate,mentre lui era alle Maldive, al problema di Gaza in periodo di alta stagione per gli sport invernali, mentre il poverino si riposava sulla neve, e ammettiamo che il nostro eroe è sfigato. Gli è toccato spiegare agli Italiani quanto fosse drammatica la situazione ed invocare il "cessate il fuoco", fra uno skylift e l'altro, con gli occhialoni da sole, la tutina multicolor e la cremina sul naso: uno spettacolo! Caro ministro, mi permetto di suggerirle, al contrario di Lina Sotis che la invita a portare con sé il bagaglio doppio con abiti di ordinanza, di avvisare il mondo intero circa le date delle sue vacanze: non vorrei che, alla prossima gita, qualcuno decidesse inopportunamente di promuovere un'altra guerra. In seconda istanza, invito il ministro Brunetta a tagliarle definitivamente le ferie: secondo me lei, oltre ad essere sfigato, la sfiga la porta anche. E mi auguro che non voglia avere la brillante idea di consigliare agli Israeliani missili intelligenti, approntati dal nostro La Russa, sotto la diretta sorveglianza del ministro Gasparri.

mercoledì 7 gennaio 2009

Ancora su Israele

Rispondo con un post ai commenti di Marina e Silvano al mio scritto precedente. Forse ho commesso un errore scrivendo Stato, piuttosto che Governo. Non sono tanto purista da cogliere, soprattutto in momenti di foga e rabbia, le sottili differenze fra i due. Evidentemente ho usato l'uno per intendere l'altro. Insomma, volevo riferirmi al governo che organizza lo Stato di Israele. Parlavo di apparato. Detto ciò, mi preme ribadire la mia posizione. Marina dice che non riesce a vedere un solo colpevole in questa guerra ,e che il Governo da una parte e lo pseudo-governo dall'altra tengono in ostaggio i loro popoli. Posto che i popoli sono quelli che pagano sempre sulla loro pelle le scelte dei governi, ritengo che quello israeliano sia il maggiore responsabile di ciò che sta accadendo. Israele è uno Stato occupante, uno Stato che nega i diritti umani, che ammazza i civili con armi chimiche, Stato colonialista che conquista territori,mascherando tale manovra con la motivazione della sicurezza e la scusante dell'Olocausto. Uno Stato, insomma, che, da perseguitato, diventa persecutore. La sensazione che provo, sono sicura insieme con voi, è quella di impotenza, profonda e senza via di uscita. La situazione in Palestina ha i tipici tratti del modo di agire criminale delle autorità statunitensi che da sempre, per dominare ed estrommettere gruppi considerati inferiori, li espropriano, li ghettizzano, li perseguitano e ne determinano lo sterminio. I Palestinesi sono per Israele quello che i Nativi Americani sono stati per gli Stati Uniti. L'arma più potente che le autorità israeliane usano è il vittimismo: vittimizzando gli Ebrei e mostrandoli come bersaglio di una cieca furia criminale, si autoconferiscono la licenza di uccidere, torturare, distruggere cose e persone, con la scusa di doversi difendere. Il governo israeliano si propone di eliminare ogni speranza di pace, continuando a seminare paura ed odio. Sia gli Israeliani che i Palestinesi sono ostaggio della furia distruttiva e criminale di personaggi sempre avallati dai governi americani che commettono crimini analoghi in molte altre parti del mondo, dalla Somalia, all' Iraq, l' Afghanistan, il Sudan. Le autorità israeliane sono sempre state scelte fra le più fanatiche, crudeli e spietate, pronte ad attuare azioni disumane. E sono così scelte per poter alimentare la sensazione che la pace sia impossibile, e la violenza inevitabile. E' ovvio che tutto questo vada contro i Palestinesi, ma anche contro i cittadini Israeliani. I due popoli sono in lotta: uno armato di tutto punto, l'altro sfrattato, a piedi, a tirar pietre. La disperazione genera violenza, e rivolta. Ma in occidente si riesce a criticare solamente Hamas, spacciandolo come unica causa degli attacchi di Israele. E non si parla delle responsabilità del governo di Tel Aviv che non rispetta le risoluzioni dell' ONU e non ha mai cambiato le sue posizioni di aggressione e discriminazione verso un popolo che subisce un disumano clima di apartheid. Israele ha la supremazia mediante l'uso della forza. Israele è quello che dovrebbe fermarsi. Israele è il principale responsabile di questo massacro.

venerdì 2 gennaio 2009

Massacro

Lo stato d'Israele è tornato a lordare le sue mani di sangue. E la pretesa di giustificare il violento bombardamento come lotta agli attacchi di Hamas, altro non è che il vile tentativo di rendere valido e plausibile un massacro. Israle è guerrafondaio come gli Stati Uniti che lo armano. Stesse tecniche, stesse motivazioni. La risposta del terrorismo, deplorevole sempre, altro non è che una replica violenta ed irrazionale alla spirale di abusi perpetrati verso i più deboli da ormai sessanta anni. Mi rifiuto di differenziare la violenza degli eserciti formali che massacrano ed opprimono popoli interi ,dalla violenza terroristica che semina morte e orrore, come se la prima fosse legale e la seconda condannabile. Anche un cieco può rendersi conto che la disparità fra le forze in campo è siderale. La difesa dovrebbe essere pari all'offesa, ma Israele si comporta come il bullo di quartiere il quale, ad un minimo sgarbo, replica con violenza spropositata, chiamando a raccolta i suoi sodali. Oggi è il settimo giorno dell'offensiva di uno stato che non esito a definire canaglia,perché chi uccide indiscriminatamente degli innocenti per far valere un diritto non legittimo, con lo scopo aberrante di cancellare la Palestina dalle cartine geografiche, e con essa il suo popolo, altro non fa che attuare un progetto di pulizia etnica. Questo è terrorismo di stato.