Ho poi letto la più recente “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”,che ha valore giuridico da appena un anno, e anche lì ho trovato che i sei valori cui sono intitolati i capitoli nei quali la Carta è suddivisa sono: dignità, libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia. Non si parla dell’autorità. Eppure non sono affatto ignorati i doveri. Anzi, si afferma che il godimento dei diritti previsti “fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni future”.
Il potere di per sé non è buono. Da Montesquieu in poi abbiamo imparato che deve essere diviso, controllato, soggetto alla legge.
L’autorità si conquista con l’autorevolezza. Se imposta forzatamente, è mero autoritarismo.
L’ordine senza aggettivi non è un valore. L’ordine regna anche nei cimiteri. E nei gulag.
L’obbedienza di per sé non è una virtù. Il dovere di disobbedire agli ordini ingiusti è una delle conquiste della nostra civiltà giuridica, frutto della profonda “rivoluzione dei diritti umani” che, a partire dal secondo dopoguerra, ha segnato una svolta nella comunità internazionale. Dopo gli orrori della guerra e dell’olocausto. Questo dovere di disobbedienza non ha nulla a che vedere col “nichilismo ottundente” o il “relativismo esangue”. Anzi, richiede un sovrappiù di coraggio e di responsabilità di cui si vedono oggi assai pochi esempi, e non certo per colpa del ’68.
E’ davvero azzardato sostenere che la “crisi etica” della società italiana nasca dalla “svalutazione dell’autorità”, quando sono del tutto evidenti ben altre cause. Dalla corruzione, per cui l’Italia vanta un triste primato, alla collusione fra poteri pubblici (le “autorità”, appunto) e le mafie; dall'accaparramento di vantaggi personali da parte di coloro che dovrebbero rappresentare la Nazione, od essere “al servizio esclusivo della Nazione”,ai conflitti di interesse. Sino alla trasformazione in merce e all’umiliante esibizione mediatica del corpo femminile, per dirne solo alcune. Da qui, nasce una cattiva democrazia che esprime istituzioni prevalentemente prive di minimo etico. Estranee ad ogni istanza egalitaria. Una cattiva democrazia non riscuote rispetto per le autorità semplicemente perché non lo merita.
Forse lei dimentica che la nostra storia non comincia, né finisce con il 1968, con i suoi pregi e i suoi difetti. C’è un lungo prima e un consistente dopo. Un prima di riscatto da regimi dittatoriali (e “autoritari”, appunto) e un dopo segnato da Tangentopoli.
E’ giustissimo pretendere il rispetto per chi esercita legittimamente una funzione pubblica. Dai professori ai poliziotti. Ma, appunto, “legittimamente”. Ed è purtroppo vero che molti danni hanno fatto gli egoismi di un individualismo proprietario, le chiusure e le paure di un Paese che ha perso il rispetto per se stesso e smarrito i valori delle lotte combattute per riscattarsi sia dal passato fascista, che dalla povertà e dallo sfruttamento. Fra questi il valore della solidarietà e l’importanza della conoscenza e della cultura. E’ così che cattivi genitori, aiutati dai pessimi esempi pubblici, non sanno più trasmettere ai propri figli il gusto della propria storia, della conoscenza scientifica, della bellezza dell’arte e della letteratura, il rispetto per chi lavora per loro nella scuola. Ma tutto questo non si supera invocando l’autorità, l’ordine, il potere.
Occorre un’autorità moralmente credibile. Un ordine fondato sulla giustizia. Un potere controllato e responsabile.
E’ vero che dall’assenza di regole a guadagnarci sono i forti e i furbi, mentre a perderci sono i deboli e gli onesti. Ma l’esistenza di regole che proteggano efficacemente i deboli e gli onesti si chiama diritto, si chiama giustizia. Dove regnano diritto e giustizia, dove è diffusa l’obbedienza a leggi costituzionalmente legittime, coloro che esercitano funzioni pubbliche (le “autorità”) sono rispettati e la legittima repressione contro le violazioni dell’ordine democratico non suscita rivolte condivise.
L’obiettivo da perseguire è la ricerca costante dell’attuazione dei valori di dignità, libertà, eguaglianza e solidarietà.Non quello dell’affermazione di un ordine purchessia. E di un’autorità fine a se stessa.
Non è l'autorità che fa libera una democrazia. E' la libertà che deriva dall'eguaglianza praticata. Libertà che è partecipazione alla cosa pubblica. Non già come obbedienti sudditi, ma come cittadini consapevoli.
venerdì 19 novembre 2010
L'Aquila e l'Italia rispondono
E domani L'Aquila manifesterà. E l'Italia con noi. Le nostre macerie, ancora tutte qui, saranno il simbolo delle macerie dell'Italia intera. La televisione di regime non ne parla. Quella finta di sinistra neanche. Il solito Santoro ci ha voluti, ieri, scenografia per il suo programma di intrattenimento, senza dare appuntamenti. Demolendo persino l'iniziativa della legge popolare, scritta e presentata in parlamento dai cittadini terremotati, per la nostra emergenza e per tutte le emergenze d'Italia. Il piacione Fazio, con il bellimbusto Saviano, ci hanno ignorati, troppo presi a compiacersi di se stessi. E dallo share televisivo. L'Italia che resiste, fra dolore e distruzione, l'Italia solidale, non fanno audience.Ma noi, l'Italia vera, quella che soffre e lotta, quella che non si compiace davanti alla televisione inutile,domani, saremo in piazza. Le adesioni sono tantissime: questo testimonia che la società civile c'è. E risponde. Un piccolo gruppo di cittadini dell'assemblea di piazza Duomo, riuniti in presidio, ha organizzato, con ammirevole sforzo e spirito di abnegazione, la grande manifestazione di domani. E la città ed il territorio hanno risposto. Si sono astenuti i sindaci berlusconiani: otto. E la Provincia, berlusconiana anch'essa. Non gradiscono la presenza di Vendola e Di Pietro e dei comitati di cittadini provenienti da tutta l'Italia. Quelli che, come noi, vivono un'emergenza.Ritengono che la manifestazione sia troppo connotata dalla sinistra. Come se le disgrazie, quelle naturali e quelle compiute dall'uomo, avessero colori. E partiti. Il vescovo aderisce, non potendosi astenere di fronte alla risposta massiccia della città,ma rivolge un invito agli Aquilani "migliori" a non farsi strumentalizzare. Non so a chi si rivolga con quel "migliori". Vorrà, forse, compilare l'elenco dei buoni e dei cattivi, su una lavagnetta. Alla faccia del pastore di anime. Domani ci concentreremo a Piazza d'Armi, lì dove era stata posizionata la tendopoli più grande, la più difficile. Quella che è assurta a simbolo dell'azzeramento di democrazia che abbiamo subito nella fase dell'emergenza. Quando il comando e controllo, esercitato dalla protezione civile, ci ha sopraffatti, ingabbiati. Zittiti. L'Aquila è nostra e noi abbiamo il dovere di ricostruirla. Con le amministrazioni locali che devono garantire la trasparenza e la partecipazione della popolazione. E la legalità. Il Comune aderisce e sponsorizza la manifestazione, ma non sarà esente dall'essere messo di fronte alle sue responsabilità. I cittadini sanno che le inadempienze sono e sono state troppe. E non intendono abbassare la guardia. Da dopodomani si torna a lavorare sul territorio. Io sarò al corteo con la mia carriola, insieme con le altre carriole. Il cuore, e la forza, e il coraggio al servizio della mia città.
martedì 9 novembre 2010
Di botte. E di cialtroni. All'Aquila
Lo so, lo sappiamo, che viviamo in uno stato dove la libertà di espressione viene repressa. Dove la libertà individuale esiste solo se ti uniformi al pensiero unico. Dove la maggior parte delle persone a quel pensiero si uniforma. Ma viverlo, riviverlo, constatarlo ancora una volta, sulla propria pelle, anche se hai sulle spalle tante primavere, è desolante. Eravamo pochi, un centinaio. Sotto la pioggia. Gli striscioni, i cartelli, le carriole con le macerie della nostra città, un orinatoio che evocava Duchamp e facsimili di banconote tagliuzzati, a mo' di coriandoli: queste le nostre pericolose armi. Aspettavamo l'imperatore, in seconda passerella del giorno, dopo quella veneta. Ma è vietato dimostrare. E lo abbiamo capito subito. Loro, i celerini, erano più di noi. E determinati. E i poliziotti locali, quelli che , a volte, ci hanno mostrato la faccia buona, erano scuri in volto. La consegna era quella di picchiare. E lo hanno fatto. L'imperatore si è asserragliato al sicuro, nella scuola della guardia di finanza. Ed ha fatto il suo show, tra millantati meriti del governo e la solita barzelletta. Senza rispondere a nessuna delle domande che la cittadinanza gli aveva posto. Gli imperatori non devono render conto a nessuno. Men che meno ai sudditi. E il nostro sindaco ringraziava. Ringrazia, salvo poi, quando parla con la cittadinanza, evidenziare tutte le colpe della gestione del dopo terremoto. Attribuendole sempre ad altri. Quando il principale responsabile è lui, che ha consentito agli invasori ed agli speculatori di far di noi terra di conquista. Ed ai potentati economici locali di fare esclusivamente i propri interessi.Che consente che i suoi concittadini vengano trattati come delinquenti, dopo aver garantito, non più di quattro mesi fa, in una pubblica assise,che non avrebbe mai più permesso che qualcuno sollevasse le mani sui terremotati.E la farsa mediatica si è consumata per l'ennesima volta. Non guardo la televisione, quindi non so se qualcuno ha parlato di noi. Di noi resistenti da diciannove mesi. Se il sindaco ha intenzione di sfilare con noi, il 20 novembre, sappia che stavolta troverà pane per i suoi denti. Ché le nostre rivendicazioni abbiamo da farle per primo con lui. Lui che si riempie la bocca di partecipazione e di parole di sinistra, ed è il primo responsabile della tragedia della nostra condizione. Non serve che mandi i suoi emissari all'interno dell'assemblea cittadina e che pensi, in tal modo, di manovrarla. Ora basta!
venerdì 5 novembre 2010
Non lo possiamo permettere

Bertolaso va in pensione. Lo ha annunciato con grande rammarico il satrapo nazionale. Lascia eredità pesanti. L'Aquila devastata dall'edificazione selvaggia del piano abitativo di emergenza, con decine di migliaia di persone senza casa e i debiti lasciati alle amministrazioni locali. Napoli sommersa dalla spazzatura. Il Veneto alluvionato. Le frane che travolgono il Paese. Lascia con carichi penali pendenti, ma viene a salutarci :martedì prossimo, insieme con il fauno più amato dagli Italiani, sarà all'Aquila. Fra i terremotati? Bagno di folla plaudente? Nulla di tutto ciò: saranno, blindatissimi, nella scuola della Guardia di Finanza. Con la claque assoldata all'uopo. Saranno qui a fare il punto della situazione, l'anziano satiro arrivato al capolinea e il pensionando esecutore in deroga alle leggi dello Stato italiano. Io, noi, non possiamo permettere che il presidente del consiglio venga per la seconda volta, dopo Noemi e la D'Addario, a ripulirsi la faccia sulla nostra disgrazia. Ma nulla potremo fare. Dovremo subire, ancora, la farsa mediatica. Mentre, stremati, prepariamo una manifestazione nazionale che porti alla luce lo sfascio del nostro territorio e quello dell'Italia.
Non lasciateci soli. L'emergenza è di tutti.

mercoledì 3 novembre 2010
Macerie di democrazia

L'Aquila, con le sue macerie, ferma al 6 aprile 2009.
L'Aquila senza lavoro. Con la povertà che bussa alla porta. Economia e mercato locale al collasso. Sette milioni di ore di cassa integrazione per diciassettemila dipendenti, destinati ad aumentare. L'80% delle attività commerciali ed artigianali che non ha riaperto i battenti. Famiglie nelle quali hanno perso il lavoro moglie e marito. E nessun aiuto è previsto.
La ricostruzione pesante che non inizia. Quella leggera che si muove fra mille impedimenti.
Non c'è danaro, se non virtuale. E la vita di tutti i giorni è gravata dai mille disagi di una città fantasma.
Questo terremoto non è eguale per tutti. Paradigma dell'Italia: va avanti chi sa sgomitare, chi conosce l'amico dell'amico, chi si allea con il potere. Chi paga il potere.
L'Aquila emblema dell'emergenza democratica.
Le nostre macerie, simbolo delle macerie della democrazia che vede l'inettitudine di chi dovrebbe governarci pensare unicamente alla spartizione del potere. Più o meno grande, più o meno a brandelli.
E l'emergenza ambientale: il consumo del territorio, in mano alla protezione civile ed al furbo di turno che, comunque, continua ad edificare. Con buona pace delle amministrazioni.
Un territorio devastato: dal sisma e dalla mano umana.
I centri storici, patrimonio dell'Italia intera, lasciati a marcire nel totale abbandono. Quello aquilano ancora militarizzato.
E l'informazione mendace che svia le menti di chi si ciba di televisione, senza pensare.
Questa è L'Aquila. Questa è l'Italia.
E qui vi chiediamo aiuto. Ancora aiuto, dopo l'enorme solidarietà che ci avete dimostrato nella prima emergenza della nostra disgrazia.
Chiediamo aiuto agli Italiani . A coloro che credono che sia ancora possibile riappropriarsi della propria dignità e delle proprie vite.
Il mio è un appello lucido ed accorato. Condividete e raggiungeteci.
Il 20 novembre vi chiamiamo all'Aquila.
A manifestare contro le emergenze ed i commissariamenti.
Contro le cricche e le speculazioni.
Contro la devastazione dei territori.
Contro l'inquinamento.
Per una democrazia che sia vera e fatta dai cittadini.
Per dire BASTA a questo stato di cose.
Per la rinascita democratica del nostro Paese che merita di essere risollevato dal baratro nel quale è precipitato.
Perché il Paese è uno solo e solo uniti ce la possiamo fare.
Tutti, insieme, riprendiamoci il nostro futuro.
venerdì 29 ottobre 2010
L'autorità del Presidente Chiodi

Il Presidente della regione Abruzzo, Gianni Chiodi, qualche giorno fa ha esternato su facebook in merito all'autorità (http://www.ilcapoluogo.com/site/News2/Politica/Chiodi-Contro-il-pensiero-unico-sull-autorita). Gli ho risposto.
Egregio Presidente Chiodi, vorrei reagire alla Sua intemerata in favore dell’autorità, anzi dell’Autorità, non una qualità di cui si analizzi il senso e la portata, per comprendere a chi spetti, a chi debba essere riconosciuta e perché, ma una sorta di valore assoluto. A prescindere. Ho riletto la nostra bella Costituzione repubblicana: vi ho trovato i valori della dignità, dell’eguaglianza (art.3), della libertà (art.13,14,15,16 ecc), del rispetto della persona umana (art.32), ma non ho trovato il valore dell’autorità. La parola autorità, lì, non è mai usata da sola, ma come “autorità di pubblica sicurezza” (art.13), “autorità giudiziaria” (art.21) per definire una funzione pubblica.
Distinti saluti.
Anna Pacifica Colasacco
(cittadina dell'assemblea di piazza Duomo all'Aquila)
Anna Pacifica Colasacco
(cittadina dell'assemblea di piazza Duomo all'Aquila)
mercoledì 27 ottobre 2010
Meglio tardi che mai

Una ce ne sarebbe, ma forse è una falsa buona notizia.
I cinque saggi, chiamati dalla struttura tecnica di missione che dovrebbe occuparsi di stilare un piano di ricostruzione per la città, hanno fornito una prima relazione che riguarda le azioni da compiere a breve termine. Ebbene, il sociologo, l'economista, l'urbanista, persino gli uomini di Confindustria, tutti di acclarata fama, mettono nero su bianco quanto noi cittadini attivi andiamo ripetendo da mesi e mesi. E dicono cose di buon senso (strano, vero?), le dicono dopo diciannove mesi, e son cose che parlano di progettazione partecipata, di democrazia partecipativa. Scrive il sociologo Aldo Bonomi :"la progettazione non partecipata, anche quando tecnicamente efficace, genera quasi sempre un deficit di trasparenza e, nei casi più deteriori,peraltro frequenti nella storia del nostro paese,logiche opportunistiche e l'uso distorto delle risorse. L'approccio metodologico proposto, viceversa, si fonda sull'ipotesi per la quale solo un adeguato grado di mobilitazione della società locale e il suo riconoscimento come soggetto protagonista del processo di ricostruzione può combinare efficacemente qualità tecnica ed equità di efficienza e controllo democratico". Ci voleva il grande saggio per dirlo. Dopo diciannove mesi.Non so se Berlusconi e Bertolaso leggeranno mai il documento. Dovessero farlo, penseranno che il dottor Bonomi è un disfattista comunista. Così come l'economista Paolo Leon che afferma che i centri storici sono un bene unico, per i significati simbolici che portano in sé. "Un bene che appartiene alla collettività, locale, nazionale, planetaria,aldilà dell'interesse o dell'utilità dei singoli" , conferma l'urbanista Lampugnani che parla di regole, trasparenza, controllo. Che parla di ricostruzione che si paga da sola, poiché favorisce l'imprenditorialità locale e, in seconda istanza, attrae investimenti esterni. E noi lo gridiamo, inascoltati, da mesi. Non perché siamo particolarmente saggi, ma perché è l'unica analisi che si può fare.E ci hanno sfibrati, non prendendo in considerazione proposta alcuna. Primo fra tutti il Comune, che ancora non ci garantisce neanche un luogo dove incontrarci, dove esercitare la partecipazione tanto sbandierata dai saggi . E la Regione, e su, fino a giungere al Re Sole Bertolaso , alter ego dell'altro Re Sole, che ha fatto di noi carne da macello. Quindi non è una buona notizia, ma è una cosa che ti fa solo arrabbiare, ché troppo tempo si è perso. Ché mi sento presa per i fondelli. Anche dai cinque saggi che, dopo diciannove mesi, non dicono nulla di nuovo. Solo aria fritta. Per continuare a perdere tempo. Noi vogliamo i progetti. E le idee per la nostra città. Idee che neanche i grandi consiglieri hanno ancora.
martedì 19 ottobre 2010
Non si può più aspettare
Tante le cose che vorrei raccontarvi, ma tutte riconducono ad un'unica, cruda, realtà: L'Aquila è ferma. E i problemi, col passare del tempo, si moltiplicano ed ingigantiscono. La qualità della vita è desolante. I cittadini, coraggiosi, son tornati sulla loro terra. Ma manca la città. Viviamo un non luogo dove la civitas ha lasciato il posto agli agglomerati diffusi di realtà ghettizzanti,che già mostrano evidenti segni di deterioramento, al traffico impazzito che si snoda verso il nulla, all'inefficienza dei trasporti pubblici. Alle persone disorientate e stanche che, in massima parte, hanno trovato alloggi di fortuna. Distanti gli uni dagli altri.La vita quotidiana appare una guerra. Persa in partenza. Non esistono luoghi dove incontrarsi. E' impossibile coltivare i rapporti umani. Il centro della città antica è sempre più solo. E interdetto. Piazze e vie ingombre di macerie. E ancora militari, a presidiare. Gli Aquilani sono sfiduciati. Nessuna certezza per noi. Neanche lontana. E i cittadini attivi sono dispersi. Il centro del capoluogo di regione non ha neanche più una tenda per favorire le riunioni della cittadinanza, i confronti di idee, la socializzazione. Il Comune nicchia. Alla vibrata richiesta, risponde che la tenda devono procurarsela i cittadini. Autofinanziandola. Cittadini senza più casa, né vita.
E noi ci siam persi per cercare di fornire soluzioni a chi queste soluzioni non vuole trovarle. E, soprattutto, non vuole trovarle con noi. Ad arrovellarci su leggi e piattaforme propositive. Quando le nostre dovrebbero essere solo rivendicazioni. Che nascono dal constatare i nostri bisogni. Dovremmo esercitare il diritto di rivendicare una vita decente e, soprattutto, chiarezza e trasparenza su ciò che si sta decidendo sulle nostre teste. E il diritto al lavoro, pretendendo misure immediate che rilancino l'attività economica e produttiva al collasso. Il diritto a ricostruire le nostre case. Con fondi certi. Non con la finanza creativa che promette e, nella realtà, non dà.Siamo stanchi dei continui rimpalli di competenze. Pretendiamo un progetto per la nostra città che, dopo diciannove mesi, ancora non c'è. Per darci speranza, anche a lungo termine. Ed una ragione per restare. Siamo stanchi di stare a guardare. E, soprattutto, stanchi di non essere presi in considerazione. Bisogna tornare a pretendere di riaprire la nostra città. Le soluzioni le trovi chi è pagato profumatamente, da noi, per farlo. Ci servono risposte. E concretezza. Non si può più aspettare.
domenica 17 ottobre 2010
Apro la porta

Guardo fuori ed è notte. E freddo. Qui è caldo. E questa è la mia casa. Quella che avevo "prima". E la stessa che ho ora. E che ritrovo.Questo luogo mi ha aiutata a sopravvivere. Mi ha dato una speranza. E la forza. Ha dato corpo ai miei pensieri. E alle mie ragioni. Mi ha fatto piangere. Gridare. E mi ha chetata. Mi ha fatto sentire meno sola e spaventata. Mi ha fatto raccontare, spiegare, interloquire.
Vivere.
Il blog riapre.
Ed io ricomincio a scrivere.
P.S. Mi rendo conto, dai messaggi privati che ricevo, di aver generato, con questo post, un equivoco: non sono assolutamente tornata a vivere nella mia casa che si trova in zona rossa ed è inaccessibile e versa in condizioni di gran lunga peggiori di quelle in cui era il 6 aprile dello scorso anno. La casa cui faccio cenno, l'unica che sento mia e che è la stessa da quattro anni, è questo blog.
lunedì 27 settembre 2010
......
Sono ancora lontana dall'Aquila. Tornerò a breve. Da qui, la mia città mi appare un incubo al quale, nonostante tutto, desidero tornare. La casa, quella nella quale vivo da qualche mese, mi appare estranea. Nulla mi invita a riaprirla. Né le cose che ho salvato dalla distruzione, né l'idea di un tetto per l'inverno. Sono estranea al mondo che mi circonda. Faccio finta di essere normale, ma non lo sono. Non si può più essere normali, dopo una disgrazia come quella che stiamo patendo. La sensazione è dell'instabilità totale: il sentirsi inadeguato ovunque. Meno che tra quelle montagne. Non fra quelle mura, ma su quella terra che è l'unica cosa che mi dice che i ricordi si possono ancora toccare.
lunedì 13 settembre 2010
Far chiarezza per guardare avanti

Le carriole: segno di rinascita e di consapevolezza che ha valicato i confini della città terremotata. Assurgendo a prorompente simbolo di cittadinanza consapevole e attiva. E di speranza. Per molti.
Il tendone di piazza Duomo: simbolo anch'esso. Di azione che diventa sostanza. Spazio aperto alle proposte ed al confronto di idee.
Le carriole risorte dopo il letargo imposto dagli eventi e da chi in esse ravvisa un'aggregazione troppo destabilizzante per le istituzioni; il tendone sparito fisicamente. Non inaspettatamente. Poca chiarezza c'è stata: in pochi sapevano perché il tendone fosse lì. E chi per esso pagasse. Nell'aria c'era già il sentore che sarebbe stato rimosso. Il proprietario, imprenditore aquilano e cittadino attivo, ne ventilava la rimozione da tempo. L'ha messa in atto, giustamente dal solo punto di vista dell'imprenditore, venerdì scorso. Stanco dei malcelati dissapori interni e di alcune prese di posizione dure e decise. Che chiedevano, comunque, chiarezza. I cittadini attivi son rimasti spiazzati. Ed amareggiati. E' stato come perdere la casa per la seconda volta. E l'identità faticosamente conquistata. Ma l'Assemblea cittadina non è solo un luogo fisico. E', principalmente, la forza e la determinazione delle persone che la animano. L'Assemblea non muore. Va ripensata e ristrutturata con l'obiettivo dell'efficienza e dell'incisività. I cittadini attivi son cresciuti. Di numero ed in consapevolezza. E non si fermano. Si riuniranno mercoledì 15 settembre, sotto i portici della Banca D'Italia, alle ore 18, portando le sedie da "casa". La sedia che diventa nuovo simbolo. Di determinazione. Il centro storico non può essere abbandonato. L'Assemblea non può essere abbandonata. E le nubi, alimentate dal silenzio alle domande senza risposta, seppur più volte sollecitate, vanno fugate, superando il tipico perbenismo ipocrita di provincia.
Le cose vanno dette: l'Assemblea non è luogo di intrigo politico, né trampolino di lancio per ottenere incarichi e prebende,né strumento per portare avanti progetti che seguono iter oscuri e tortuosi che non contemplano la vera partecipazione della cittadinanza.
L'auspicio è che chi si sente ingiustamente chiamato in causa, da pericolosi quanto sterili detrattori esterni e da agenti interni che invitano, seppur duramente, alla riflessione ed alla trasparenza, chiarisca definitivamente. E pubblicamente.
Le stanze chiuse lasciamole ad altri.
Il tendone di piazza Duomo: simbolo anch'esso. Di azione che diventa sostanza. Spazio aperto alle proposte ed al confronto di idee.
Le carriole risorte dopo il letargo imposto dagli eventi e da chi in esse ravvisa un'aggregazione troppo destabilizzante per le istituzioni; il tendone sparito fisicamente. Non inaspettatamente. Poca chiarezza c'è stata: in pochi sapevano perché il tendone fosse lì. E chi per esso pagasse. Nell'aria c'era già il sentore che sarebbe stato rimosso. Il proprietario, imprenditore aquilano e cittadino attivo, ne ventilava la rimozione da tempo. L'ha messa in atto, giustamente dal solo punto di vista dell'imprenditore, venerdì scorso. Stanco dei malcelati dissapori interni e di alcune prese di posizione dure e decise. Che chiedevano, comunque, chiarezza. I cittadini attivi son rimasti spiazzati. Ed amareggiati. E' stato come perdere la casa per la seconda volta. E l'identità faticosamente conquistata. Ma l'Assemblea cittadina non è solo un luogo fisico. E', principalmente, la forza e la determinazione delle persone che la animano. L'Assemblea non muore. Va ripensata e ristrutturata con l'obiettivo dell'efficienza e dell'incisività. I cittadini attivi son cresciuti. Di numero ed in consapevolezza. E non si fermano. Si riuniranno mercoledì 15 settembre, sotto i portici della Banca D'Italia, alle ore 18, portando le sedie da "casa". La sedia che diventa nuovo simbolo. Di determinazione. Il centro storico non può essere abbandonato. L'Assemblea non può essere abbandonata. E le nubi, alimentate dal silenzio alle domande senza risposta, seppur più volte sollecitate, vanno fugate, superando il tipico perbenismo ipocrita di provincia.
Le cose vanno dette: l'Assemblea non è luogo di intrigo politico, né trampolino di lancio per ottenere incarichi e prebende,né strumento per portare avanti progetti che seguono iter oscuri e tortuosi che non contemplano la vera partecipazione della cittadinanza.
L'auspicio è che chi si sente ingiustamente chiamato in causa, da pericolosi quanto sterili detrattori esterni e da agenti interni che invitano, seppur duramente, alla riflessione ed alla trasparenza, chiarisca definitivamente. E pubblicamente.
Le stanze chiuse lasciamole ad altri.
sabato 4 settembre 2010
Parto

25.852 persone se la cavano da sole.
Le rimanenti, circa 8.000, si trovano ancora negli alberghi e nelle caserme.
E la terra è tornata a tremare, ogni giorno.
Chi, come me, ha preso in affitto e vive una casa non antisismica trema.
Mi tornano alla mente le parole con le quali Bruno Vespa martellava i cittadini del presidio permanente di piazza Duomo, in collegamento differito con la sciagurata Porta a porta del 6 aprile di quest'anno: "erano meglio i container?" .E lo ripeteva a mo' di ritornello, sempre più incalzante. Sempre più ottuso.
Sì, Bruno Vespa, sarebbero stati meglio i container. Quelli di nuova generazione, quelli nei quali nel nord Europa si vive normalmente. E sarebbero stati per tutti. Costando un terzo del famigerato acronimo c.a.s.e. E la comunità non sarebbe disgregata. E oggi saremmo molto più sereni. Nell' attesa e nella speranza che le nostre case vengano ricostruite secondo le norme antisismiche.
E' di questi giorni la notizia che 1.339 alunni delle scuole dell'infanzia, delle primarie e delle secondarie di primo e secondo grado non hanno rinnovato l'iscrizione nelle scuole aquilane.
Solo un terzo delle attività commerciali, artigianali e professionali ha riaperto i battenti.
2.000 sono le attività chiuse.
Ed il centro storico è di nuovo sbarrato.Presidiato dai militari . Interdetto alla cittadinanza che, faticosamente, lo ha rivendicato. Anche se solo per un breve tratto.
I puntellamenti di case, chiese e palazzi, costosissimi, per i quali si è speso quasi come per il c.a.s.e, risultano inutili. 17 mesi sprecati. La città non è in sicurezza.
I cittadini iniziano a svendere gli immobili in centro. Ad un quinto del valore del mercato anti sisma.
In compenso i fitti delle case rimaste in piedi, o "rattoppate" , in periferia e nei paesini, sono raddoppiati. Nella migliore delle ipotesi.
Così lascio L'Aquila. E, ogni volta, il distacco è durissimo. E' come lasciare il congiunto morente. E temere di non trovarlo, al ritorno. Temere di perdere i suoi sguardi. E gli abbracci. E le parole.
Guarderò da lontano, cercando di capire meglio, anche l'opera dei cittadini responsabili. I miei compagni di lavoro. E di lotta.
A presto.
martedì 31 agosto 2010
Una figura adatta allo scopo

Bene, è in arrivo un secondo vice commissario. Vice del commissario?Vice del vice commissario? Vice facente funzioni del vice? Vice affiancatore? Non è dato saperlo. Sappiamo, però, chi è Antonio Cicchetti, aquilano di Santi di Preturo. Super manager trapiantato a Roma. Direttore amministrativo dell’università Cattolica del Sacro Cuore e componente della “Famiglia pontificia”, in qualità di gentiluomo di sua santità. All'Aquila ha molteplici interessi economici: con la " Rio Forcella spa" ha costruito e gestisce il San Donato Golf, nel suo Santi, ameno paesino di montagna a pochi chilometri dal capoluogo. Campo da golf con 18 buche, albergo con annessa beauty farm, centro congressi,foresteria di gran lusso con 90 stanze e suite,un nuovo borgo pronto in autunno. Dei giorni scorsi è l'inaugurazione di una variante, finanziata con danaro pubblico, che evita di percorrere la tortuosa strada all'interno del paese e porta direttamente al complesso turistico ricettivo. Ai piedi della variante sorgerà presto un villaggio turistico,sempre ad opera della Rio Forcella spa. I terremotati dovrebbero, ovviamente, essere grati dell'intervento: potranno raggiugere più facilmente il campo da golf e la beauty farm. E non è roba da poco.Esaltante il commento del vescovo, intervenuto all'inaugurazione: "Papa Giovanni Paolo II diceva che la montagna richiama a entità superiori e per questo mi auguro che la Forcella diventi uno stimolo per le altre realtà e rimanga "sana" per i valori, affinché preservi le relazioni autentiche fra i suoi abitanti e non". Tutti felici quindi, abitanti e non, sulla variante, che prevede anche un percorso separato per le macchinette elettriche del campo da golf. Ma Cicchetti è noto alla maggioranza degli Aquilani per essere stato il presidente della Perdonanza Celestiniana dal 2002 al 2004. La presidenza si concluse con l'arresto del direttore artistico e con condanne pecuniarie per molti, fra cui lo stesso Cicchetti. Il danno economico della mala gestione, che procurò una voragine nei conti del Comune, fu stimato pari a ben due milioni di euro. Quindi vice commissario alla ricostruzione:l'uomo giusto, al posto giusto.
Intanto continuano le scosse che interessano la zona nord della città. La protezione civile ha fatto sapere che non sono affari che riguardano loro: che ci pensino i Comuni. Rappresentanti di un popolo ingrato che non ha debitamente ringraziato per la gestione degli appalti dell'emergenza.
sabato 28 agosto 2010
Le carriole alla Perdonanza

Qualche giorno fa, in assemblea, la Signora Gabriella Liberatore ha chiesto timidamente la parola e, altrettanto timidamente, ha detto: "vorrei proporre di portare le carriole alla Perdonanza aquilana. Tutto qui, ho finito". Son rimasta spiazzata. Non avevo mai partecipato al corteo della Perdonanza, ricorrenza laica della città dell'Aquila. Giubileo del Perdono, proclamato con una bolla papale da papa Celestino V, l'eremita del monte Morone.Il papa del gran rifiuto. Bolla consegnata alla municipalità e sottratta alle indulgenze a pagamento offerte dalla Chiesa. Indulgenza per il popolo.Sentivo gli echi del corteo da casa mia, quando avevo una casa. E, da lontano, scuotevo la testa. Troppo anarchica, troppo cavallo pazzo per riconoscermi nella sfilata di autorità, gonfaloni, confraternite ed associazioni. Quest'anno sentivo che i cittadini responsabili avrebbero dovuto partecipare alla sfilata, ma non riuscivo a trovare la forma. Le carriole quindi, proposte al corteo. Le carriole fanno parte della storia della mia città, mi son detta. Le carriole hanno segnato il risveglio delle coscienze e della volontà di tanti cittadini. Hanno segnato la rinascita di un popolo tramortito dall'evento naturale e dall'oppressione di coloro che erano venuti a "salvarci". Ed allora ho realizzato che l'invito di Gabriella era sano. E giusto. L'assemblea ha votato la proposta favorevolmente, ma in molti si sono dissociati. Molti ritenevano che le carriole sarebbero state fuori luogo e, addirittura, ridicole. Sarebbero state bersaglio di vibrato dissenso. Insomma, le carriole si sarebbero bruciate da sole. Fine ingloriosa, ha detto qualcuno. Il dibattito, poi, è continuato su facebook. C'è stato chi ha ritenuto opportuno, pur avendo lavorato con le carriole, di affermare che la partecipazione era inappropriata. C'è stato chi ha sostenuto che chi sarebbe andato in corteo con le carriole lo avrebbe fatto esclusivamente per avere visibilità personale. Chi, con un briciolo di cattiveria, devo dirlo, ha addirittura sostenuto che le carriole cercavano visibilità per scopi elettorali. Alcuni si sono scatenati asserendo che le carriole sono detestate dalla maggior parte della popolazione. Che la partecipazione sarebbe stata un boomerang che si sarebbe ritorto contro tutti. Anche contro coloro che dissentivano dal riportare le carriole in pubblico. E tutto questo ha diviso l'assemblea. Allora mi son detta " ma non è che queste carriole fanno paura?" Ed ho capito che, comunque, sono un testimone forte, fortissimo. L'assemblea aveva deciso, democraticamente, che ognuno avrebbe potuto fare ciò che desiderava. E così è stato. C'è stato chi ha scelto la strada della contestazione, che io, pur accettando, non approvo,poiché non ritengo opportuno il luogo, e l'occasione. C'è stato chi, invece, come me, ha portato le carriole. Ed eravamo una cinquantina. Ordinatamente ci siamo disposti lateralmente sul corso ed abbiamo atteso la sfilata.Ero intimorita, devo dirlo, ma determinata. La paura di essere fraintesa ed addirittura contestata dai miei concittadini è svanita subito. Immediatamente ho percepito l'affetto e l'approvazione negli sguardi dei tanti che percorrevano il corso. E tanti si sono avvicinati a noi, chiedendo i cartelli che avevamo approntato con i nomi delle vie, delle piazze, dei palazzi, delle frazioni. E ci sono stati vicini. Ho taciuto, abbiamo taciuto, al passaggio delle autorità. Abbiamo applaudito i gonfaloni dei paesi, e quelli dei nostri quartieri. Abbiamo applaudito e ringraziato i vigili del fuoco che portavano le spoglie di Celestino. Poi, alla fine del corteo, tra il popolo, abbiamo iniziato a sfilare. E lì è accaduto ciò che non mi aspettavo: abbiamo percorso il lungo tratto, fino alla basilica di Collemaggio, fra gli applausi della popolazione. E gli applausi sono stati solo per noi. E gli sguardi di affetto. E di solidarietà. E noi cantavamo "L'Aquila bella me' te voglio revete' ". E si è pianto di commozione. Tutti. Mi son fermata, li ho guardati gli Aquilani che ci applaudivano ed io ho applaudito loro. "Uniti ce la faremo" ho urlato. Ho incrociato lo sguardo di una signora. Piangeva. L'ho abbracciata. Lei mi ha detto " pensetece vojatri a refalla sta città". L'ho stretta con affetto. Ed ho continuato a cantare. Piangendo anch'io. Delle giovani si sono avvicinate " siamo della Caritas, dateci una carriola". E si continuava a cantare e le persone che ci facevano ala cantavano con noi. Seguivo le mie parole sulle loro labbra. La città ci ha abbracciati. Da qui ripartono le carriole. Testimoni di forza, di speranza, di volontà e di lavoro. Non ci siamo bruciati. Chi non è venuto ha perso tempo ad elucubrare dietro una tastiera. Avrebbe potuto abbracciare con noi la nostra città.
martedì 24 agosto 2010
La democrazia è partecipazione

lunedì 16 agosto 2010
Vivere la propria città

La mia amica Giusi Pitari http://giusipitari.blogspot.com/è in vacanza lì. Sta per tornare in questi giorni. E, su facebook, scrive di Ortigia. Le faccio notare quanto io ho notato: una città ferita, ma viva. Ci fa eco l'amico Marco Morante, giovane architetto aquilano, e ci invia un link http://www.collettivo99.org/?page_id=693 al sito del suo collettivo.
E da qui nasce il mio proposito, da perseguire con tenacia. Voglio chiedere la riconversione del centro storico della nostra città. Voglio negozi, e ristoranti, e bar, e gallerie d'arte,e luoghi d'incontro. Voglio che gli Aquilani vivano la ricostruzione e ne prendano coscienza. Voglio che i bambini di oggi imparino a diventar grandi in un luogo bello, da amare e curare. Voglio che i giovani non abbandonino il centro, la città vera, per i centri commerciali anonimi ed avvilenti. La loro città, quella che hanno sempre vissuto, prima di quel 6 aprile, come luogo di incontro e divertimento. In mezzo al bello della storia. Che non va dimenticata. Voglio che gli anziani tornino fra le loro pietre, a raccontarci la loro memoria.Voglio che il turista non arrivi più qui, nel nulla. A fotografarsi vicino alle rovine. Voglio che trovi un luogo vissuto e curato. E amato.
Questo è un proposito dal quale ripartire. E trovare vigore e speranza.
venerdì 13 agosto 2010
E' faticoso
Scrivo poco, lo avrete notato.
Mi domando perché. E non so darmi risposta. O meglio, non so darmi la risposta che mi piace. Per non farmi male, non mi rispondo.
E' faticoso vivere in un luogo non tuo. In un luogo che non hai potuto scegliere.
E' faticoso vivere in un paesino, quando sei abituato ad una città.
E' faticoso vivere la tua città che è diventata un non luogo. Ma tu vuoi viverla a tutti i costi.
E' faticoso vedere le persone spaesate, sgomente, tristi e rassegnate. Incerte del domani.
E' faticoso constatare che chi lotta con te viene strumentalizzato dai soliti meccanismi dell'Italia del berlusconismo. Anche quello di sinistra.
E' faticoso vedere i personalismi esasperati che bruciano la spontaneità della partecipazione.
E' faticoso stare insieme a chi non è propenso all'ascolto. A chi si parla addosso e pretende di indicarti la strada giusta. Invece di cercarla insieme con te.
E' faticoso prendere atto che gli sforzi della cittadinanza attiva a nulla valgono. Chi deve decidere, amministrazione comunale in testa, pur riconoscendo, solo a parole, i meriti dell'assemblea cittadina, ti passa sopra come un treno. Decide. Nelle stanze chiuse. Con i soliti noti. In barba alla partecipazione dei cittadini ed alla trasparenza delle amministrazioni. Sbandierate come valori propri, ma lontane anni luce dalla politicuccia di quart'ordine che neanche un terremoto è riuscito a smuovere.
E' faticoso riconoscere che, se mostri dissenso, sei sotto schiaffo. Anche di alcuni che si dicono tuoi compagni di cammino.
E' faticoso esercitare la democrazia in questo scorcio di estate.
E' faticoso decidere di restare a lottare. Di non chiudersi nel proprio guscio. A stare a guardare.
Vai avanti, ché hai le spalle forti.
Buon Ferragosto a tutti.
Che la mezza estate vi porti serenità e voglia di partecipare.
Anche se è faticoso.
Mi domando perché. E non so darmi risposta. O meglio, non so darmi la risposta che mi piace. Per non farmi male, non mi rispondo.
E' faticoso vivere in un luogo non tuo. In un luogo che non hai potuto scegliere.
E' faticoso vivere in un paesino, quando sei abituato ad una città.
E' faticoso vivere la tua città che è diventata un non luogo. Ma tu vuoi viverla a tutti i costi.
E' faticoso vedere le persone spaesate, sgomente, tristi e rassegnate. Incerte del domani.
E' faticoso constatare che chi lotta con te viene strumentalizzato dai soliti meccanismi dell'Italia del berlusconismo. Anche quello di sinistra.
E' faticoso vedere i personalismi esasperati che bruciano la spontaneità della partecipazione.
E' faticoso stare insieme a chi non è propenso all'ascolto. A chi si parla addosso e pretende di indicarti la strada giusta. Invece di cercarla insieme con te.
E' faticoso prendere atto che gli sforzi della cittadinanza attiva a nulla valgono. Chi deve decidere, amministrazione comunale in testa, pur riconoscendo, solo a parole, i meriti dell'assemblea cittadina, ti passa sopra come un treno. Decide. Nelle stanze chiuse. Con i soliti noti. In barba alla partecipazione dei cittadini ed alla trasparenza delle amministrazioni. Sbandierate come valori propri, ma lontane anni luce dalla politicuccia di quart'ordine che neanche un terremoto è riuscito a smuovere.
E' faticoso riconoscere che, se mostri dissenso, sei sotto schiaffo. Anche di alcuni che si dicono tuoi compagni di cammino.
E' faticoso esercitare la democrazia in questo scorcio di estate.
E' faticoso decidere di restare a lottare. Di non chiudersi nel proprio guscio. A stare a guardare.
Vai avanti, ché hai le spalle forti.
Buon Ferragosto a tutti.
Che la mezza estate vi porti serenità e voglia di partecipare.
Anche se è faticoso.
venerdì 6 agosto 2010
Sedici mesi

Lo scorso anno, in agosto, ero a Roma. Per la prima volta, dopo quattro mesi,e per qualche settimana, in una casa. Ancora sconvolta. Grata alla sorte solo di essere viva. Ma confusa. Con il cuore spezzato e la paura che covava dentro.
Oggi sono ancora fra questi monti. Tenacemente attaccata a questi monti. A dirmi, come prima, che l'estate qui è bella. Anche senza la mia casa. Anche senza la mia vita di prima. Mi sento sola, a volte. E triste, sempre. Anche se rido e sorrido alla vita. Che c'è. E va vissuta. La memoria resta con i ricordi. Vivissimi. La speranza va e viene. La forza di andare avanti, e lottare, giunge dalla consapevolezza che altro non si può fare.
Tra qualche giorno le stelle cadenti. Quelle dei desideri di bambina.
venerdì 30 luglio 2010
Si continua a lavorare
Il buono di un'assemblea cittadina è ,ovvio, il confronto di tante anime diverse. E' il parlare, l'analizzare, il valutare. E' l'addivenire a conclusioni ed azioni partecipate e condivise. C'ero caduta, io, anima ribelle, nel tranello che ci è stato teso. Ero pronta alle barricate. La rabbia accumulata in tanti mesi di sofferenze naturali ed imposte mi faceva perdere di vista il nocciolo della situazione. La protezione civile è autorizzata ad intervenire anche in emergenze di tipo sociale. E la reazione violenta che avrebbero potuto scatenare le dichiarazioni del presidente del consiglio avrebbe creato terreno fertile per un intervento di questo tipo. Nonché un'ulteriore divisione fra la cittadinanza. Il nostro lavoro non ha colore politico. E' il lavoro dei cittadini per la città.Nell'assemblea straordinaria convocata ieri pomeriggio, si è deciso di continuare il lavoro intrapreso da mesi. Quello della democrazia partecipata che nasce dai bisogni dei cittadini. Una lettera aperta al Presidente Napolitano chiarirà la nostra posizione di rifiuto netto di una nuova occupazione del nostro territorio. E dell'annientamento delle istituzioni locali, democraticamente elette dalla popolazione. E si va avanti con il nostro lavoro, grazie al quale, dopo dieci mesi di azzeramento della democrazia, si è iniziato a vedere uno spiraglio di libertà. E la vera rinascita.Si inizierà a stilare la legge speciale per la città dell'Aquila, quale iniziativa popolare che dovrà raccogliere cinquantamila firme su tutto il territorio nazionale. E si monitora il percorso della bozza del regolamento della partecipazione, stilata dall'assemblea,affinché venga discussa ed approvata dal Consiglio comunale in tempi ristrettissimi. E si elabora un piano di ricostruzione. E la nostra idea di città.
Le mosse di Berlusconi Bertolaso, se ci saranno, non ci troveranno impreparati.
Le mosse di Berlusconi Bertolaso, se ci saranno, non ci troveranno impreparati.
giovedì 29 luglio 2010
Non passeranno
Il terreno, la cricca, lo ha preparato sapientemente. Va via alla fine di gennaio, dopo aver sperperato ed intascato il danaro pubblico nella fase della prima emergenza. Senza regole. Senza leggi. E senza aver risolto i nostri problemi. Lasciandoli qui, a gravare tutti sulle nostre spalle. Pura operazione di immagine e di propaganda di governo.Va via lasciando 220 milioni di debiti: alberghi da pagare ed autonome sistemazioni, per coloro che si sono arrangiati da soli. Ed inizia il balletto: i soldi ci sono a giorni alterni. Un giorno si dice che ci sono, il giorno dopo si smentisce. Di fatto non ci sono. E le amministrazioni non possono muoversi. Il malcontento cresce per via dell'immobilismo dovuto alla mancanza di fondi. Intanto la cittadinanza attiva inizia a farsi sentire fuori dalle nostre mura, varcando i limiti imposti dalla gestione militare ed autoritaria della protezione civile. L'Italia comincia a capire lo scempio e la menzogna perpetrati sulla nostra terra. Gli Aquilani iniziano a rialzare il capo. Iniziano a respirare. Ed a chiedere chiarezza.
Ma poi, il coup de theatre: il presidente del consiglio ieri annuncia che tornerà a salvarci, con la protezione civile. E butta lì cifre bugiarde e truccate come lui. Parla di 13 miliardi di euro disponibili subito. Quando nessuna legge e nessun decreto li ha mai stanziati. Ma gli ingenui creduloni grideranno al miracolo. Anche qui in città, ne sono certa. Mentre la banda distruggerà il futuro dei loro figli. Gettando le basi per la più grande speculazione immobiliare della storia d'Italia. E Bertolaso, l'indagato Bertolaso, aveva aperto la strada qualche giorno fa:"quando c’è un ostacolo che non si sa come risolvere, ci si inventa delle regole, che dovrebbero risolvere, ma purtroppo non è così". Regole, cioè, leggi. Che non piacciono all'amico di Anemone. E' abituato a non usarle.Parla di interventi concreti fatti dalle persone. Il resto non conta. Le leggi dello stato italiano sono per lui e la sua cricca solo un intralcio.
Ma ora qualcosa è cambiata: i cittadini responsabili sono cresciuti e si sono uniti. E si sono organizzati.
Ci opporremo con tutte le nostre forze. E L'Italia per bene deve stare con noi. Anche se è estate. Anche se si va in vacanza.
Ci opporremo con tutti i mezzi. Primo quello della legalità. E contro le menzogne di un uomo, e della sua banda, che qui NON PASSERANNO. La lotta sarà ancora più dura e difficile, ché i mezzi di persuasione occulta, atti a mistificare la realtà, ed a trarre beneficio in termini di consensi e di clientela, sono macchine da guerra. E i metodi forti, quelli che usano cordoni di polizia e manganelli,li conosciamo fin troppo bene. Ma noi siamo pronti a tutto. Rivolta, se necessario.E barricate.
Ma poi, il coup de theatre: il presidente del consiglio ieri annuncia che tornerà a salvarci, con la protezione civile. E butta lì cifre bugiarde e truccate come lui. Parla di 13 miliardi di euro disponibili subito. Quando nessuna legge e nessun decreto li ha mai stanziati. Ma gli ingenui creduloni grideranno al miracolo. Anche qui in città, ne sono certa. Mentre la banda distruggerà il futuro dei loro figli. Gettando le basi per la più grande speculazione immobiliare della storia d'Italia. E Bertolaso, l'indagato Bertolaso, aveva aperto la strada qualche giorno fa:"quando c’è un ostacolo che non si sa come risolvere, ci si inventa delle regole, che dovrebbero risolvere, ma purtroppo non è così". Regole, cioè, leggi. Che non piacciono all'amico di Anemone. E' abituato a non usarle.Parla di interventi concreti fatti dalle persone. Il resto non conta. Le leggi dello stato italiano sono per lui e la sua cricca solo un intralcio.
Ma ora qualcosa è cambiata: i cittadini responsabili sono cresciuti e si sono uniti. E si sono organizzati.
Ci opporremo con tutte le nostre forze. E L'Italia per bene deve stare con noi. Anche se è estate. Anche se si va in vacanza.
Ci opporremo con tutti i mezzi. Primo quello della legalità. E contro le menzogne di un uomo, e della sua banda, che qui NON PASSERANNO. La lotta sarà ancora più dura e difficile, ché i mezzi di persuasione occulta, atti a mistificare la realtà, ed a trarre beneficio in termini di consensi e di clientela, sono macchine da guerra. E i metodi forti, quelli che usano cordoni di polizia e manganelli,li conosciamo fin troppo bene. Ma noi siamo pronti a tutto. Rivolta, se necessario.E barricate.
mercoledì 28 luglio 2010
Il PD, questo sconosciuto

Sì, chiedevo aiuto. Sentivo che soli non ce l'avremmo fatta. E, invece, ce l'abbiamo fatta. Con sacrificio e tanta costanza.
Ieri pomeriggio, sedici mesi dopo il terremoto, sono giunti a L'Aquila quattro autobus bianchi. Recavano centoquaranta deputati del PD, la stragrande maggioranza dei quali erano all'Aquila per la prima volta dopo la tragedia. Tutti per la prima volta in veste ufficiale. Potete bene immaginare il mio stato d'animo. Ero arrabbiata. Arrabbiatissima. Anche se cercavo di celare il sentimento dietro il sorriso e l'indifferenza. Il timore che l'Assemblea cittadina possa divenire strumento nelle mani di chi arriva dopo così lungo tempo a cavalcare una visibilità che ci siamo guadagnati sul campo, con sacrifici inenarrabili e anche tanto dolore, era tangibile all'interno del presidio di piazza Duomo. I tavoli allestiti , con quattro microfoni,di fronte alle sedie che avrebbero dovuto ospitare la platea, facevano pensare che i deputati avrebbero tenuto una sorta di comizio di fronte agli Aquilani, dopo il tour fra le macerie della zona rossa. Noi ad ascoltare il loro verbo. E credo che questo fosse il programma stabilito. Ma quando il nostro Ettore Di Cesare ha preso in mano il microfono ed ha annunciato che avrebbe condotto lui l'assemblea, in quel luogo che è sede della nostra assemblea permanente, mi sono chetata. Ed ho capito che le cose avrebbero preso una piega diversa.
E i deputati, con Bersani e Franceschini in prima linea, altro non hanno potuto fare che star lì, ad ascoltare. Vari cittadini si sono succeduti al microfono. Ognuno con la sua storia. Ed è emersa la bocciatura che tutti hanno conferito ad un partito che era e dovrebbe essere del popolo e che, invece, dal popolo si tiene ben lontano. Pesavano come macigni le parole che erano di accusa per l'assenza dal luogo della tragedia, nel momento in cui avevamo maggiormente bisogno, e di duro rimprovero per le assenze e le astensioni alla votazione del Decreto Abruzzo, nonché al momento di dover sostenere la tassa di scopo per il nostro terremoto. I deputati presenti ieri erano, invece, assenti in Parlamentoo,quando si votò l'emendamento. Assenti in 54. E la bocciatura fu per una manciata di voti. I deputati hanno ascoltato, senza chiedere di parlare. Hanno dovuto incassare il colpo. Nulla c'era da controbattere. Gli Aquilani sono usciti vittoriosi dal confronto. Vittoriosi per coerenza e dignità. Una trasferta positiva, ha commentato Furio Colombo. Positiva senz'altro per loro, ché da noi hanno soltanto da imparare. Quindi si è passati, con la parola a Bersani, all'assunzione degli impegni: si faranno promotori di una legge speciale per L'Aquila e quella legge sarà scritta da noi Aquilani , sotto quel tendone, per l'iniziativa popolare che abbiamo deciso di intraprendere. Hanno assunto l'impegno di aiutarci a raccogliere le firme in tutta l' Italia. Resto scettica, amici miei. Ma un'immagine di speranza voglio lasciarvela. Eravamo in tantissimi. Il tendone era diventato improvvisamente piccolo. Piccolissimo.E quando è iniziato a piovere, a diluviare, le sedie predisposte all'interno hanno iniziato, all'unisono, a spostarsi in avanti, sempre più avanti. Sempre più le une vicine alle altre, sempre più a ridosso del tavolo con i microfoni. Per cercare di dare spazio a coloro che, numerosi, erano all'esterno.Erano gli Aquilani che si stringevano per fare posto agli altri Aquilani. E' stato un momento intenso e commovente. E simbolico. Insieme possiamo farcela. Proveranno a dividerci. Già lo stanno facendo. Dobbiamo resistere anche a questo.
Questo il link della registrazione dell'assemblea di ieri
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